Il grande orologio segnava le due del mattino. Matt aveva cacciato via gli ultimi clienti, come suo solito, e aveva chiuso la porta a chiave per evitare che ne entrassero altri.
– Sei strana – disse ad un tratto facendosi vicino – In questi giorni sei stata molto taciturna.
Era vero. Non lo aveva quasi calcolato ma era per via di quello che le stava capitando. Temeva che le sarebbe sfuggita qualche informazione di troppo o che la sua voce avrebbe potuto tradire la minima preoccupazione. Matt gli avrebbe fatto un mucchio di domande a cui non avrebbe potuto rispondere e sarebbe diventato tutto complicato.
– Sono solo stanca.
Matt la guardò negli occhi e Nadia si ritrovò stranamente a pensare a quelli dell'angelo che quella mattina le aveva parlato in modo minaccioso.
Era tanto bello quanto pericoloso, pensò. Con quegli occhi color oro e i capelli corvini che gli ricadevano sulla fronte. Era così perfetto che sembrava essere stato creato dal più abile degli scultori.
– Vuoi che ti accompagni a casa? – chiese Matt.
– Faccio volentieri una passeggiata – sapeva che Miguel era la fuori ad aspettarla. Magari si conoscevano da anni ma lei non aveva abbastanza ricordi da capire se fosse davvero affidabile o meno. Aveva la sensazione che era successo qualcosa di cui chiaramente non ricordava nulla. Ma avrebbe indagato.
L'unica cosa che la spingeva a stare tranquilla era il fatto che le aveva salvato la vita.
– Dovresti lasciare che le persone si prendano cura di te, Nadia.
Mi prenderò cura di te.
Quelle parole le risuonarono nelle orecchie come se chi le aveva pronunciate fosse nella stanza.
In realtà c'erano solo lei e Matt che si era fatto un po' più vicino.
– So prendermi cura di me.
Prese la borsa e uscì dal locale.
Ad aspettarla c'era quel vampiro che l'aveva soccorsa in strada la notte precedente.
Non rimase sorpresa quando lo vide. Aveva già sentito la sua presenza anche se non era riuscita a decifrarne bene l'odore.
– Non ho bisogno di essere scortata.
Il vampiro sorrise – Miguel mi ha dato ordine di accompagnarti a casa.
Nadia alzò gli occhi al cielo ma non protestò.
Aveva fatto un accordo con un angelo e non era il caso di violarne le clausole.
– Miguel è sempre così scontroso? – chiese improvvisamente.
Javier, così si chiamava il vampiro che la stava gentilmente accompagnando a casa, si fece improvvisamente serio.
Sicuramente non si aspettava una simile domanda.
– Fa il suo lavoro – disse inizialmente. Poi si rilassò e la guardò – Ma un tempo era più simpatico! – Aggiunse con un sorriso.
Arrivarono silenziosamente sotto casa e con suo grande sollievo il vampiro non la seguì. Per quanto potesse essergli grata per la sera prima, non le faceva una buona impressione. Non lo avrebbe mai voluto in casa sua.
L'appartamento era avvolta nel silenzio, come tutte le notti in cui vi ci faceva ritorno. Aveva faticato tanto a portare tutti i suoi piccoli tesori in quel monolocale. Era arredato con alcuni mobili della casa di suo padre e solo qualcosa di un po' più nuovo. Quella casa era il suo piccolo rifugio.
Dopo una lunga doccia, si guardò la sottile linea bianca che era comparsa al posto di quella ferita dolorosa che si era procurata la sera prima.
– Poteva andare peggio – disse tra sé.
Una volta rivestita, cominciò a sistemare il macello che si era lasciata dietro quel pomeriggio.
Buttò via i vestiti sporchi del suo stesso sangue e le lenzuola. Erano le sue preferite, un ricordo della vecchia casa in cui aveva vissuto con i suoi genitori quando era un bambina. Ma si era macchiate così tanto che non sarebbe mai riuscita a farle ritornare di quel bianco candido in cui si erano mantenute per tutti quegli anni.
Nonostante fosse passato tanto tempo, profumavano ancora un po' di sua madre.
Sistemate le ultime cose, si sdraio sul suo letto. Era vecchio, un altro ricordo della sua infanzia, ma non era mai riuscita a buttarlo via.
Si girò con la faccia verso il muro e poco dopo udì un fruscio. Un profumo intenso di vaniglia l'avvolse facendole capire che Miguel era appena entrato nella stanza. Chiuse gli occhi e fece finta di dormire.
Neanche lui disse una parola. Lo sentì mentre si muoveva piano,probabilmente per non fare rumore. Nonostante fosse una creatura ultraterrena, Nadia capiva quanto lui avesse rispetto per gli umani e per le loro abitudini. Probabilmente lui non si sarebbe mai insinuato in casa sua se lei non glielo avesse permesso.
Sul tetto aveva avuto la sensazione di non avere altra scelta se non quella di essere sorvegliata giorno e notte. In verità quella era solo una grossa opportunità di rimanere in vita.
Quando non sentì più alcun rumore si voltò, sicura che lui se ne fosse andato. E invece era la, seduto sulla grande poltrona logora che un tempo era appartenuta a suo padre.
Aveva gli occhi chiusi e respirava piano.
Nadia ne approfittò per osservarlo meglio.
Le sue magnifiche ali sembravano illuminarsi al buio. Il naso perfetto, la bocca grande e carnosa. Probabilmente non c'era donna sulla faccia della terra che avrebbe resistito di fronte a una tale bellezza.
– Smettila di fissarmi.
Quasi cadde dal letto per lo spavento.
Si sentì un idiota per essere stata scoperta.
Lui aprì gli occhi e la fissò per lunghi istanti, senza dire una parola.
Il suo sguardo era diverso da quello con cui l'aveva guardata quella mattina. Era più sereno, buono, quasi umano.
Ma non è umano, pensò.
Vide uno strano mutamento nel suo sguardo, come se lui avesse capito a cosa stava pensando. Ma fu una questioni di attimi.
L'angelo chiuse di nuovo gli occhi, senza dire una parola.
Lei, invece, aveva tante cose da chiedere. Ma ce n'era una in particolare che le era rimbombata in testa per tutta la serata.
– Miguel? – lui rimase con gli occhi chiusi – Che cosa è successo ad Asos?
Gli occhi di quella creatura si aprirono di colpo.
Risplendevano, proprio come la notte precedente.
Miguel stava per dire qualcosa, ma poi richiuse le labbra e la sua espressione si fece di nuovo dura.
– Dormi Nadia. Domani avrai molte cose da affrontare.
Nadia avrebbe voluto protestare ma si sentì improvvisamente troppo stanca anche solo per parlare. Chiuse gli occhi e si abbandonò al sonno.Con le gamba accavallata sull'altra, Miguel osservò quella creatura dormire per tutta la notte.
Seppure avesse l'aria di una tosta, era molto più fragile di quello che ci si potesse aspettare.
Quella domanda non se l'aspettava per niente e anziché rispondere di getto, aveva preferito tenere la risposta per sé.
Nadia pensava già che lui fosse pericoloso e metterla al corrente della sorte che era toccata all'angelo che aveva osato farle del male non lo avrebbe di certo messo sotto una buona luce.
Non era importante che lei lo guardasse come se fosse veramente buono. Tutto quello che lui avrebbe fatto sarebbe stato per il suo bene e lei non si sarebbe potuta opporre se lui avesse mai deciso di andare via da Green River.
Ma non apparire troppo crudele non sarebbe stato un male. Avrebbe reso le cose più semplici.
Quando si mosse in modo convulso, Miguel capì che stava per avere un incubo.
D'istinto scattò in piedi e gli si mise vicino poggiandole una mano sulla fronte.
– Miguel non mi lasciare – sussurrò lei. Ma Miguel sapeva che quello che stava dicendo apparteneva alla sua vita passata, a quello che le era successo.
Incerto se lasciare che i suoi ricordi le tornassero alla mente sotto forma di incubi, decise che era meglio deviare un po' i suoi ricordi.
Era ancora troppo presto per farle tornare alla mente ciò che era successo otto anni prima.
Non era pronto.
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The Protectors
FantasyIl freddo era arrivato presto nella ormai tranquilla cittadina di Green River. Quella sera Nadia non avrebbe dovuto fare tardi. Avrebbe dovuto finire il suo turno al Blacky, correre verso l'ultimo autobus che l'avrebbe portata verso casa, mettere le...