CAPITOLO DICIANNOVE

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Non appena Miguel ebbe la conferma che tutti gli ospiti erano andati via, raggiunse le scale principali per arrivare alle camere da letto. Aveva visto Aodhan e Nadia sgattaiolare fuori della sale per poi rientrare e dirigersi al piano superiore.
Non voleva pensare male su di loro. La faccia di Nadia era troppo sconvolta per poter pensare che avesse intrapreso chissà quale tipo di relazione con Aodhan.
– Stai andando a dare il bacio della buonanotte alla tua Protetta?
Si voltò e vide Agatha. Indossava ancora il vestito del ballo, un lungo abito a sirena blu tempestato di diamanti. Era molto appariscente, proprio come lei.
Godeva nel creare scompiglio e doveva aver capito già da tempo quanto Nadia gli stesse a cuore. Altrimenti non avrebbe perso tempo ad infastidirlo in quel modo.
– Stai partendo?
La donna stava trascinando una piccola e moderna valigia.
– Mi pare di aver capito che non sono la benvenuta nella tua villa.
Probabilmente si aspettava che Miguel smentisse il suo pensiero e la invitasse a restare ancora qualche notte. Ma non era quello che voleva. Se fosse andata via lui avrebbe avuto meno grattacapi.
– Fai buon viaggio.
Indispettita, Agatha raccolse la valigia da terra e si diresse verso la porta sbattendosela dietro talmente forte da far vibrare i vetri delle porte finestre adiacenti.
Agatha non si aspettava un tale distacco da parte sua nonostante ormai fossero passati anni da quando non la guardava più con occhi dolci e colmi d'affetto. In cuor suo le voleva bene, ma più come una sorella che come una compagna con cui passare il resto della sua vita.
Miguel chiuse a chiave tutte le parte e issò gli incantesimi di protezione che da secoli circondavano la villa. Viveva in quella casa da tutta la vita e, nonostante fossero una famiglia molto importante a cui nessuno avrebbe mai torto un capello, suo padre aveva sempre pensato che era meglio essere prudenti. E lui la pensava allo stesso modo, soprattutto da quando Nadia era ritornata lì.
Camminò veloce e poi salì le scale con passo altrettanto svelto. Non fu sorpreso quando vide Aodhan davanti alla porta della camera in cui dormiva Nadia, quella che un tempo era appartenuta ad Asos. Non era strano che lei si trovasse a suo agio in quella stanza. Un tempo Asos era stato un bravo angelo e soprattutto un buon fratello maggiore. Era molto simile a Nadia. Testardo, spesso scontroso ma dal cuore buono.
Poggiò una mano sulla testa del più piccolo dei suoi fratelli che teneva stretta al petto la sua katana. Aodhan trasalì e d'istinto gli puntò la Katana all'altezza del cuore per poi riabbassarla non appena si rese conto che si trattava di Miguel.
– Ne avevi di tempo – gli disse con voce assonnata – Ti sta aspettando da ore.
Miguel spostò lo sguardo sulla porta della stanza. Riusciva quasi a sentire il respiro di Nadia.
– Che cosa è successo?
Aodhan scosse la testa – Non spetta a me parlartene – e si rinchiuse nella sua stanza.
Dopo qualche momento di esitazione, Miguel bussò alla porta. Non sapeva se lei gli avesse detto di entrare o meno ma lui entrò ugualmente.
Era di spalle, stava guardando fuori dalla portafinestra.
– Ti stavo aspettando.
– Lo so – si fece più vicino e lei si voltò quando lui le fu un po' più vicino – Devo preoccuparmi?
Lo sguardo di Nadia era un misto di rabbia, tristezza e confusione.
Era molto bella, più del solito. Quel vestito le stava benissimo ed era fiero della scelta che aveva fatto. Quel colore le donava molto e il modo in cui le calzava l'abito non faceva altro che mettere in risalto le sue forme.
Il calore che sentiva al petto ogni volta che la vedeva, si stava facendo sempre più intenso. Ma quello non era il momento adatto per pensarci.
– Stasera ho incontrato l'angelo che mi ha cancellato la memoria la notte che hanno rapito mia madre.
Non poteva credere a ciò che aveva appena sentito.
Si precipitò vicino a lei – Ti ha fatto del male? Sei ferita?
– Non fisicamente – disse con un amaro sorriso – E' stato un po' scioccante pensare che quell'angelo mi ha fatto una cosa del genere.
– Ti ha detto il suo nome?
– No – disse con voce fioca – Ma so di cosa profuma e ho bene in mente i suoi occhi: freddi come il ghiaccio.
C'erano tanti angeli con quelle caratteristiche ma Miguel ebbe la brutta sensazione di aver capito di chi stesse parlando Nadia. Prima di accusarlo di qualcosa, però, aveva bisogno di prove.
Riportò lo sguardo su di lei. Era parecchio turbata.
– C'è dell'altro?
Nadia sospirò – Mia madre potrebbe essere ancora viva.
– No Nadia, questo non è possibile. Abbiamo appurato che fosse stata uccisa poche ore dopo il rapimento.
– Avete mai trovato il suo corpo?
No, non lo avevano trovato. Ma quando avevano provato a localizzarla con i poteri degli angeli e con l'aiuto dello stesso Superiore, non l'avevano trovata da nessuna parte.
Poi gli sorse un dubbio.
– Tua madre era umana?
– Certo che era umana!
Lui non ne era così convinto. Se lei aveva il gene dei Protettori, non poteva essere il frutto dell'unione di due umani. Solo che non era il momento di dirglielo, non quella sera. Sembrava molto stanca e soprattutto molto confusa.
– Sono stanca – disse con uno strano tono di voce.
– Riposa e...
– NO! – urlò lei – Sono stanca di non poter fare nulla! Sono qua da settimane, nascosta ad aspettare che lui prima o poi faccia la sua mossa – Notò che i suoi occhi erano diventati lucidi – Sono stanca di tutto questo Miguel.
Avrebbe voluto avvicinarsi, prenderla tra le braccia e dirle che sarebbe andato tutto per il verso giusto. Ma se lo avesse fatto avrebbe dovuto ammettere a sé stesso che quel calore che provava sul petto tutte le volte che ce l'aveva davanti non era nulla di buono. L'avrebbe persa. Di nuovo.
– Ti prometto che troveremo un modo – disse nel tono più sincero possibile – Ma adesso riposati. Domani ti aspetta una giornata molto intensa.
Nadia si appoggiò alla finestra e annuì. Si passò una mano sulla fronte e socchiuse gli occhi per ricacciare indietro le lacrime.
– Ho bisogno di prendere aria. Questo vestito mi sta facendo soffocare! – si spostò i capelli da un lato – Puoi aiutarmi?
In un primo momento non capì ma quando lei si voltò dandogli la schiena si rese conto di quale fosse la richiesta della ragazza.
Con le mani tremanti, afferrò la lampo del vestito e la tirò giù scoprendo la pelle dorata della sua schiena.
Quasi gli venne da sorridere quando pensò a come un angelo del suo calibro si stesse sentendo un ragazzino alle prime armi di fronte a un'umana che non aveva nemmeno un terzo della sua età.
Solo quando alzò lo sguardo si rese conto che Nadia lo stava osservando dal riflesso sul vetro della finestra.
– Eri bellissima stasera – sussurrò vicino al suo orecchio, fregandosene del fatto che lei lo stesse guardando in quel modo.
Notò la vena sul collo della ragazza che iniziò a pulsare – Solo stasera? – disse con un sorrisetto.
Lui scosse la testa – Lo sei sempre.
Non sapeva come gli fosse venuto in mente di fare quel passo. Quella era la prova che non stava più riuscendo a contenersi. Aveva represso per troppo tempo il desiderio che provava nei suoi confronti. Ed era meglio continuare a reprimerlo se non voleva altri guai.
– Dovresti riposare – disse allontanandosi un po' da lei.
Nadia annuì e quando lui fece per andarsene lei si voltò e lo trattenne per il braccio.
Il modo in cui lo stava guardando non prometteva nulla di buono.
– Resta qua stanotte.
– Nadia...
– Per favore.
Non ci pensò due volte. Era la prima volta che lei gli chiedeva di vegliarla.
– D'accordo – sospirò – Ma per favore togliti quel vestito.
Nadia si accorse che il vestito era sceso un po' mettendo in mostra altri centimetri della sua pelle e arrossì.
Senza aggiungere altro si diresse verso il piccolo bagnetto della camera lasciandolo solo a pensare a cosa sarebbe successo la prossima volta che si sarebbero ritrovati in una situazione intima come quella.

Nadia tornò dopo qualche minuto con indosso una tuta un po' logora e una t-shirt un po' oversize. Era stato strano il modo in cui si era comportato Miguel prima. Per la prima volta aveva percepito una cosa che nessun ragazzo le aveva mostrato prima di allora: desiderio. Ma il problema era che aveva provato lei stessa quella sensazione.
Si sentì la faccia avvampare al solo pensiero di quell'uomo che si rotolava insieme a lei tra le lenzuola. Poi tornò alla realtà. Una realtà in cui lei era una semplice umana e lui un angelo potente, un Protettore.
– Quella dove l'hai presa? – le chiese Miguel non appena la vide.
Nadia prese la canottiera che indossava tra le mani – L'ho sempre avuta. Perché?
Miguel sorrise. Un sorriso pericoloso ma bellissimo allo stesso tempo – Quella era mia. Te l'ho data una sera in cui sei rimasta qua.
Nadia si guardò – Non sono mai riuscita a separarmene.
Si pentì di ciò che aveva appena ammesso non appena vide il sorriso di Miguel allargarsi. Ma lui non disse nulla e lei tirò un sospiro di sollievo.
– Dovresti dormire anche tu – gli disse mentre si sdraiava sul suo letto.
– E' un invito? – Quando lei gli lanciò un'occhiataccia lui ritornò serio – Gli angeli non hanno bisogno di dormire.
– Le tue occhiaie dicono diversamente.
– Non sono un umano Nadia.
Quella frase la scosse un po' facendola tornare alla realtà. Il solo pensiero di quanto fossero diversi le diede la conferma che doveva essere stata pazza ad innamorarsi di lui o anche solo al pensiero di avere una speranza con uno del suo calibro.
Miguel era potente, molto più di quanto si era dimostrato in quei mesi. Avrebbe potuto spezzarla in qualsiasi momento se solo avesse voluto.
L'angelo mosse le ali per sistemarle meglio dietro la schiena e Nadia notò la cicatrice che lei stessa gli aveva lasciato.
– Non mi perdonerò mai per avertela fatta.
Miguel seguì la direzione del suo sguardo e vi ci passò una mano sopra – E' un piccolo souvenir. In questo modo non potrò mai dimenticarti.
Rimase di sasso a quell'affermazione e a stento si rese conto che lui si stava avvicinando dall'altro lato del letto.
Si tolse le scarpe e si sdraiò accavallando le gambe una sull'altra.
– Non avevi detto che gli angeli non dormono?
Miguel sorrise e chiuse gli occhi – Ultimamente mi sento un po' umano. 

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