CAPITOLO VENTISETTE

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Nadia stava camminando a passo felpato lungo il corridoio dell'ultimo piano di quella grande villa. Sapeva che Marcus era lì, nascosto da qualche parte. Riusciva a sentire il suo odore pungente di pino silvestre misto a quello del suo sangue.
Neanche lei sapeva come le era venuto in mente di mozzargli la mano. Era stato un gesto parecchio spregevole. Non capiva cos'era quella bruciante sensazione che aveva provato alla bocca dello stomaco quando lo aveva sentito urlare dal dolore.
Sentiva tutto il fracasso che stavano facendo i suoi amici nella stanza che aveva appena lasciato. Avrebbe voluto tanto aiutarli, combattere al loro fianco come le era stato insegnato da Aodhan e Javier. Ma per quanto si sentisse tremendamente in colpa per averli trascinati in quella situazione, voleva liberarsi personalmente di Marcus.
Si mise dritta e afferrò la spada quando udì dei passi alle sue spalle.
– Non voglio farti del male dolcezza.
Bob era un po' malconcio. Sicuramente era riuscito a scampare dalla rissa della stanza che si era lasciata alle spalle.
– Fai un altro passo e te la conficco dritta in mezzo al petto! – lo minacciò.
Bob non sorrise alla sua minaccia, cosa che avrebbe fatto in condizioni normali.
– Non hai nessuna possibilità di ucciderlo Nadia – le porse la mano – Vieni con noi e nessuno si farà male.
– Stai cercando di trattare con me per salvarti il culo?
– Sto cercando di non spargere altro sangue. I tuoi amici non se la stanno cavando benissimo – disse indicando la stanza in cui si stava svolgendo una vera e propria battaglia.
Per un momento Nadia stava davvero pensando di accettare la sua proposta. Se fosse andata con lui, con Marcus, avrebbero sicuramente lasciato in pace tutti i suoi cari. I vampiri avrebbero smesso di combattere. Javier e Jeremia si sarebbero finalmente riuniti dopo questo avvenimento. Jack e Matt non sarebbero mai stati in pericolo. Aodhan non avrebbe dovuto più farle da babysitter quando Miguel era fuori per lavoro. E Miguel...
Cercò di raggiungerlo con il suo pensiero ma non ottenne nessuna risposta.
Guardò Bob dritto negli occhi. Non erano per niente umani. Non c'era nessun sentimento in lui. Era solo un pezzo di carne ambulante che eseguiva gli ordini di un bastardo.
– Mai! – gli urlò.
Bob capì che stava per colpirlo e si avventò su di lei.
A differenza della prima volta che lui l'aveva aggredita, Nadia era più forte. Sapeva come agire, sapeva come ferirlo e soprattutto sapeva come ucciderlo. Ma non voleva farlo.
Non era particolarmente brava nel combattimento corpo a corpo, ma Bob era troppo veloce per poter usare la spada su di lui. Con Marcus era stata fortunata. Lui non si sarebbe mai aspettato quel gesto da lei ed era riuscita a ferirlo.
Nadia gli conficcò le unghie sulla carne facendolo urlare di dolore ma lui non demorse. Non fu per niente cauto con lei. Le sferrò pugni in faccia, calci sul ventre, schiaffi. Lei non fu da meno, ma era più debole di lui.
A un certo punto Bob riuscì a mettersi dietro di lei. Con una mano le girò il braccio dietro la schiena facendola quasi urlare di dolore. Con l'altra le stava stringendo il collo, pronto a spezzarlo.
Le annusò la nuca.
– Hai un buon profumo dolcezza – disse spingendo il copro freddo contro il suo – Capisco perché quell'angioletto ti ha sempre voluta tutta per se – il suo profumo di tabacco si fece sempre più intenso – Devi essere una vera puttana a letto!
Nadia non ebbe il tempo di rispondere.
Bob mollò la presa su di lei e si accasciò a terra.
Aveva un pugnale conficcato alla schiena.
Nadia alzò lo sguardo e vide Miguel. Era infondo al corridoio e la stava guardando con quegli occhi dorati colmi di preoccupazione.
Era come se lui non volesse lasciarla andare da sola. Tutte le volte in cui lei credeva che lo avrebbe visto per l'ultima volta, tutte le volte che si convinceva del fatto che stesse facendo la cosa giusta, lui era di nuovo lì davanti a lei.
– Vai! – le urlò.
Annuì e continuò a cercare Marcus con lo stomaco che gli si stringeva e gli occhi che le bruciavano.
Il profumo di Marcus si fece più intenso e Nadia capì che era molto vicino.
Riuscì a sentire il suo respiro affannato dietro quella porta ormai marcia.
Con un calcio aprì la porta della stanza in cui il bastardo si era nascosto.
Era per terra che si teneva il polso sanguinante.
Nadia provò un'infinita pena per quell'uomo. La sua brama di potere lo aveva ridotto in quel modo. Un vecchio angelo che aveva perso l'amore della sua vita e che era stato fregato da un'umana.
– Godi le vedermi così, non è vero? – le chiese l'uomo.
– Tu hai goduto quando hai fatto uccidere mio padre? E quando hai catturato mia madre?
– Non ho mai catturato tua madre! Mi sono solo ripreso ciò che mi apparteneva!
– Non ti apparteneva più – ringhiò lei.
Marcus rise – Ti preoccupi tanto per lei nonostante ti abbia abbandonata proprio adesso che hai bisogno di lei?
Fu un duro colpo udire quella frase.
Era la verità.
Non appena sua madre aveva visto una buona possibilità, era scappata. Doveva essere andata via dalla finestra quando i vampiri erano entrati ad attaccarli, non c'era altra spiegazione.
Questa volta non poteva giustificare quel gesto. Se la prima volta era stata portata via contro la sua volontà, lasciandola da sola di fronte a tutto quello che nel corso degli anni le era successo, questa volta era stata una sua scelta scappare.
Da una parte, però, la capiva. Era stata per molti anni prigioniera di quella bestia. Chiusa in quella stanza senza avere nessuna notizia della sua famiglia, di ciò che le era capitato.
Marcus approfittò del suo momento di debolezza e le lanciò contro qualcosa. Sentì il calore del sangue che le scendeva giù dal braccio.
Nadia quasi urlò per il dolore ma non staccò gli occhi dal suo avversario. Il polso sanguinava ancora ma lui era in piedi, pronto ad attaccarla. Dalla mano ancora intatta, c'era un bagliore rosso fuoco, lo stesso che una volta era comparso nella mani di Miguel.
– Pensavi davvero di avermi messo al tappeto ragazzina? – disse ridendo.
Nadia avrebbe voluto prenderlo a schiaffi ma si limitò ad estrarre quello che doveva essere un pezzo di ferro dalla sua spalla.
– Sei proprio un gran bastardo – disse prima di avventarsi su di lui.
Era molto forte, più di quanto immaginasse, ma non più di Aodhan.
Non che fosse mai riuscita a battere il suo amico alato, ma si illuse di avere qualche possibilità a riuscire almeno a ferire gravemente Marcus.
Iniziò a giocare con lei. Le girava intorno per farla innervosire e ogni volta che lei tentava di colpirlo, lui si spostava di colpa e iniziava a ridere.
– Smettila di giocare Marcus e affrontami da uomo! – gli intimò lei.
– Sono un angelo, non un uomo – precisò – Ma capisco che ti risulti difficile visti gli angeli con cui hai avuto a che fare fino ad ora – Il suo tono era colme di disprezzo – Angeli che credono di potersi spacciare per umani solo per portarsi a letto la propria Protetta.
A quelle parole Nadia non ci vide più dalla rabbia.
Si avventò su di lui con la spada ma Marcus schivò il colpo facendola rotolare per terra.
Nadia si rimise subito in piedi. Era già più debole, facilitargli le cose non era la cosa migliore da fare.
– Dimmi che cosa vuoi da me una volta e per tutte!
Marcus rimase in silenzio per qualche istante.
– Voglio il tuo potere Nadine – disse serio.
– Non ho nessun potere!
– Sei una Protettrice Nata. Tu hai il sangue più pregiato di qualunque angelo io abbia mai incontrato. Puoi curare gli angeli, gli umani. Puoi creare dei vampiri senza aspettare la transizione. Potresti creare un esercito tutto tuo. Potresti addirittura conquistare il Mondo.
Il suo sguardo era vacuo. Era così assetato di potere che quasi stava sbavando come un cane davanti al suo osso.
Non sapeva se quello che le stava dicendo fosse vero. Si ricordò di quando Miguel le aveva accennato dei Protettori Nati. Le aveva detto che erano una razza rara, che gli angeli li ammiravano e temevano allo stesso tempo.
Marcus le aveva dato la caccia per tutto quel tempo perché non riusciva ad accontentarsi di quello che aveva, perché bramava il potere all'ennesima potenza.
Nella sua testa si era convinto che avendo il suo sangue avrebbe potuto davvero conquistare il Mondo.
– Non ti basta quello che hai Marcus? Non sei stanco di lottare contro te stesso?
Marcus la guardò. I suoi occhi erano ghiacciati ma estremamente belli.
– L'eternità è molto noiosa Nadine – disse in uno strano tono – E mi dispiace che tu non possa averne la prova.
Marcus alzò la mano e le lanciò il fuoco angelico addosso.
– No! – urlò lei.
D'istinto alzò la mano e sentì uno strano bruciore. Il fuoco di Marcus l'aveva sicuramente colpita me non provava dolore.
Quando alzò lo sguardo vide Marcus per terra con gli occhi spalancati.
La sua mano bruciava ancora ma non era stato il fuoco di Marcus. Era stato il suo.
Delle fiammelle azzurre galleggiavano nella sua mano. Erano le stesse che erano uscite fuori quando Miguel gli aveva chiesto di curargli l'ala ferita. E le stesse che aveva lanciato contro di lui quando lo aveva visto dopo il funerale di suo padre.
In quel momento capì che in mezzo a tutti i cattivi ricordi, Nadia aveva chiesto a Jeremia di cancellare anche quelli che avrebbero rivelato la sua vera natura.
Fu strano rendersi conto del fatto che lei aveva sempre saputo di essere diversa.
Marcus le lanciò un'altra palla di fuoco ma lei non si fece cogliere impreparata e rispose a sua volta con un'altra palla di fuoco che mandò in frantumi la parete dietro dell'angelo aprendo uno squarcio sul buio della notte.



Miguel sentì un forte rumore provenire dall'altro lato del corridoio e corse fuori.
C'era una luce accecante in quella villa, troppo insolita.
Miguel corse verso quella luce. Sapeva che era fuoco angelico e sapeva che Marcus lo stava sicuramente usando contro di Nadia.
Non poteva sopravvivere a questo. Non era una ferita, non era una pallottola. Marcus l'avrebbe ferita a morte e lui non avrebbe potuto curarla.
Rimase sbalordito quando, una volta raggiunta Nadia, apprese che quel fuoco proveniva proprio da lei.
– Non posso crederci – esclamò Javier che l'aveva seguito.
Miguel fece per entrare ma Jeremia lo bloccò.
Erano accorsi tutti in quella direzione, compresi i vampiri sopravvissuti allo scontro.
– Non puoi entrare lì dentro Miguel.
– Devo proteggerla! – gli urlò lui disperato.
Jeremia diede un'occhiata preoccupata alla situazione.
– Potrebbe ucciderti se per sbaglio dovesse colpirti. E il senso di colpa per averti fatto del male ucciderebbe lei.
Quelle parole lo convinsero a rimanere dov'era.
– Buona fortuna Nadia – disse tra sé.
E rimase immobile a guardare la scena.



Nadia avvertì la presenza di Miguel alle sue spalle.
Avrebbe voluto urlargli di scappare via, di portare in salvo Javier e Jeremia.
Ma se si fosse distratta Marcus l'avrebbe uccisa.
Non che ci fossero molte possibilità di rimanere viva, ma fino a quel momentoera riuscita a schivare ogni colpo.
Marcus smise di lanciarle il fuoco angelico addosso e senza tutto quel baglioreNadia riuscì finalmente a vederlo.
Era stremato. Il suo viso era bagnato di sudore e stava ansimando.
– Non te la darò vinta ragazzina! – gli urlò.
– Sei stremato, non ti reggi in piedi. Sparisci dalla città e giuro che non ticercherò. Ma lasciaci in pace.
– Mai! – e ricominciò a tirarla addosso quelle palle di fuoco.
Questa volta Nadia non fece in tempo a scansarsi. La colpì solo di striscio mail dolore fu lancinante. Si sentì quasi svenire ma si costrinse a stare inpiedi.
– Ora basta!
Incanalò tutta la rabbia che provava contro quell'uomo e lo colpì.
L'impatto fu così forte che le sembrò di sentire il pavimento tremare sotto ipiedi.
Una luce accecante avvolse la stanza costringendola a chiudere gli occhi.
Quando li riaprì Marcus era a terra esanime e sanguinante. Fece qualche passoverso di lui. Si abbassò e gli mise le dita sul collo.
Nessun battito. Era morto.
C'era riuscita. Finalmente lo aveva fermato. Non avrebbe mai più fatto del malea nessuno.
Si voltò verso Miguel e gli sorrise.
– Ce l'abbiamo fatta – disse sorridendo.
Miguel le andò incontro e la strinse forte a sé.
– Ce l'hai fatta Nadia! – disse sorridendo anche lui.
Era tutto così surreale che quasi le sembrava un sogno.
Non le avrebbe più dato fastidio. Aveva salvato se stessa, sua madre e avevafinalmente vendicato suo padre e il padre di Miguel.
Avrebbe potuto finalmente la sua vita. Via da quella città, insieme a Miguel.
Sentì un peso sulla caviglia e le si gelò il sangue. Marcus l'aveva afferrata.
– Se devo morire, tu morirai con me!
Miguel tentò di afferrarla ma non fece in tempo.
Marcus si lanciò nel vuoto avvolto dalle sue stesse fiamme e avvolgendo anchelei.
Urlò per il dolore, cominciò a contorcersi.
L'ultima cosa che vide, prima che le fiamme l'avvolgessero, furono gli occhi diMiguel pieni di lacrime.    

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