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Ero in camera da letto di Jeff, sdraiata sul suo letto con solo l’intimo addosso. Lui era sopra di me a torso nudo, con ancora i jeans addosso e mi baciava. Sentivo le sue labbra carnose muoversi con le mie in una danza erotica e il suo sapore dolce, in contrasto con il profumo forte e deciso; potevo toccarlo, accarezzarlo e respirare il suo odore. Sentivo le sue mani che mi accarezzavano piano dalla schiena, ai fianchi, alle anche per poi fermarsi a palpare dolcemente le mie natiche e percorrere con un dito la linea dell’elastico del mio slip tirandolo piano verso il basso, lasciando scoperta la parte più intima di me, i miei gemiti, il suo respiro ansimante, le sue mani, i suoi baci…

DRIIIIIIIIIIIIIIIN DRIIIIIIIIIIIIIIIN

Sobbalzai. Mi svegliai nel mio letto, con il cuore a mille, il respiro pesante e gli occhi sgranati. Era solo un sogno, merda! Diedi un colpo sul cuscino per poi girarmi e spegnere la sveglia, che faceva un rumore infernale. La testa mi scoppiava, dovevo assolutamente prendere un’aspirina… magari due, quindi mi diressi in cucina e presi un bicchiere d’acqua nel quale sciogliere le pastiglie e mandare giù tutto d’un fiato. Come era possibile che nonostante tutto Jeff riuscisse ancora a suscitare in me quelle voglie, addirittura il desiderio di plasmare il mio sogno erotico, dopo che mi aveva… un momento… che diavolo era successo ieri sera?? Ebbi dei flashback di Jeff che mi prende per mano, portandomi fuori dal locale, lui che mi cinge la vita, noi due in macchina e poi… il vuoto più totale… non avevo la minima idea di cosa fosse successo quella notte e in tutta onestà mi spaventava sapere che Jeff fosse l’unico a conoscere la verità perché, per quanto mi riguardava, potevo anche avergli raccontato di quanto ho pianto quella volta che, senza sapere che i pesci rossi non sopravvivono nell’acqua calda, mi feci il bagnetto con il mio pesciolino Ugo, che dopo qualche minuto galleggiava a pancia all’aria sul pelo dell’acqua… rabbrividii all’idea e giurai a me stessa mai più alcol e spinelli! Mi aggiravo per la stanza raccogliendo i residui bellici della serata, continuandomi a chiedere cosa diavolo ci facesse lui li e soprattutto come mi trovavo nel mio letto stamattina? Raccolsi il mio vestito e vidi cadere un bigliettino che raccolsi incuriosita; era un biglietto da visita della Spancer s.r.l. e riportava l’indirizzo della struttura, che notai essere a Londra come casa sua… allora perché diavolo aveva preso una stanza al Regency? e il numero di telefono personale di Jeff Spancer. Come ci è finito li? I ricordi erano troppo pochi e sconnessi… forse dovrei chiamare Jeff, infondo ci sarà un motivo per il quale mi ha lasciato quel bigliettino, forse vuole davvero che lo chiami… dopotutto, ho il turno pomeridiano oggi e nessun impegno…

<<Jeff Spancer>> rispose al secondo squillo <<c-ciao sono Julieta>> mi tremava la voce e lui esitò per un attimo <<ma buongiorno! Come va il delirio post-sbronza? Ti sei ripresa?>> mi prendeva in giro? <<si>> gracchio <<si, grazie sto molto meglio>> così andava meglio <<senti, so che probabilmente non è il momento migliore, specialmente visto come sono andate le cose tra di noi, ma ho davvero bisogno di farti delle domande>> ecco, mi ero tolta il peso! <<si? E di che cosa vorresti mai parlare? >> notai appena una punta di sarcasmo <<Jeff, potrei aver fatto qualunque stronzata stanotte e se non posso cambiare questo, vorrei almeno sapere>> cercai di convincerlo <<ah, non credo che tu voglia davvero sapere quello che è successo stanotte!>> ha un finto tono di compassione <<non sto scherzando>> dissi seria. Lui fece un lungo sospiro <<che ne dici se passo da te per le dieci?>> il cuore mi balzò in gola, il secondo appuntamento in tre giorni! non male Julieta! <<va bene, ci vediamo stasera>> riattaccando sentii come se dentro di me stesse nascendo una grande pianta di rose che schiudendosi avevano fatto fiorire anche me e il mio solito sorriso imbecille apparve inesorabile, da un orecchio all’altro.

Erano le 21:00 quando finii il turno e mi precipitai in bagno per dare una sistemata a trucco e parrucco e sistemarmi la gonna, di certo l’outfit lavorativo non era il massimo, ma era comunque molto elegante. Uscendo incontrai Jenny, che stava attaccando col turno notturno e la aggiornai. <<Julieta… ti eri ripromessa di lasciarlo stare! Ti farà solo soffrire, non credere di uscirne illesa! Non è il tuo tipo, non puoi pensare di stare con… con uno come lui>> la sua voce era compassionevole <<no, Jenny, voglio solo sapere cosa è successo ieri sera, ricollegare i ricordi e nient’altro…>> mi guardava con aria triste <<maledizione! Non avresti dovuto incontrarlo ieri sera! E non prendermi in giro, sai meglio di me quali sono i tuoi intenti… quantomeno i tuoi desideri…>> e lei cosa diavolo ne sapeva?? Non capivo proprio il senso di quella predica, specialmente da parte sua che come filosofia aveva “una botta e via!” <<barbie, ti stai troppo preoccupando. Andrà alla grande, vedrai>> la abbracciai <<scusami tesoro, è che di tipi come lui ne conosco dozzine e… sono uno peggio dell’altro. Credimi e per te… bè voglio solo il meglio e lo sai. Ti voglio bene, in bocca al lupo>> mi strinse più forte. Quanto le volevo bene, quanto era importante per me! La salutai con un bacio e andai a cercare Alex, che era in cucina a parlare con Owen e appena mi vide mi venne incontro.

<<ciao July, qual buon vento?>> mi diede un bacio <<Ciao Alex. Niente è solo che… ti ho lasciato un messaggio, non so se l’hai sentito>> chiesi mentre ci allontanavamo <<si, devi scusarmi, questi due giorni sono stati un inferno, con le ferie che si avvicinano e il tutto esaurito dell’albergo… è successo qualcosa?>> mi guardava serio <<hem, no, cioè volevo solo ringraziarti… per l’altra sera. Sei stato molto gentile e non ho avuto modo di dirtelo. Ho apprezzato molto la tua disponibilità. Grazie>> lo abbracciai e sentii il suo cuore battere forte <<lo sai, per te ci sono sempre. Puoi contare su di me per qualsiasi cosa. Sempre>> mi teneva stretta affondando il naso nei miei capelli <<lo so. Non so come farei senza di te>> ci staccammo <<ora vado, ci sentiamo domani>> gli diedi un bacio e feci per andarmene <<July, dove stai andando?>> merda! E ora che mi inventavo?? Che il ragazzo per il quale piangevo due giorni fa sta per venire a prendermi, che sono più cotta di prima e ho le farfalle nello stomaco come una ragazzina?? <<sto uscendo, ti spiego tutto dopo>> risposi vaga salutandolo con la mano; lui mi guardò aggrottando la fronte e tornò ai suoi affari.

Alle 22 precise un’Audi nera si fermò davanti all’ingresso dell’hotel. Respirai a pieni polmoni, cercando di far riprendere il mio corpo che sembrava di ricotta; avevo la bocca secca e nemmeno un filo di saliva. Mi mancava l’aria. <<ciao>> salutai Jeff entrando in macchina, lui mi fece l’occhiolino e partimmo <<dove siamo diretti?>> chiesi muovendo il piede in un tic nervoso <<pensavo avessi capito che con me è ogni volta una sorpresa>> si girò a guardarmi e mi rivolse uno dei suoi magnifici sorrisi mozzafiato; ma come faceva a comportarsi con tanta disinvoltura? Come riusciva a far finta che non fosse successo niente? Mi spaventava e mi faceva invidia nel contempo.

Dopo circa un quarto d’ora parcheggiammo la macchina e scendemmo. Il Tamigi. Ci trovavamo sulla riva del Padre di Londra, le luci della città erano in gran parte spente e dalla penombra emergeva il Big Ben, che rifletteva nell’acqua il suo profilo accanto a quello del Londn Eye e del Millennium Bridge, in un insieme pittoresco e incantevole come sempre. <<benvenuta nel Thames Mile>> mi disse Jeff raggiungendomi zzche dici? È all’altezza delle aspettative?>> mi guardava con un mezzo sorriso <<si. È perfetto>> risposi guardando quell’incantevole panorama <<allora, così hai dei dubbi riguardo a ieri sera?>> ecco, c’eravamo <<ricapitolando non ho idea di come sia arrivata nel mio letto, di come abbia fatto a trovare un tuo bigliettino da visita tra la lingerie, ne di tutto quello che è successo dal momento in cui sono entrata in macchina fino a quando mi sono svegliata>> cavoli, erano tante cose. Jeff si fermò a pensare <<allora… diciamo che quando siamo saliti in macchina continuavi a delirare su quanto io sia uno stronzo, del fatto che sono sparito etc. etc. per poi insinuare che di me non hai bisogno, che quella sera te l’eri spassata e che l’erba fa male>> volevo sprofondare <<e… il bigliettino?>> azzardai a chiedere <<io non ho fatto niente, te lo sei preso tu! Hai notato nella parte interna dello sportello dei bigliettini da visita e te ne sei messo uno nel reggiseno, dicendo che così finalmente avevi il mio numero di telefono>> camminavo cercando di ricordare, di sforzarmi <<Jeff… mi dispiace.>> mi scusai <<ma no, eri carina… e divertente>> disse sorridendo <<e tu che diavolo ci facevi nel locale?>> chiesi cercando di focalizzare <<molto probabilmente quello che facevi tu. Ero li con un gruppo di amici finchè non ho visto una prorompente ragazza dimenarsi su un divanetto in balia di un arrapato; capendo che si trattava di te… ho fatto quello che era più ovvio fare>> mi coprii il viso con le mani <<quindi mi stai dicendo che dopo essere usciti dal locale mi hai accompagnata a casa, cioè fin sopra casa mia?>> ti prego dimmi di si <<ah, io non ho mai detto questo>> alzò le mani e lo guardai con gli occhi sgranati <<ma certo, cosa avrei dovuto fare?? Non ricorro a certi mezzi, Julieta>> disse ridendo. Grazie al cielo! <<se hai finito l’interrogatorio, ora toccherebbe a me>> jeff mi prese per un braccio, guardandomi con un’espressione seria, cupa.

E fu amore.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora