Capitolo XIX - L'Equilibrio della Libellula

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Pondhouse
Sinkhole Island
Gale World

Quel cupo vibrare, ripetitivo e quasi alienante, iniziò pian piano ad insinuarsi nella sua pelle, a scorrere nel suo sangue, fino alle ossa. Ormai erano una cosa sola; Kim decise per una volta di lasciare che gli eventi accadessero e basta, seguendo il loro corso.
Sua nonna le aveva parlato dell'Equilibrio, ma non avrebbe mai pensato che questo Equilibrio avesse potuto alimentare una barriera per impedire ai Peculiari di scappare da Pondhouse.

Kim percepiva quel rimbombo metallico pizzicarle le orecchie e il viso: come una scarica elettrica correva lungo le sue gambe, avvolgeva le proprie spire attorno alle sue braccia, si attorcigliava al suo collo, le pungeva gli occhi, le labbra.
Era un'energia potente, aspra, dispettosa: stava nel mezzo, divisa tra oscurità e luce. Non aveva una natura buona o cattiva, perché semplicemente imbrigliava le intenzioni e il volere di chi riusciva ad acchiapparla. Poteva finire tra le mani di una Libellula e affermarsi come Equilibrio bianco, puro e sincero, Armonia.
Ma poteva anche, nel peggiore e più raro dei casi, essere assorbita da uno Spettro o da un essere malvagio, mutando così in un Equilibrio perverso, sporco, menzognero, mutando in Follia, provocando Caos.

Kim ascoltò il suono, regolare e ipnotico. Nella sua mente non vi era altro, si sentiva svuotata, leggera. Allungò la mano, la tese, a un centimetro dalla barriera. Questa vibrò, si piegò come acqua increspata, si assottigliò: una impercettibile, infima, impalpabile scarica di energia, come un filo di lana bianca, come il filo di una ragnatela, si unì al suo dito indice. La ragazzina trattenne il fiato, mentre il cuore quasi le esplodeva nel petto, e rabbrividì, con la pelle d'oca. Provò una sensazione simile a quella che amava percepire sulla pelle durante le mattinate primaverili, dopo essersi bagnata con l'acqua fresca del lavandino ed essersi avvicinata alle finestre spalancate: allora la brezza che si infilava nelle camere da letto le scompigliava i capelli e asciugava le gocce cristalline che si rincorrevano sul suo viso.

Fremette, le labbra aride, come se qualcosa l'avesse dissetata. Qualcosa che la fece sentire diversa, cambiata, un'altra persona. Avvicinò il dito alla barriera ancora di qualche millimetro e quel filo candido e luminescente si arrampicò sulla sua unghia, sulla sua nocca, fino al dorso della mano, allungandosi ancora e ancora, raggiungendo il gomito; si attorcigliò, avvolgendo il suo avambraccio e la mano tremante come una foglia.
Kim non si mosse e lasciò che un'emozione calda sfiorasse il suo cuore: la stessa emozione particolare e antica che aveva provato il primo giorno in cui aveva visto Pondhouse, ritrovandovisi davanti incredula.

Quel filamento vibrante di energia si sciolse poi come burro, colando nei pori della sua pelle, sparendo pian piano senza lasciare una minima traccia.

L'Equilibrio era fragile ma forte come la Libellula. Era una tempesta di tuoni, era un fiore delicato. Era un metallo indistruttibile, era un vaso di vetro sottile. Era uno scudo, era una spada.
Ripudiava l'Oblio, la distruzione, non perdeva il controllo, ma se fosse stato rubato al suo proprietario da un essere non degno, sarebbe stata la fine per tutti, la fine della Dragonfly Dynasty, la fine della pace.
Kim sapeva che nessuna Libellula se lo era mai lasciata sfuggire, però temeva che un giorno sarebbe successo e nessuno avrebbe potuto fare nulla per impedirlo.

Fino a quel momento la sua sensibilità non si era risvegliata perché mancava l'Equilibrio: mancava la calma eccelsa che avrebbe permesso alla sua vista di non essere oscurata dalla paura.
Ora i suoi occhi non erano soltanto coperti da una sottile patina opaca, ma erano a tutti gli effetti due sfere di ghiaccio di un bianco abbacinante. E vedevano ogni cosa.

Le bastò una frazione di secondo per osservare con cura i cinque Spettri Vacanti che correvano nella loro direzione.
Il primo e il terzo erano due ragazzi giovani, dall'espressione acquosa e sofferente. Erano armati fin sopra i capelli e avevano ben poco di umano: la loro pelle era corteccia, le orecchie deformi, gli arti innaturalmente lunghi, i denti affilati, enormi. Uno di loro era praticamente zoppo, l'altro aveva pupille smisurate, dilatate spaventosamente e iniettate di sangue.
Gli altri tre soldati erano uomini adulti e incutevano meno terrore, forse perché vedere degli adolescenti poco più che diciottenni ridotti in quel modo lasciava il segno.
Eppure, non doveva essere molto diverso dal vedere centinaia di bambini addestrati ad uccidere senza esitazioni, rinchiusi in una scuola circondata da filo spinato.

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