Dopo una notte di sogni confusi, Nadia era stata costretta a prepararsi per un appuntamento poco gradito.
Miguel le aveva lasciato un biglietto in cui le diceva di farsi trovare sul tetto del palazzo di Jeremy e che Javier sarebbe stato lì ad aspettarla.
Di certo non avrebbe mai immaginato che l'angelo dalle ali blu aveva deciso di farla massacrare dal suo amichetto vampiro.
– Devi prepararti nel caso in cui qualcuno decidesse di aggredirti – le aveva detto Javier dopo averla messa al tappeto due volte.
Alla terza volta Nadia aveva tentato invano di dargli un calcio allo stomaco ma Javier, grazie alla sua velocità molto sviluppata, non solo aveva evitato il colpo, le aveva anche afferrato il piede facendola roteare su se stessa prima di farla cadere nuovamente con il sedere per terra.
– Così non vale! Io sono umana, non posso essere veloce quanto te!
Era la prima volta che si rendeva conto del fatto che sia Javier sia Miguel non erano suoi simili.
Javier avrebbe potuto spezzarle una gamba se solo avesse voluto ma ci stava andando piano e questo la consolava un po' nonostante i lividi che le sarebbero spuntati sul corpo il giorno successivo.
– Basta Javier! Ti prego! – protestò dopo l'ultima scivolone.
Il vampiro scosse la testa divertito – Non abbiamo ancora finito.
– E invece sì.
Nadia si voltò e vide Jeremy. Era vestito in modo meno casual dall'ultima volta che si erano incontrati. I suoi occhi erano fissi su quelli di Javier. Uno sguardo che diceva molte più cose di quelle che sembravano.
– Fratello – disse quest'ultimo facendo un inchino.
Quando li guardò meglio, Nadia si rese conto del motivo per cui aveva notato dei lineamenti familiari in Javier.
Avevano lineamenti simili ma gli occhi erano identici.
Jeremy lo ignorò – Nadia vai subito nel mio ufficio.
Non le aveva mai parlato con quel tono e Nadia preferì non discutere e fare ciò che le era stato detto.
Jeremy richiuse la porta alle sue spalle e solo allora Nadia ebbe il coraggio di fare la domanda che le stava martellando in testa.
– Da quanto tempo non vi vedevate?
Lo sguardo di Jeremy sei fece cupo. Stava pensando sicuramente a qualcosa di particolarmente spiacevole.
– Troppo perché le cose possano tornare com'erano un tempo – rispose. C'era un velo di malinconia nella sua voce.
Nadia non aveva fratelli ma ne aveva sempre desiderato uno.
Avrebbe voluto dire a Jeremy che qualunque cosa fosse successo tra i due, per quanto potesse essere stata grave, avrebbero potuto risolvere. Ma non erano affari suoi quindi si limitò a stare in silenzio.
– Hai dormito bene? – le chiese d'un tratto.
Lei annuì. Per quanto strani, quei sogni non erano niente di spaventoso a confronto di tutti quegli incubi che aveva avuto nel corso della sua infanzia. Ricordava poco, probabilmente anche grazie alle sedute speciali di Jeremy, ma qualcosa la ricordava ancora.
Sangue sul pavimento.
Bossoli.
Una pallottola nel petto di suo padre.
Ali insanguinate.
Quell'ultimo dettaglio la fece trasalire.
Non aveva mai pensato ad ali insanguinate.
– Tutto bene?
Jeremy aveva sicuramente notato il suo sguardo.
– C'erano degli angeli la notte in cui mio padre è stato assassinato?
Assasinato.
Non lo diceva da anni.
Si era sempre limitata a dire che suo padre non c'era più. Una frase facilmente fraintendibile. Ripensare al fatto che in realtà glielo avevano portato via le fece salire una rabbia tremenda.
– C'era Asos – rispose Jeremy guardandola negli occhi.
– Le sue ali erano... nere?
Scappa Nadine! Scappa!
Sua madre che implorava pietà.
Odore di sangue in tutta la casa.
Doveva proteggermi invece mi ha fatto del male. Mi voleva portare con sé. Voleva portarmi dove ha portato la mamma.
– Nadia!
Era sul pavimento. Il sudore freddo che le colava dalle tempie. Il respiro affannato.
Jeremy le stava tenendo i polsi con delicatezza e la scrutava con i suoi grandi occhi.
– Degli angeli volevano rapirmi – disse in preda allo shock – Hanno preso mia madre perché non voleva dire dove mi trovassi!
Calde lacrime le stavano rigando il volto.
Non piangeva da anni e il fatto che quei ricordi l'avessero fatta stare così male le faceva capire in parte il motivo per cui suo padre aveva deciso di farle dimenticare tutto quanto.
– E' colpa mia Jeremy – disse dondolandosi – L'hanno presa per colpa mia...Quando Miguel arrivò nell'ufficio di Jeremy, trovòNadia rannicchiata in un angolo che si dondolava.
– Che cosa le hai fatto? – urlò al vampiro di fronte a sé.
Jeremia mantenne il suo solito atteggiamento pacato – Ha ricordato.
Miguel cercò di scrutare i suoi occhi in attesa di altre risposte ma il vampirosi alzò da terra e si sistemò la giacca.
– Portala a casa. Ha bisogno di tranquillizzarsi.
Senza pensarci due volte, Miguel prese tra le braccia quella piccola creaturache oramai si era fatta una donna, e la portò a casa in volo.
Lei non si lamentò nemmeno quando lui la poggiò sul letto e le mise una copertaaddosso.
Il suo corpo era un continuo tremore.
Piccola Nadine, pensò.
Mentre gli passava un dito sulla guancia, convinto del fatto che oramai stesseriposando, Nadia aprì gli occhi.
Lo fissò per lunghi istanti con quello sguardo innocente da ragazzina che nonle aveva mai visto negli ultimi giorno passati insieme.
– Hai ucciso tu Asos....
A quelle parole il cuore di Miguel ebbe un sussulto.
Aveva paura.
Paura che lei, ricordando la brutalità con cui aveva fatto a pezzi il suostesso fratello, fosse scappata.
Avrebbe potuto vegliarla a distanza. Imporle la sua presenza.
Ma la verità era che non voleva.
Era troppo affezionato a quell'umana.
– Io... – non sapeva cosa dire. Una angelo potente come lui restò senza paroledavanti a un'umana.
Lei socchiuse gli occhi. Era stanca sia fisicamente sia mentalmente.
Per quanto forse la seduta con Jeremy le fosse sembrata lunga, in realtà erarimasta la dentro per quasi tutto il pomeriggio.
– Non ho avuto paura – disse con gli occhi ormai chiusi – Avevo paura di quelloche Asos stava per farmi ma sapevo che tu mi avresti salvata. Sapevo chesaresti arrivato.
Si sentì strano.
Sentiva uno strano calore nel petto che non aveva mai sentito prima di quelmomento.
Ogni volta che la guardava continuava a vedere quella ragazzina che gli urlavacontro le peggiori cose, quella ragazzina che da bambina lo rincorreva nelgiardino di casa come se fosse la cosa più normale del mondo. Allo stessotempo, però, notava il suo cambiamento.
Nadia era cresciuta, questo gli era abbastanza chiaro. Ma insieme alcambiamento della ragazza stava cambiando anche il modo in cui lui la percepiva.
No, non era più una ragazzina. Lo capiva dai suoi occhi non più impauriti.
Nadia era forte, una delle umane più forti che avesse mai incontrato.
E non c'entrava il fatto che le avessero conservato i ricordi in quell'angoloremoto che solo lei poteva conoscere.
Era forte perché nonostante tutto quello che le era capitato, aveva sempretrovato la forza di lottare. Non si era mai arresa.
Spostò la poltrona più vicino al letto e si sedette.
Le mise una mano sulla fronte e socchiuse gli occhi.
– Dormi piccola Nadine – disse piano – Non avrai nessun incubo neanche questanotte.
STAI LEGGENDO
The Protectors
FantasyIl freddo era arrivato presto nella ormai tranquilla cittadina di Green River. Quella sera Nadia non avrebbe dovuto fare tardi. Avrebbe dovuto finire il suo turno al Blacky, correre verso l'ultimo autobus che l'avrebbe portata verso casa, mettere le...