CAPITOLO UNO

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Green River, contea di Sweetwater, Wyoming.
Era notte fonda e la città era immersa nel silenzio. La tempesta di neve del giorno precedente aveva lasciato il posto a una timida giornata di sole che però non riusciva a scacciare via il freddo.
Oltre a qualche pattuglia della pulizia e qualche ubriacone che aveva appena finito di fare serata, c'era poco movimento.
Green River non era una città molto grande. Poteva essere considerata un paese. Solo dodicimila abitanti e si conoscevano quasi tutti tra loro. Però ormai era una città tranquilla.
Ormai...
In passato c'era stato un po' di movimento ma negli ultimi otto anni non si era più verificato niente di anomalo o particolarmente pericoloso.
Tutti i locali erano già chiusi, tranne il Blacky. Era un piccolo pub gestito da Matt, un ragazzone scuro con folti capelli neri e da Nadia, una ragazza altrettanto scura e minuta che mostrava almeno dieci anni meno di quelli che aveva davvero. A vederli sembravano fratelli e non erano stati pochi quelli che avevano notato la loro strana somiglianza. In realtà, anche se avevano un rapporto molto fraterno, non avevano nulla in comune a parte i colori caldi della loro pelle e dei loro occhi, piuttosto insoliti considerando il luogo in cui vivevano.
– Butto questa e corro a casa. Ho bisogno di una doccia – urlò Nadia a Matt.
Era stato un turno parecchio pesante. Ma del resto era un venerdì degli inizi di Settembre. L'università era appena iniziata e non c'era molto da fare in quella zona per divertirsi. Tutti i ragazzi e le ragazze passavano al Blacky a bere qualcosa nel weekend. Per stare insieme, per non annoiarsi, per scacciare via il gelo. Non c'era molto da fare a Green River.
– Fai attenzione!– le rispose Matt mentre finiva di asciugare gli ultimi bicchieri.
Nadia sorrise – Cosa vuoi che succeda? Sto solo andando a buttare questo schifo!
Matt si era mostrato protettivo con lei fin dal primo giorno in cui si era incontrati, circa tre anni prima. Nadia stava facendo un giro per cercare un lavoro che le permettesse di studiare e lavorare e si era imbattuta in questo ragazzone così simile a lei che stava sistemando alcune panche. Gli chiese se avesse bisogno di una mano ma probabilmente Matt capì subito che quella in difficoltà era lei. Oppure l'aveva riconosciuta. Nadia non glielo aveva mai chiesto. Preferiva pensare che l'avesse presa con se perché era in gamba e non perché provava compassione per quello che le era successo.
Aveva solo un paio di anni più di lei eppure mostrava una maturità. Aveva ereditato quel tugurio dal perdere e se n'era preso tanta cura per farlo diventare un po' meno squallido. No, suo padre non era deceduto. Aveva solo conosciuto una giovane ed era scappato con lei, lasciando moglie e figli in balia di se stessi. Matthew era il più grande di tre fratelli e, per mandare avanti la baracca, aveva investito i pochi soldi
che aveva messo da parte per il college per rilevare il vecchio locale del padre.
Nadia raggiunse il retro del locale e la puzza di marcio l'assalì di colpo. Qualche volta vicino ai cassonetti si rifugiava qualche senzatetto per riposare. Spesso Nadia porta loro del cibo avanzato o gli offriva una sigaretta. Lei non fumava, non sempre. Lo faceva solo quando era molto nervosa e quello era un periodo un po' stressante.
Proprio come ogni anno.
Posò il sacco nero vicino ai cassonetti puzzolenti e strapieni. Cercò l'accendino e si accese una sigaretta.
Aspirò poco, non le piaceva molto il gusto amaro che lasciava in bocca, e poi buttò via il fumo. Era quasi a metà sigaretta quando un rumore alla sua sinistra catturò la sua attenzione. Sembrava che qualcuno stesse correndo verso la sua direzione.
– A quest'ora? – disse tra sé guardando il display del suo cellulare. Erano quasi le quattro del mattino e in teoria a quell'ora non c'era più nessuno per le strade della città.
Scese dallo scalino e si affacciò sul vicolo ma non ebbe il tempo di tornare indietro che un colpo sordo annientò il silenzio che piombava nel vicolo.
Sentì una stretta al cuore. Avrebbe riconosciuto quel rumore per sempre.
Dal buio comparve una figura.
Era una ragazza magrolina dai lunghi capelli castani. Indossava un giubbotto nero di pelle e un vestito bordeaux sopra il ginocchio. Per un momento fu vicino alla luce del lampione e Nadia riuscì a vederla meglio. Aveva gli occhi sgranati e stracolmi di lacrime.
La ragazza incrociò il suo sguardo e aprì la bocca per dire qualcosa ma cadde sulle ginocchia e poi con la faccia per terra. Da quella distanza Nadia non riusciva a capire se era morta o solo svenuta.
Corse nella sua direzione. Una persona dotata di buonsenso non si sarebbe avvicinata. Sarebbe rientrata dentro a gambe levate. Ma lei non poteva lasciare quella ragazza lì per terra agonizzante.
Fece qualche passo avanti per avvinarsi, cauta. Non sapeva se chi lo aveva colpito era ancora là.
Le si gelò il sangue quando notò quanto quella ragazza le somigliasse. Avevano quasi gli stessi capelli e la carnagione olivastra, molto insolita considerando che la maggior parte dei cittadini di Green River avevano la pelle chiara.
– Hey va tutto bene? Svegliati! – tentò di scuoterla ma la ragazza non le dava retta.
Le mise due dita sul polso per capire se era viva o meno ma non fece in tempo ad ascoltare sei il suo cuore batteva ancora.
Sentì dei passi e quando alzò la testa vide un uomo. Scatto in piedi e iniziò a osservarlo. Era completamente vestito di nero e indossava un cappello che li copriva gli occhi. Chiunque fosse non voleva farsi riconoscere.
L'uomo emise un ghigno e alzò la pistola. Era piccola, non assomigliava a quella che aveva sempre visto indossare a suo padre quando era in servizio.
Il cuore cominciò a batterle all'impazzata e le gambe le si paralizzarono. Non poteva correre fino al locale. Era troppo lontano e soprattutto quel uomo era armato.
Troppo tardi Nadia, pensò, questa sei morta.
– Mi dispiace tesoro – disse l'uomo con uno strano accento – Non avresti dovuto essere qui.
Chiuse gli occhi e sentì lo scatto del grilletto. Il colpo partì. Nadia ebbe la sensazione di sentire il proiettile che si spostava nell'aria.
Non sentì nulla. Nessun dolore, nessuna strana sensazione.
O era arrivata dritta in Paradiso. Oppure...
Un profumo le si insinuò nelle narici. Vaniglia e tabacco.
Aprì gli occhi.
L'uomo che le stava sparando era per terra, a meno di un metro dal primo cadavere. Qualche metro più distante c'era un'altra figura.
Non indossava nessun cappello, né guanti, né cappotto nero. Sembrava un semplice passante, ma quando alzò la testa e Nadia incrociò il suo sguardo, le si gelò il sangue.
I suoi occhi erano dello stesso colore dell'oro e stavano... brillando?
– Nadine – sussurrò il ragazzo. Era lontano eppure lei lo aveva sentito.
– Come...
– Nadia! – urlò una voce alle sue spalle.
Nadia si voltò. Matt stava correndo nella sua direzione e lei stava per dirgli di non avvicinarsi, che era pericoloso. Ma quando riportò lo sguardo davanti a sè, non vide più nulla.
Non c'era traccia dei due cadaveri, né di quello strano ragazzo.
– Va tutto bene? – chiese Matt – Ho visto che ci stavi mettendo un po' troppo e sono venuto a controllare.
Nadia lo guardò. Non sapeva cosa dire, era troppo sconvolta. Non sapeva se era il caso di confidare al suo
amico ciò che aveva appena visto ma, nel dubbio, deciso di tacere.
– C'era un gatto – disse lei in tono poco convincente.
Matt in un primo momento non sembrò particolarmente convinto ma poi sorrise e le diede uno schiaffetto sulla fronte – Sempre la solita! Appena trovi animali in giro devi necessariamente giocarci! – disse ridendo.
Nadia ricambiò il sorriso per essere più convincente ma in realtà era terrorizzata.
Quella sera accettò volentieri un passaggio da Matt per tornare nel suo piccolo appartamento. Era a un paio di chilometri fuori dalla città e in genere prendeva l'ultimo autobus per tornarci ma aveva una gran paura di imbattersi di nuovo in qualcosa di strano.
Quando rientrò in casa chiuse tutto a chiave e abbassò le tapparelle delle finestre. L'avevano vista in volto e c'era il rischio che sarebbero andata a cercarla.
Rovistò in fondo all'armadio e caricò la pistola di suo padre. La mise vicino al comodino, pronta all'uso.
Quando si mise a letto si ritrovò stranamente a ripensare a quello strano profumo che aveva sentito.
– Vaniglia e tabacco – mormorò nel buio della sua camera da letto.
Poi chiuse gli occhi e cadde in uno sonno profondissimo ignara di quanto sarebbe cambiata la sua vita a partire da quel momento. 

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