CAPITOLO SEI

1.7K 95 1
                                    

Sentì un frusciò alla sua destra e subito scattò in piedi afferrando la pistola.
Aveva un gran mal di testa e ricordi parecchio confusi rispetto alla sera prima, ma questa volta Nadia non voleva farsi cogliere di sorpresa.
La creatura davanti a lei, quell'uomo dai lineamenti così perfetti che sembrava uscito da un dipinto, la guardava con pura indifferenza.
– Non ti servirà a nulla – le disse – Le vostre pallottole non possono ferirci.
Era tanto bello quanto arrogante, pensò Nadia.
– Chi sei e che cosa vuoi da me? – disse nel tono più calmo possibile. In realtà quegli occhi dorati, seppure bellissimi, le mettevano una gran paura.
– Mettila giù – disse indicando la pistola.
Vedendo che Nadia non accennava a obbedire si alzò in piedi. Quel gesto la fece indietreggiare.
– Stai fermo dove sei o sparo su quelle tue magnifiche ali – non sapeva come le fosse venuto in mente di fargli un complimento sulle ali proprio in quel contesto.
L'uomo fece un passo avanti – Ti ho appena detto che...
E sparò.
Aveva chiuso gli occhi prima di farlo e quando li riaprì vide che l'uomo non era più davanti a lei. Il proiettile si era conficcato sul muro.
Cadde per terra. Quel bastardo l'aveva spinta. Le mise le mani dietro la schiena e le tolse la pistola.
Nadia cercò di protestare ma era del tutto inutile.
Era forte. Molto forte.
Eppure non era stato particolarmente brusco quando gli aveva tolto l'arma.
Nadia scattò in piedi – Se dici che non posso farti nulla perché mi hai disarmata?
Lui non fece nessuna espressione – Non sai usare una pistola – disse serio – Potresti farti del male nel tentativo di ferire qualcun altro.
Nadia non protestò.
Quando si alzò la testa le girò così tanto che non riuscì a nascondere il fatto che si sentiva nuovamente svenire.
I suoi occhi balzarono sul jeans strappato all'altezza della coscia. Era incrostato di sangue ma la ferita sembrava rimarginata.
– Ormai è solo un graffio – disse l'uomo alato – La cicatrice però rimarrà.
Incrociò il suo sguardo. Non le sembrò più tanto indifferente in quel momento.
– Che cosa è successo questa notte?
Lui fece qualche passo verso di lei – Al momento non abbiamo idea di cosa volessero quegli uomini da te – poi si diresse verso la finestra e l'aprì facendo entrare l'aria gelida dentro la stanza – Ma lo scopriremo presto.
Stava per lanciarsi e a Nadia mancò quasi il respiro nonostante sapesse che lui non si sarebbe mai schiantato al suolo.
– Dimmi almeno chi sei! – gli urlò.
– Sono un angelo Protettore – disse piano – E il mio nome è...
– Miguel – disse lei incredula.
L'uomo alato schiuse le labbra per parlare ma le serrò un attimo dopo.
Le lanciò un ultimo sguardo e spiccò il volo.


Miguel si mise un po' in mostra, sicuro del fatto che Nadine era rimasta fuori dalla finestra ad ammirarlo. Faceva sempre delle acrobazie in cielo per lei, quando era una bambina.
Jeremia aveva ragione: stava cominciando a ricordare.
Questo sarebbe stato utile se avessero dovuto scavare nel suo passato e capire perché Marcus stava di nuovo tormentando la vita della Protetta. Ma, allo stesso tempo, questo mandava davvero a puttane il lavoro di Jeremia. E, cosa ancora più grave, sarebbero tornati anche i ricordi che riguardavano lui.
Non sarebbe stato in grado di rivedere quello sguardo negli occhi color cioccolato di Nadine.
Per questo aveva pensato di affidare a Javier il compito di sorvegliare la ragazza più da vicino.
Aveva collaborato con il vampiro in passato, quando Miguel ricopriva un ruolo importantissimo all'interno dell'Enclave.
Poi ci fu quell'incidente dei Blain e le cose cambiarono.
Atterrò sul tetto del palazzo di Jeremia.
Se gli uomini avessero fatto più attenzione avrebbero sicuramente capito che quello psicologo era molto più di quello che sembrava.
– La prossima volta che decidi di farmi visita chiama almeno con un paio d'ore di anticipo in modo che possa prepararmi psicologicamente ad affrontare un discorso con te – disse Jeremia.
Indossava una semplice t-shirt nera e un paio di jeans. Un abbigliamento piuttosto insolito considerando che quell'uomo ultracentenario era sempre vestito di tutto punto. Un po' troppo elegante, pensò Miguel.
– Era importante – disse atterrando davanti a lui.
– Nadia sta bene?
Per quanto Miguel fosse stato bravo a mascherare la sua preoccupazione con Nadine, Jeremia lo conosceva da abbastanza tempo per capire quando qualcosa non andava.
– Gli uomini di Marcus l'hanno attaccata.
Jeremia trasalì – Le hanno fatto del male?
Miguel scosse la testa. Era ancora molto arrabbiato per quello che le avevano fatto – Le hanno ferito una gamba – La rabbia crebbe quando pensò allo zigomo violaceo di Nadia.
– Avverto subito l'Enclave e...
– No – disse Miguel posandogli una mano sul braccio – Ho delle conoscenze. Possiamo capire di cosa si tratta prima di avvisare i pezzi grossi.
Ci aveva pensato per tutta la notte. Conoscendoli, sapeva che avrebbero preso la questione un po' sotto gamba. Avrebbero pensato che si trattasse di una semplice aggressione e quando non avrebbero trovato i colpevoli avrebbero sicuramente archiviato il fatto per concentrarsi su cose che avrebbero ritenuto più importanti.
Jeremia sorrise – E pensare che prima eri uno di loro.
– Prima – sottolineò Miguel – Adesso sono solo un Protettore.
– Il migliore – disse Jeremia che non era mai tanto dedito ai complimenti.
Eppure tra loro c'era una stima smisurata. Si erano trovati varie volte a collaborare e lui si era sempre dimostrato un valido aiutante.
Se Javier era abile sul campo di battaglia, Jeremia lo era altrettanto quando si trattava di organizzare spedizioni, fare ricerche e insinuarsi in archivi nascosti di qualsiasi organizzazione segreta.
Uno era il braccio e l'altro era la mente. Due fratelli che, nonostante gli sgrezzi del passato, avevano un legame indissolubile.
– Che cosa pensi di fare con Nadia? Le dirai la verità?
Miguel alzò lo sguardo – Sta iniziando a ricordare.
– Non sembri felice.
Miguel sospirò ma non appena percepì la presenza della Protetta in quel palazzo s'irrigidì.
– E' qua.
Jeremia guardò il cellulare e annuì.
Si grattò la testa. Un gesto così umano in una creatura che aveva perso la sua umanità molto tempo fa – Vado a parlarle.
– Chiama se hai bisogno che ti difenda – disse divertito.
Jeremia rise – Oh senz'altro!
Lo stava lasciando andare quando gli venne in mente una cosa importante – Javier è in città – Jeremia si fermò ma non lo guardò – Ho intenzione di chiedergli di aiutarmi con Nadia.
Attimi di silenzio.
– Ti ho già detto di fare ciò che ritieni necessario – ribadì – Mio fratello è un ottimo guerriero. Sarà più utile qua piuttosto che in giro per il mondo a suonare quella maledetta chitarra.
Scese le scale che portavano ai piani inferiori e sparì nel buio.
Per quanto avesse cercato di sembrare sicuro di sé, in realtà non aveva ben chiaro da dove iniziare.
L'unica cosa utile sarebbe stata fare un giro di telefonate mentre Nadine era con Jeremia.
L'avrebbe aspettata lì per accertarsi che nonostante tutto stesse bene.
Tirò fuori il cellulare dalla tasca dei jeans e iniziò a comporre qualche numero.
Doveva capire che cosa stava succedendo e non poteva perdere altro tempo. 


The ProtectorsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora