CAPITOLO VENTICINQUE

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Il cuore di Miguel si fermò per un istante.
Sapeva che lei lo aveva visto. Non percepiva più il suo stato d'animo da quando era entrato in quella villa abbandonata ma l'istinto gli diceva che Nadia era convinta di non rivederli mai più.
– Dobbiamo seguirli!
Javier lo fermò un'altra volta – Aodhan ha bisogno di cure. Sta perdendo molto sangue.
Miguel abbassò lo sguardo su suo fratello e si chinò su di lui. Gli prese me mani e le strinse forte – Ti prometto che ti porterò fuori da qui.
Lui gli sorrise – Cerca di portare fuori anche Nadia.
Le parole di Bob lo avevano un po' colpito. Sapeva che Aodhan era affezionato a Nadia, ma quella era stata l'unica volta in cui si era reso conto che forse Aodhan provava qualcosa di profondo per la ragazza.
– Aodhan! – Daniel si precipitò su loro fratello e gli prese la testa tra le mani.
– Mi ha chiamato Javier – disse Jeremia in tono preoccupato.
Quella frase sarebbe potuta suonare normale se Miguel non avesse ricordato che avevano lasciato i loro cellulari da Jeremia per evitare di essere rintracciati da qualcuno. Ebbe la conferma che il legame di sangue a volte poteva essere ancora più forte di quanto si potesse pensare. Tra gli angeli era normali comunicare telepaticamente, ma per i vampiri era un po' più complicato. Ci volevano secoli, forse addirittura millenni per acquistare tale abilità. Eppure quei due erano riusciti a riuscirci nonostante avessero poco più di un secolo.
– Maledetto! – sussurrò Aodhan. Stava cominciando a tremare ed era molto pallido. Per quanto si trattasse di un immortale, Aodhan era ancora molto giovane. Non sarebbe morto ma ci sarebbe voluto un bel po' prima di riprendersi. Chi lo aveva colpito sapeva benissimo che gli avrebbe causato un danno abbastanza grave da metterlo KO per un po'.
– Devi portarlo via da qua – disse a Daniel.
Suo fratello lo guardò titubante per qualche istante ma alla fine, senza dire una parola, riuscì a mettere in piedi Aodhan.
– Nascondi le ali, ti porto in ospedale.
– Non voglio umani! – ringhiò Aodhan.
– E' solo per curare la ferita. Una volta finita questa storia torneremo nella nostra villa. Te lo prometto!
Nell'udire le parole di Miguel, Aodhan sembrò rilassarsi. Sospirò e cercò di mettersi in piedi come meglio poteva per non far affaticare troppo Daniel.
Prima di aggrapparsi a Daniel, si protese verso Miguel – Le ho dato la mia katana.
Miguel sorrise. Quell'arma, se usata nel modo giusto, era capace di uccidere un angelo millenario. Aodhan aveva scelto con cura la sua arma quando era bambino ed era stato un gesto astuto lasciarla a Nadia.
Quando sentì il tonfo del grosso cancello che si chiudeva alle spalle dei suoi fratelli, Miguel si concentrò sul da farsi.
– Hai un piano? – chiese a Jeremia.
Lui annuì – Cerchiamo di capire in quale punto della villa l'ha portata e poi...
Sentirono dei grugniti e quando si voltarono videro i vampiri contro cui poco prima stavano combattendo Aodhan e Nadia.
– Sanno che siamo qua – disse Javier a denti stretti.
Jeremia scambiò uno sguardo con suo fratello e iniziò ad arrotolare le maniche della camicia – Cambio dei piani. Diamo una lezione a questi novellini.
Javier sfoderò i canini e si mise in posizione di attacco – Proprio come ai vecchi tempi.
Anche Miguel si mise in posizione, pronto a dare una lezione a quelle creature. Prima li eliminava e prima poteva ritrovare Nadia.




Bob guidò Nadia fino alla fine del corridoio alla cui fine c'erano delle scale un po' mal messe ma agibili.
– Dopo di te – le disse Bob con un sorriso.
Per quanto detestasse l'idea di avere quello schifoso alle sue spalle, decise che era meglio assecondarlo e riservare le sue forze per ciò che sarebbe potuto accadere dopo.
Alla fine della prima rampa si fermò e guardò il vampiro.
– Continua a salire.
E così fece fino ad un altro piano. E poi un altro ancora e un altro ancora.
Dopo quattro piani, Bob la superò e Nadia capì che erano finalmente arrivati. Aveva il fiatone ma cercò di riprendersi il più in fretta possibile.
Il vampiro la condusse in una grande stanza buia, più buia del resto della casa.
C'era uno strano odore metallico che in un primo momento sembrò rugine. Ma quando Nadia annusò meglio, capì che era sangue.
Quando i suoi occhi si abituarono alla luce, vide due sagome bianche. Scintillavano così tanto che le sembrò di rivedere le ali di Miguel la sera in cui si erano rincontrati.
Il ricordo sembrarono così vividi che le sembrò di vederle davvero davanti a sé.
Sbatté le palpebre e socchiuse gli occhi.
Si portò una mano alla bocca quando capì che non era una visione. Davanti a sé c'erano davvero delle ali. Erano bianche e scintillanti.
I suoi occhi si spostarono sul suo proprietario e quasi urlò per la sorpresa.
– Nadia – sussurrò.
La sua voce era la stessa. E anche il suo profumo. Nonostante il sangue, Nadia riuscì a sentirlo bene.
– Mamma – disse incredula.
La donna le sorrise. Seppure fossero passati quasi vent'anni dall'ultima volta che l'aveva vista, il suo volto era lo stesso di sempre. Non c'era neanche una traccia del tempo passato.
– Figlia mia! – sua madre allargò le braccia e si protese verso di lei ma restò bloccata.
Nadia ne capì la ragione quando vide le pesanti catene legate alle sue caviglie. Era da lì che proveniva il sangue.
– E' stato Marcus a farti questo?
Sua madre scosse la testa – E' tutta colpa mia – disse disperata.
– No! Lui è un essere spregevole! Ci ha rovinato la vita!
– Se io non fossi fuggita tutto questo non sarebbe accaduto.
– Fuggita? – ripetè Nadia incredula.
La donna annuì – E' successo moltissimo tempo fa – sospirò – Non avevo mai immaginato che un giorno avrei dovuto raccontarti tutta la verità.
– A quanto pare quel giorno è arrivato.
Sua madre non era esattamente uguale a come la ricordava. I suo occhi erano privi di luce e il suo viso, seppur bello, era pallido e devastato dal dolore.
– Come avrai capito non sono umana. Per anni ho dovuto nascondere la mia vera natura pur di non saltare all'occhio. Ma tu hai sempre capito che c'era qualcosa di diverso in me – disse con un sorriso. Si, era vero. Sapeva che in un certo senso sua madre era diversa ma non aveva mai visto niente di particolarmente insolito che le confermasse la sua idea – Sono una Protettrice – proseguì la donna – Ho protetto per molto tempo uomini e donne concentrandomi sulla città di New York. Ero sposata con un angelo bellissimo e molto potente, ma non ero felice.
– Stai parlando di Marcus immagino.
– Si, era lui il mio consorte.
– Hai detto che non eri felice.
– No, non lo ero affatto. Non era mai sazio di potere. Cercava di accrescersi sempre di più, di conquistare l'inconquistabile. A un certo punto è diventato irascibile, violento. E io ho capito di non amarlo più.
E' stato allora che ho incontrato Charles. Era solo un ragazzo, una nuova e promettente recluta della squadra di polizia di New York. Lui era a conoscenza del mondo degli Angeli, dei Protetti e dei Protettori. Mi ha aiutata a scoprire chi aveva ucciso un mio protetto e io ho aiutato lui ha incastrare il colpevole.
Lavorando insieme ci siamo innamorati. Io ero sposata ma il mio cuore era totalmente libera.
– E quindi hai pensato bene di scappare.
– Era l'unica cosa da fare – disse alzando le spalle – Per molto tempo siamo riusciti a non farci trovare. Anche se ho sempre pensato che in realtà Marcus non aveva nessun interesse nel cercarmi. Fino a quando...
Il racconto di sua madre si interruppe e quando Nadia incrociò lo sguardo della donna, vide i suoi occhi arrossati e stracolmi di lacrime.
– Prosegui – le intimò lei.
Sua madre ricacciò le lacrime indietro e proseguì il racconto.
– Fino a quando non ho scoperto di essere incinte, di te – tirò su col naso – Non so come Marcus abbia fatto ma mi ha trovata e ha mandato i suoi uomini a prelevarmi. Quella volta siamo stati fortunati. Ameon era in città insieme a suo figlio Asos e sono accorsi in nostro aiuto.
– Un momento. Ameon sarebbe il padre di Asos? Lo stesso Asos che mi ha quasi consegnata a Marcus quando avevo solo otto anni? Asos il fratello di Miguel?
La donna annuì – Ad Asos non era ancora stato diagnosticato il gene della pazzia e proprio perché quella volta ci ha slavato la vita abbiamo reputato opportuno che divenisse lui il tuo protettore.
– Perché lui e non suo padre?
– Ameon non è sopravvissuto allo scontro di quella notte. E' stato lo stesso Marcus a porre fine alla sua vita.
Nadia era sconvolta. Marcus non aveva fatto del male solo alla sua famiglia ma anche a quella di Miguel. A giudicare da come si era comportato il suo Protettore, non doveva essere a conoscenza di ciò che sua madre le aveva appena rivelato.
– Ci siamo spostati in un'altra città, sicuri del fatto che non sarebbe mai più ricapitata una cosa simile. Ma ci sbagliavamo di grosso. Asos ha cominciato a manifestare il suo malessere e ci ha traditi. Ci ha consegnati nelle mani di Marcus.
– Ricordo che quella notte c'era un altro angelo. Mi ha cancellato la memoria.
– Quell'angelo è lo stesso che adesso di fa chiamare Superiore. Se tutti sapessero di che cosa è capace, probabilmente lo lincerebbero.
E invece nessuno lo sapeva. Lei aveva ballato con quell'uomo nella villa di Miguel e nessuno si era reso conto di nulla, neanche del fatto che era svanito nel nulla.
– Però non capisco una cosa. Perché Marcus ha tutto questo accanimento nei miei confronti?
– Lui crede che tu...
Sentirono dei passi pesanti attraversare la stanza. Quando Nadia mise a fuoco vide solo due lucine verdi. Erano gli occhi di un angelo. Quando l'uomo si mise sotto la luce, Nadia riuscì a scrutarne meglio il volto.
Aveva piccoli occhi verdi da rettile, un naso importante e labbra sottili. I lunghi capelli grigi legati in una coda ben ordinata. Le sue ali erano nere come la pece e non splendevano di luce propria come quelle di tutti gli angeli che aveva incontrato fino a quel momento.
– Marcus – tirò a indovinare.
L'uomo sorrise e fece un inchino – Forse sarebbe il caso che tu mi chiamassi nel modo più adatto.
– Schifoso bastardo che ha rovinato la vita di molta gente mi sembrava un po' troppo lungo.
Sapeva che quella risposta le poteva costare la vita, ma se proprio doveva morire, tanto valeva dire quello che pensava di lui.
Con grande sorpresa, l'uomo non si irritò.
Guardò sua madre serio – Ancora non glielo hai detto?
La donna rimase in silenzio e abbassò lo sguardo.
– Che cosa dovrebbe dirmi?
Marcus la guardò per qualche secondo e piegò la testa di lato.
– Non hai ancora capito nulla?
– Spiegami di che cosa stai parlando!
– Questa donna ha preso in giro anche te, piccola mia – le fece un giro intorno e poi si posizionò di fronte a lei – Charles Blain era solo un modo per scappare via da me. Non era innamorata di lui.

– Mi dispiace deluderti ma io credo proprio che lei fosse innamorata di mio padre.
– Ah piccola giovane ingenua – disse ridendo – Sono io tuo padre Nadia.
Le mancò la terra da sotto i piedi – Non è possibile.
Guardò sua madre per accertarsi che quell'uomo stava solo dicendo un mucchio di stronzate ma lei sembrava totalmente assente.
Poi riportò il suo sguardo su Marcus.
Lui le sorrise e l'abbracciò.
– Bentornata figlia mia – le sussurrò all'orecchio. 

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