CAPITOLO TRE

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La domenica non era successo nulla di strano o particolarmente sospetto.
Matt le aveva dato la serata libere per riposare e, anche se in normali circostanze avrebbe protestato, questa volta aveva preferito cogliere al volo l'occasione per riprendersi.
Non c'era più stata traccia né di quello strano profumo né di quegli uomini.
Nonostante ciò, stava sempre attenta. Aveva preso sempre strade principali e mai scorciatoie o vicoli stretti e bui. Aveva frequentato posti sempre molti affollati e non aveva preso l'autobus di notte per tornare a casa. Inoltre teneva sempre la pistola sul comodino la notte. Non sarebbe mai riuscita a sparare. Suo padre questo non glielo aveva assolutamente insegnato. La faceva stare un po' più tranquilla sapere che, nel caso in cui si fosse trovata in pericolo, avrebbe avuto un modo per difendersi.
Il lunedì era il suo vero giorno libero, quello che Nadia sfruttava per fare alcune commissioni, per riordinare casa o semplicemente per dedicarsi un po' a se stessa. Ma, quel lunedì, aveva un appuntamento importante e aveva passato tutto il giorno a pensare e ripensare a come avrebbe fatto a raccontare tutto quanto a Jeremy.
Il suo studio era in un palazzo che, visto da fuori, sembrava un grosso e triste blocco di cemento. Non aveva bisogno di suonare al citofono quindi salì le scale e raggiunse il terzo piano. Bussò alla porta e la donna senza età che stava alla reception la fece accomodare.
– Non ci vediamo da molto – le disse cordiale.
Era una donna magrolina con dei lunghi capelli biondi e la carnagione molto chiara, quasi bianca. I suoi occhi erano di uno strano nocciola. Da quando la conosceva non era mai cambiata. E ne erano passati di anni!
– Nadia – la chiamò Jeremy. Era un bel uomo sulla quarantina dai tratti interessanti. Una volta le aveva detto che era nato in Bulgaria e che era arrivato in America con i suoi fratelli in cerca di fortuna. Evidentemente la sua ricerca era andata a buon fine considerando che si era preso varie lauree ed era uno degli psicologi più bravi di tutto il Paese. Nadia si permise di chiedere coma mai non si spostava in città più grandi in cui avrebbe potuto guadagnare molto di più ma lui le aveva risposto che nonostante tutto Green River era una cittadina tranquilla e lui odiava il caos delle grandi metropoli.
Nadia gli sorrise e lo seguì nel suo studio. Era molto accogliente con quel profumo di menta che s'addiceva perfettamente a Jeremy.
– E' proprio come me lo ricordavo – mormorò tra sé prima di sedersi sulla grande poltrona di pelle nera.
Jeremy si sistemò davanti a lei e prese un cuscino tra le mani.
– Mi dispiace di aver sfruttato il tuo unico giorno libero ma mi è sembrata una cosa seria.
Sicuramente l'aveva presa per pazza quando aveva sentito quel messaggio disperato inviato alle tre del mattino. Ma era Jeremy, lui la capiva sempre. D'altronde era il suo lavoro.
– Spiegami che cosa è successo.
Nadia prese un respiro e iniziò a raccontare tutto.
Gli racconto di quei due uomini di venerdì notte. Di come il secondo uomo avesse ucciso a sangue freddo quella ragazza dai lunghi capelli castani. Gli raccontò che stava per spararle e che era sicura di avergli sentito premere il grilletto. E poi di quello che era successo il sabato.
Ancora non si capacitava del fatto che Matt non avesse visto nulla, neanche il ragazzo con gli occhiali da sole che sarebbe stato impossibile non notare.
– E poi quella piuma blu – disse d'un fiato – Di nuovo.
Jeremy sembrò irrigidirsi – Perché di nuovo? Non è la prima volta che la vedi?
Nadia scosse la testa – Appena l'ho vista mi è subito sembrata familiare ma non riuscivo a capire perché –
La sera stessa gli vennero in mente alcuni ricordi della sua infanzia e aveva deciso di annotarlo sul suo taccuino – Poi mi sono ricordata che da piccola ne trovavo spesso in giro e le avevo riposte tutte in una scatola argentata – sospirò – Forse era anche per questo motivo che mio padre mi ha portata qua. Probabilmente anche lui aveva pensato che fossi impazzita...
– Tuo padre non ha mai pensato una cosa del genere – la rimproverò Jeremy – Dovresti essergli grata anche per questo. Aveva capito che non sarebbe stato in grado di aiutarti e quindi ti ha mandato qua da me.
Il tono di Jeremy sembrava quasi un rimprovero e Nadia, consapevole del fatto che stesse dicendo la cosa giusta, incassò senza aggiungere altro.
Jeremy prese un respiro, si sistemò gli occhiali e si rilassò nuovamente, assumendo la sua solita espressione seria e indagatrice.
– Tutto quello che mi hai appena raccontato sembra quasi surreale...
– Non mi credi, non è vero?
Jeremy si tolse gli occhiali, li poggio sul tavolino di vetro di fronte a lei e si inclinò un po' in avanti
– Nadia, io ti credo – le disse guardandola negli occhi – Più di chiunque altro al mondo – Si rimise composto ma non riprese gli occhiali – Probabilmente ti sei solo trovata al posto sbagliato nel momento sbagliato. Matthew non ha sentito nulla perché era indaffarato e probabilmente i due uomini di cui parli erano semplici forestieri. Proprio come quel ragazzo di cui mi parlavi.
Nadia annuì. Sembrava un'ipotesi plausibile.
– Non c'è nulla di strano in tutto questo – disse con un tono un po' diverso dal solito – Tornatene a casa e non indagare su questa storia. Quella ragazza non l'hai mai vista. Non la conoscevi neanche prima. Riposati, conduci la tua vita di sempre. Dimentica tutti i pensieri negativi che hai fatto in questi ultimi giorni.
Non era strano solo il suo tono ma anche il suo sguardo. Era seduto sul tavolino di vetro e le stava tenendo le braccia.
Quando si era fatto così vicino? E perché aveva di nuovo quella strana sensazione di stanchezza improvvisa?
– Mi hai capita Nadine?
Nadine.
Anche quel ragazzo l'aveva chiamata così.
Annuì e si alzò dalla poltrona. Uscì di corsa e la strada verso casa le sembrò infinita. Si sentiva strana. La testa pesante e il battito stranamente irregolare.
Qualcosa non andava e lo strano comportamento di Jeremy la preoccupava. Perché aveva negato di ricordare che lei gli aveva parlato delle piume blu e argento? E perché le aveva detto di non pensare più a quello che era successo?

Jeremy non fece in tempo ad alzare la cornetta del telefono che quello suonò.
Rosemarine, la sua segretaria e compagna da secoli, aveva direttamente passato la chiamata al suo ufficio.
Jeremia – la voce dall'altro capo del telefono l'avrebbe riconosciuta ovunque ma il fatto che non era stato altrettanto per Nadia lo sollevava.
– Che cosa hai combinato? – lo rimproverò – Ti rendi conto che hai mandato anni di lavoro a puttane?
Dall'altro capo del telefono sentì un sospiro – Era in pericolo e io...
– Sai cosa vuol dire vegliare da lontano? O hai bisogno che ti faccia un disegnino?
Era furioso e se lo avesse avuto davanti lo avrebbe riempito di pugni.
– Ricorda tutto quanto Miguel! TUTTO!
Non poteva vederlo ma era certo che il quel momento era impallidito – Hai cancellato di nuovo tutto?
Si passò una mano tra i capelli – Non credo che questa volta abbia funzionato. E andata via spaventata e confusa.
– Lo so.
– La stai ancora seguendo?
– Sta succedendo qualcosa Jeremia.
Ma questo Jeremy lo sapeva già. Aveva sentito qualche voce in giro e sapeva che c'erano gli uomini di Marcus che stavano girando per la città. Non si avvicinavano da anni a Green River e il fatto che improvvisamente fossero ritornati non prometteva nulla di buono.
– Non posso vegliare da lontano – aggiunse Miguel interrompendo i suoi pensieri.
– Ma suo padre ti aveva detto...
– Non m'importa Jeremy! La stavano uccidendo l'altra sera! Hanno ucciso quella ragazza perché era molto simile a lei, ne sono certo!Se non fossi stato lì...
– Sarebbe morta – finì lui la frase perché sapeva che Miguel non era in grado di capacitarsi del fatto che un giorno la piccola Nadine non ci sarebbe più stata e la sua vita non avrebbe più avuto lo stesso senso che aveva adesso.
Vegliare su un'umana a volte poteva anche sembrare una seccatura ma Nadia era una persona davvero interessante e anche lui avrebbe voluto il privilegio di vegliare su di lei.
A Miguel era stato affidato l'incarico di vegliare sulla ragazza quando il primo Protettore si era rivelato incapace di eseguire la sua missione. Era stato lo stesso Charles a chiedere all'Arcangelo, un figura potente e millenaria che guidava l'ordine dei protettori di tutto il mondo, di assegnare Miguel.
– Fa ciò che ritieni necessario – gli disse.
Chiuse il telefono e prese la giacca.
Sapeva che Miguel avrebbe protetto Nadine a costo della sua stessa vita. Era già successo.
Quando uscì dal suo ufficio, Rose lo guardò preoccupata – Guai in vista?
Jeremy le sorrise per rassicurarla. L'ultima cosa di cui avevano bisogno era ripercorrere i pericolosi ricordi dell'ultimo arrivo di Marcus nelle loro vite – Andiamo a casa tesoro. È stata una lunga giornata.
Non era ancora il momento di rivelare alla sua compagna di vita che cosa stava accadendo. Prima voleva fare qualche ricerca.
Se era davvero tornato, doveva prepararsi ad accoglierlo come meglio meritava.

Miguel stava sorvolando l'area in cerca di Nadine. Conosceva la ragazza da molto tempo e sapeva benissimo che sarebbe andata a rifugiarsi nell'unico posto in cui si sentiva più al sicuro: la cappella di famiglia.
Se fosse stato umano avrebbe pensato che era un luogo un po' troppo macabro ma la sua esperienza da Protettore gli aveva insegnato che a volte anche il posto più angusto e pauroso può essere speciale per un umano.
Charles sapeva che prima o poi sarebbe successo e quando lo aveva contatto, Miguel aveva pensato che fosse solo un uomo un po' troppo paranoico.
Nadine aveva perso i genitori in un lasso di tempo troppo breve e questo l'avrebbe segnata per tutta la vita.
Si era pentito di quel pensiero poco tempo dopo, quando la peggior paura di Charles si era manifestata davanti ai suoi occhi e a quelli della sua bambina.
Aveva visto il dolore nei suoi occhi al funerale del padre. Avrebbe voluto consolare quella ragazzina spaventata e spezzata, ma la cosa migliore era che lei lo dimenticasse per sempre.
Atterrò sul tetto di una cappella che sembrava più una casa che un luogo in cui venivano custoditi corpi privi di vita da decenni.
Era abbastanza in alto da poterla osservare. Era a gambe incrociate per terra, avvolta nell'ombra, ma lui poteva benissimo vedere quanto fossero lucidi i suoi occhi. Se si fosse sforzato avrebbe anche potuto sentire che cosa stesse confidando a quel pezzo di marmo che custodiva il corpo ormai polverizzato di Charles.
Decise di rilassarsi e si sedette sul tetto. Non aveva intenzione di perderla più di vista.
Fai ciò che ritieni necessario¸ gli aveva detto Jeremia. E lui lo avrebbe fatto. 

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