CAPITOLO QUINDICI

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Erano appena le quattro del mattino quando un uccellino cominciò a picchiettare sul vetro della sua stanza. Miguel aveva un brutto sentimento e, non appena riconobbe il piccione viaggiatore ebbe la conferma che non si stava sbagliando.
Aprì facendo in modo che l'uccellino entrasse dentro casa per ripararsi e tirò via la piccola pergamena che aveva legata alla zampa.
C'era il sigillo dell'Enclave ma gli sarebbe bastato vedere la calligrafia per capire che si trattava del Superiore.
La lettere non era molto lunga. Si limitava a dirgli che doveva raggiungere l'Enclave il prima possibile perché c'erano cose importanti di cui parlare.
Evidentemente avevano capito aveva portato Nadine nella sua villa e adesso doveva rispondere del suo comportamento. Era stato un gesto molto pericoloso. Avrebbe rischiato di perdere l'incarico ma non aveva paura.
Rimandò fuori il piccione e si prese qualche attimo di tranquillità prima di prepararsi per il viaggio.
Aveva promesso a Nadia che avrebbero parlato ma non poteva mancare a una chiamata del Superiore.
Andò piano in camera di Aodhan. Lui dormiva profondamente ma si svegliò subito quando Miguel gli poggiò una mano sul braccio.
– Stai partendo? – chiese con la voce assonnata. Sembrava ancora più giovane in quel momento.
– Mi vogliono all'Enclave.
Aodhan scattò in piede – Perché? E' successo qualcosa?
Poteva benissimo capire il suo spavento. L'ultima volta che gli aveva detto quella frase lo avevano chiamare per avvertirlo della pazzia di Asos e del fatto che doveva essere giustiziato.
– Probabilmente è per Nadia. Non dovrebbe essere qua...
Aodhan gli puntò addosso i suoi grandi occhi azzurri – Troverai un modo per farla restare.
Era come se gli stesse leggendo nella mente e, se non fosse stato così giovane, avrebbe pensato che era proprio quello che stava facendo.
La verità era che nonostante tutto suo fratello credeva ancora in lui.
– Prenditi cura di lei.
In altri casi avrebbe chiesto di sorvegliarla, non di prendersene cura. Qualcosa stava cambiando nel modo in cui lui la vedeva.
Aodhan annuì – Torna con buone notizie.
Miguel uscì dalla stanza richiudendo la porta alle spalle.
Avrebbe dovuto passare da Nadia e avvisarla ma probabilmente lei se la sarebbe presa perché stava rimandando di nuovo le sue mille domande.
Uscì dalla terrazza e salì in cielo, sopra le nuvole, dove nessuno poteva scorgerlo.
Ci sarebbe stato tempo per parlare con Nadia. Lo avrebbe fatto al suo ritorno.

Quando Nadia si diresse verso le scale che portavano alla terrazza notò uno strano silenzio provenire dalla camera di Miguel.
– Ben svegliata fiorellino! – Aodhan l'accolse con il suo solito sorrisone.
– Come mai sei così felice?
Aodhan alzò le spalle – Sono solo contento di vederti.
Nadia ignorò quella frase e si legò i capelli. Fece qualche esercizio per scaldare i muscoli e cominciò a sistemare i foderi per le armi che le aveva donato Javier.
– Niente armi – disse Aodhan togliendole dalle mani il pugnale – Oggi ci concentriamo sul corpo a corpo.
– Mi sono già allenata con Javier sul corpo a corpo.
– Ma io non sono Javier.
Le girò un braccio dietro la schiena poi l'attirò verso di sé stringendole il collo con l'altra mano.
– Aodhan – sussurrò con un fil di voce. Le stava facendo malissimo.
– Mai abbassare la guardia – le sussurrò all'orecchio.
Tentò di divincolarsi e lui la lasciò andare.
Si massaggio il braccio ancora dolorante.
– Avresti dovuto..
– Avvisarti? – scosse la testa – Devi prepararti agli attacchi a sorpresa.
Aveva ragione. Non era stata abbastanza pronta quando Javier l'aveva assalita. Se l'era cavata solo perché lui era troppo preso dalla sete si sangue per accorgersi che lei aveva recuperato il coltello.
Gli uomini che l'avrebbero catturata avevano come unico scopo quello di portarla al loro padrone ma nessuno le diceva che non le avrebbero fatto del male.
– Quali sono i punti deboli degli angeli?
Aodhan sorrise – Una domanda intelligente.
L'angelo fece qualche passo verso di lei, le prese le mani e se le portò alle spalle.
Nadia inizialmente non capì ma quando fece scorrere le mani Aodhan socchiuse gli occhi.
– Le ali – disse sottovoce – L'attaccatura delle ali – si corresse.
Aodhan annuì – E' uno dei punti più deboli.
Fece scorrere le mani fino alle scapole dell'angelo per studiare meglio la loro struttura complessa.
Aodhan però le afferrò i polsi – Non toccarle così.
Nadia inizialmente non capì ma poi notò uno strano luccichio negli occhi di Aodhan e avvampò.
– Sono...
– Erogene – Completò lui la frase, probabilmente perché aveva capito che li si stava vergognando.
– Scusami io...
Aodhan scosse la testa – Pensavo che Miguel te lo avesse spiegato.
– Perché avrebbe dovuto?
– Siete così intimi voi due.
– Intimi? Ci detestiamo! – puntualizzò.
Il sorriso di Aodhan si allargò – Buono a sapersi.
Il loro allenamento riprese ma fu diverso dal giorno precedente.. Aodhan non aveva fatto il dispettoso, si era comportato da maestro, mettendola in guardia ogni volta in cui faceva una mossa sbagliata.
Aveva imparato che oltre alle ali, un altro punto debole degli angeli era il petto, precisamente il punto in cui si trovava il cuore.
Era strano pensare che uno come Miguel avesse come punto debole proprio il cuore. Lui che un cuore sembrava non averlo.
Inevitabilmente il pensiero andò al giorno precedente, quando gli aveva promesso che avrebbero parlato.
Una volta finiti dagli allenamenti andò a cercarlo nella sua stanza. Non voleva essere invadente ma aveva bisogno di parlargli. Stava ricordando delle cose a cui solo lui poteva dare una spiegazione.
Di Miguel, però, non c'era nessuna traccia. E non lo vide neanche il giorno successivo.
Ebbe il coraggio di chiedere di lui solo il terzo giorno.
– E' stato chiamato all'Enclave. Pensavo che te lo avesse detto – le disse Aodhan.
E invece no, non ne sapeva nulla.

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