CAPITOLO VENTI

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Nadia si svegliò di soprassalto temendo di essere in ritardo per i test. Fece tutto di fretta e raggiunse l'altro lato della villa, quello che non aveva ancora esplorato e di cui non conosceva neanche l'esistenza.
Miguel non era al suo fianco quando aveva aperto gli occhi. Lo aveva sentito andare via quella mattina presto e aveva capito che probabilmente era stato un errore chiedergli di rimanere nella sua stanza.
Arrivò nel piccolo ambulatorio con il fiatone. Non comprendeva il motivo per cui degli angeli avessero ideato un luogo del genere ma lo trovava comunque geniale. In quel modo non avrebbero dovuto lasciare la villa e farsi visitare da medici dell'Enclave e ogni anomali sarebbe rimasta tra le mura della villa. Probabilmente anche la pazzia di Asos era rimasta segreta.
Scacciò via il pensiero di quell'angelo che Miguel aveva giustiziato anni prima ed entrò in quella che sembrava una piccola stanza d'ospedale.
Seduto dietro la scrivania c'era un uomo con un camice bianco. Non appena incrociò il suo sguardo capì che si trattava di un vampiro.
L'uomo guardò l'ora sul suo imponente orologio da polso e aggrottò la fronte.
– E' parecchio in anticipo – disse in tono pacato – Ma non è un problema.
Eppure le sembrava che fosse tardissimo.
Il vampiro si avvicinò e le strinse la mano – Sono il Dottor Walles.
– Nadia Blain – rispose stringendo la mano gelata.
L'uomo sorrise – Ci conosciamo già.
E capì perché le era sembrato così familiare. Era stata visitata da lui quando avevano portato via sua madre.
– Si accomodi sul lettino.
Fece come le era stato chiesto e da quel momento seguirono una serie di prelievi. Ammirava come quell'uomo riuscisse a mantenere la calma davanti a tutto quel sangue.
Poi fece una serie di controlli. Le controllò gli occhi, le orecchie, la fece mettere in piedi per controllare la schiena passando le mani sulle scapole.
In fine seguirono una serie di domande. Le prime era di routine: nome completo, data di nascita, ecc.. Le domande si fecero via via più personali.
– Ha mai notato qualcosa di strano in lei? Qualcosa che gli altri umani non potrebbero mai fare?
Nadia rifletté per qualche secondo – Credo di avere un olfatto un po' più sviluppato. Ma non sovrumano – disse ridendo.
L'uomo stava scrivendo tutto sul suo taccuino – Altro?
– Nulla mi pare.
Il Dottor Walles alzò lo sguardo – Nulla che riguarda curare gli angeli?
Nadia s'irrigidi.
– Miguel mi ha già messo al corrente della situazione.
Si tranquillizzò e ripenso a quel giorno.
– Non so come sia possibile.
– Siamo qui per scoprirlo – Si alzò e la invitò ad entrare in un'altra piccola stanzetta al cui interno racchiudeva un piccolo laboratorio. Al centro della stanza era stata posta una strana macchina che somigliava molto a quelle che servivano per fare le TAC.
– Devo entrare la dentro?
– Devo vedere delle ultime cose – poi le mise una mano sulla spalla – E' solo questione di secondi.
La fece sdraiare e le inniettò un liquido.
Protestò e lui le spiegò che serviva a tranquillizzarla.
– Concentrati su un ricordo felice.
Lei annuì e quando il lettino iniziò a muoversi chiuse gli occhi.
Non era claustrofobica ma quel posto le stava facendo venire l'ansia. Probabilmente perché da bambina, dopo l'irruzione di tutte quelle creature nella sua casa, aveva fatto un esame simile.
Comincio a prendere grossi respiri e fece come le era stato suggerito dal medico.
La prima immagine che le venne in mente fu la camera da letto di Miguel. Per un attimo pensò che si trattasse del ricordo della notte in cui era andata a chiedere aiuto ma sembrava un po' diversa da quel momento e anche Miguel era diverso. Era vestito in modo meno informale e i suoi occhi erano colmi di tristezza.
Doveva essere successo prima dell'assassinio di suo padre.
Si concentrò e finalmente riuscì a mettere a fuoco quel ricordo.
Aveva capito cosa provava per il suo Protettore e voleva a tutti costi farglielo presente. Lui le aveva detto di non aggiungere altro, che sapeva già.
– Mi farai perdere l'incarico.
Quella frase l'aveva già ricordata in passato ma non era mai riuscita a capire né quando l'aveva sentita di preciso né cosa significasse.
Miguel in quel ricordo sembrava molto turbato ma non per quello che lei le aveva silenziosamente confessato. C'era altro che turbava quegli splendidi occhi dorati.
Quella sera era rimasta alla villa e aveva dormito nella stanza di Miguel mentre lui non era mai rientrato nella camera fino al giorno dopo, quando le aveva detto che suo padre aveva chiesto notizie di lei.
Si era alzata, aveva ripreso le sue cose ed era ritornata a casa con l'autista personale di Miguel. Non ne avevano mai più parlato e con il tempo Miguel aveva cominciato ad allontanarsi da lei.
Era per quello che aveva un po' titubato, qualche tempo dopo, ad andare a parlare con lui degli strani movimenti che aveva notato poco prima che suo padre morisse.
Lui si era allontanato e lei lo aveva fatto di conseguenza. Ma gli era mancato, gli mancava ogni giorno. E quando lo aveva rivisto quasi le tremavano le gambe.
– Nadia?
La mano fredda del Dottor Wals la fece trasalire. Doveva avere uno sguardo parecchio strano considerando come la stava guardando il Dottore.
– Ero sovrappensiero.
Il medico annuì – Ho visto che ti stavi agitando e ti ho fatto uscire fuori.
Non sapeva come spiegare quello che aveva appena ricordato e per fortuna non fu necessario. Il dottor Wals doveva aver capito che non voleva parlare del motivo per cui si era agitata e l'aveva fatta accomodare nella prima stanza, quella in cui l'aveva riempita di domande.
Doveva parlare con Miguel il prima possibile.
Aveva molte cose a cui pensare. Poteva essere una persona diversa da quella che aveva sempre pensato di essere e in giro c'era qualcuno che la voleva per sé viva per poi, probabilmente, ucciderla. Ma non le importava. Se proprio doveva morire, non voleva restare con il rimpianto di aver tenuto per sé tutte le sue domande.

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