Capitolo VI - Peculiari

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Pondhouse
Sinkhole Island
Gale World

Si ritrovarono in una sorta di angusto deposito buio e puzzolente, leggermente più basso rispetto al livello del terreno.

Felix aveva utilizzato quella vecchia entrata perché sapeva che nessuno li avrebbe visti. Solitamente era una sorta di rifugio per studenti ribelli che sgattaiolavano via dagli addestramenti. Studenti come lui, o Julian.

Si sedettero in un angolino sudicio a parlare, tenendo la voce bassa, in attesa che suonasse la campana, segnalante la fine degli allenamenti pratici, perciò l'ora di pranzo.

<<C'è qualcos'altro che ricordate?>> chiese Felix.
<<Credo di sì>> rispose piano Eglantine. <<Mio padre ha citato due categorie in cui si dividono i Peculiari: coloro che sono dotati semplicemente delle capacità utili per adattarsi agli ambienti, ad esempio riflessi amplificati e abilità fisiche al di fuori della norma, e coloro che oltre a queste, sono dotati anche di poteri...poteri magici, che non è possibile comprendere attraverso la scienza. Papà diceva fossero qualcosa di arcano e inesplicabile, oltre ogni confine di realtà o razionalità. Pff...non biasimatemi se faticavo a crederci>>.
<<Non si può mai sapere cosa nasconde l'universo. È troppo vasto, troppo intricato; i poteri magici sono solo l'inizio di una lunga lista di cose che l'uomo non ha ancora scoperto, e forse mai scoprirà. Per noi ormai fanno parte dell'ordinario, ma il prezzo da pagare è vivere nell'ombra, con il divieto di esplorare terre esterne ai confini di Gale. Il potere è sempre stato motivo di conflitto nel corso della storia...>>
<<Infatti>> borbottò Julian. <<È quello che sta accadendo ancora oggi. I Vacanti e i Peculiari si odiano a vicenda>>.
<<È normale che sia così. Insomma, noi abbiamo ottenuto superpoteri, muscoli e intelligenza...loro malattie letali e ripugnanti deformazioni genetiche. È comprensibile che ci odino>> rispose Felix, inarcando le sopracciglia brune e spalancando gli occhi color lavanda.
<<Di certo non dobbiamo loro delle scuse, Fel>>.
<<Ammettilo Julian, sei di malumore perché non hanno concesso a tua sorella di entrare a far parte dell'addestramento speciale>>.
<<Che diavolo centra mia sorella?>>
<<Su, non fare il finto tonto. È da un po' che hai messo il broncio>>.
Felix sorrise, poi avvicinò il viso a quello di Julian, lanciandogli uno sguardo d'intesa e abbassando la voce, e disse: <<È stato molto meglio così, Ju...>>.

Kim non ci fece molto caso, era troppo emozionata per porsi delle domande. Ma Eglantine lo notò immediatamente, e Christian socchiuse gli occhi, sospettoso e confuso da quell'affermazione.

<<Come si chiama tua sorella?>> mormorò Kim.
<<April>>.

La campana risuonò stridula in ogni angolo della Casa, dai salotti luminosi, agli antri più bui, riempiendo qualsiasi spazio, spezzando silenzi, tentando di uscire dalle antiche pareti.

<<È ora>> borbottò Julian, alzandosi fiaccamente, senza una parola di più.

Salirono una soffocante rampa di basse scalette umide, scivolose, notando quasi subito un leggero spiraglio di luce, che si infilava nella fessura di una porta di legno marcio.
Si aprì con qualche scricchiolio, ed essi si ritrovarono nelle prima delle ampie sale adibite all'addestramento.
Erano sette, davvero spaziose, collegate tra loro nei punti in cui le pareti divisorie si interrompevano. Il soffitto basso e grigio era costellato da faretti di luce gialla, indispensabili in quei luoghi bui, specialmente perché pioveva spesso. Le finestre si susseguivano lungo i muri più esterni, ma erano piuttosto piccole, i vetri sporchi, o rotti, non lasciavano filtrare i rarissimi e fievoli raggi di sole. Una decina di studenti era allineata al centro della stanza, le spalle dritte e l'espressione obbediente. Un paio di uomini si accingevano ad afferrare alcuni registri posati su un lungo e stretto tavolo, che ospitava anche altri oggetti, armi, attrezzi avvolti nella penombra, difficili da distinguere.

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