Capitolo VII - Spettri Vacanti

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Pondhouse
Sinkhole Island
Gale World

Fuori il cielo scuro ospitava il presagio di un forte temporale, intrappolato nei minacciosi nuvoloni, impaziente di uscir fuori, di esplodere in un tumultuoso susseguirsi di fulmini, tuoni, lampi e raffiche di vento gelido, tagliente come una lama.
Gli imponenti alberi continuavano a muoversi piano, dondolando e agitando i rami nodosi, e le foglie volavano via, leggiadre, tra girotondi e piroette.

Eppure quell'atmosfera così cupa era in grado di trasmettere una sorta di calma interiore, era capace di placare rabbia, disperazione, ansie e dubbi.
Rabbia, disperazione, ansie e dubbi che colmavano i grandi e dolci occhi di Althea. Le iridi blu oltremare fissavano angosciate il corpo di Nolan, ripulito per bene, curato, rivestito e adagiato con delicatezza sul suo letto, le lenzuola di un bianco puro e accecante. Le palpebre del ragazzino erano chiuse, ma sul suo volto era ancora impressa un'espressione di sofferenza e dolore atroce. Il capo sprofondava nel morbido cuscino candido e la zazzera di riccioli bruni incorniciava quel viso giovane, dall'aspetto innocente.

<<Non pensavo lo avrei mai detto, ma è quasi adorabile quando dorme>> mormorò una voce rotta.

Althea si voltò lentamente, e non rimase per niente sorpresa nell'incontrare lo sguardo mesto di Sebastian. In realtà preferiva farsi chiamare Axel, il suo secondo nome, perché come ripeteva sempre, Sebastian comunicava l'idea di uno "snob arrogante".

Era probabilmente l'unico in grado di stare accanto a Nolan. Il suo unico amico, o uno dei pochi.

<<Tu lo sapevi?>>

La domanda tanto temuta uscì dalle labbra di lei tagliando l'aria in un fendente. La tensione era palpabile e soffocante.
Axel si impietrì e sentì un nodo allo stomaco, sempre più stretto, attorcigliato, inestricabile; un serpente squamoso e contorto, che risaliva prepotente fino ai polmoni e gli impediva di respirare.

<<I-io...>> rantolò. Aveva così tanto da dire, così tanto...eppure non una parola riuscì a liberarsi da quella morsa di rammarico e dispiacere. Voleva scusarsi, voleva darle una spiegazione, ma tutto rimase sospeso sulla sua lingua, bloccato, nascosto dietro le sue labbra serrate.
<<Vaffanculo, Axel!>> gridò improvvisamente Althea, di fronte a quel silenzio.

Si alzò e si mosse verso di lui con una tale rabbia da spingerlo ad indietreggiare. Avvicinò il suo viso pallido a quello del colpevole, intrappolandolo contro la parete, le cui assi di legno scricchiolarono. Due occhi blu puntati fermamente contro due occhi color verde oliva.
Solo allora questi ultimi si resero conto che i due occhi blu erano colmi di lacrime. Come due fiumi in piena, le cui acque straripavano dagli argini. Nemmeno un cuore di pietra sarebbe rimasto impassibile di fronte a quegli oceani, così grandi, così saturi di emozioni, così rumorosi e vogliosi di urlare al mondo tutta la loro sofferenza. Sembravano sciogliersi assieme alle lacrime, che inondavano le sue guance arrossate.

Axel lo sapeva, Nolan gli aveva raccontato tutto.
Nolan Parker era un Peculiare sì, ma aveva il potere di diventare invisibile e in rari casi quasi impalpabile, incorporeo, come un fantasma, o meglio, come un Vacante. Sin da quando era nato, i migliori dottori o scienziati avevano cercato di collocarlo in una precisa categoria, fallendo miseramente. Nolan viveva perennemente con un piede a destra del confine, e un piede a sinistra. Era diviso tra due mondi, e non aveva mai trovato la sua strada, la sua identità, perché le persone che gli stavano attorno e lo giudicavano erano le prime a definirlo come una sorta di ibrido mezzosangue.

La verità era che semplicemente era stato sfortunato, e aveva sviluppato poteri tali e quali a quelli degli odiati Vacanti; nessuno si era mai fidato di lui, nessuno gli si era mai avvicinato.
Sin dal suo ottavo compleanno, quando la sua Dote si era manifestata, lo avevano sfruttato come un'esca, costringendolo a intromettersi sotto copertura nella fortezza degli Spettri Vacanti, cosicché potesse raccogliere informazioni utili.

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