CAPITOLO VENTISEI

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I vampiri che si erano scagliati contro di loro si rivelarono molto più forti di quanto previsto.
Se Javier e Jeremia fossero stati appena creati, probabilmente avrebbero perso la vita già da un pezzo. Miguel non aveva mai messo in dubbio le loro abilità e quando li aveva rivisti combattere uno a fianco all'altro aveva avuto la conferma che quei due avevano un legame speciale.
– Sali al piano di sopra – gli urlò Jeremia – Qui possiamo cavarcela da soli.
Lanciò un'occhiata a Javier che, seppur impegnato a combattere con una vampira dai capelli blu, sorrise e annuì per confermare quello che suo fratello aveva appena detto.
– Ci rivediamo tutti la fuori! – disse Miguel prima di correre verso la fine del corridoio buio.
Era strano ritrovarsi in quella villa. Aveva passato poco tempo in quel luogo quando era bambino ma ricordava tutto alla perfezione. Ci era ritornato da adulto insieme ad Asos, prima che lui impazzisse.
Gli si strinse lo stomaco al ricordo di come lo aveva giustiziato. Se chiudeva gli occhi riusciva ancora a vedere il volto sorpreso di suo fratello quando aveva capito che sarebbe stato proprio Miguel a porre fine alla sua vita.
Scosse la testa e si concentrò su Nadia.
Gli sembrò di sentirla nuovamente e ne fu sollevato. Credeva che quel posto fosse intriso di chissà quale barriere che non gli stava permettendo di mettersi in contatto con la sua Protetta. Aveva provato la stessa sensazione quando si era allontanato da Green River per qualche giorno. Se non fosse arrivato in tempo Nadia sarebbe già nelle mani di Marcus, probabilmente sarebbe anche morta.
Jeremia gli aveva fatto notare che era molto strano il fatto che lui riuscisse a sentire gli stati d'animo della ragazza. Miguel aveva sempre pensato che fosse normale. Nonostante i suoi quasi duecento anni, Nadia era la prima umana che proteggeva e avrebbe tanto voluto che fosse l'ultima. Non aveva mai aspirato a un ruolo del genere. Aveva frequentato l'Accademia,proprio come tutti i suoi fratelli, ma quando suo padre gli aveva trovato un posto all'Enclave ne era stato sollevato.
Non aveva nessun pregiudizio contro gli umani, al contrario li ammirava. Ma allo stesso tempo li vedeva molto fragili e aveva paura di non essere all'altezza.
Con Nadia però era diverso. Lei non era un'umana come gli altri.
Lei non era per niente umana, gli ricordo una piccola vocina nella sua testa.
Scacciò il senso di colpa per non averle detto nulla e salì le scale, fino alla fine. Si ritrovò in un altro corridoio buio. Quello era un punto della casa in cui gli era stato proibito entrare e anche quando suo padre non c'era più e lui era ormai adulto non ci aveva mai messo piede.
Quando sbirciò nelle stanze capì il motivo.
C'erano delle vasche verticali che un tempo erano sicuramente riempite di acqua o di chissà cos'altro.
Sembrava un vero e proprio laboratorio e probabilmente lo era davvero. C'era di tutto lì dentro.
Siringhe, fiale, sangue.
Si concentrò sulle voci che provenivano dalla fine del corridoio e si mise in posizione di attacco, pronto ad affrontare qualsiasi cosa si sarebbe presentata.
Sentì chiara la voce di Marcus. Stava raccontando a Nadia qualcosa e non faceva altro che ripetere una parola.
Figlia mia.
Miguel spalancò gli occhi e capì.
Se la madre di Nadia era la donna che un tempo era stata sposata con Marcus, allora c'era una vaga possibilità che quest'ultimo potesse essere il suo vero padre.
Sentì una voce nella sua testa e per un momento pensò di essere diventato pazzo anche lui.
Sembrava proprio la voce di Nadia che lo stava chiamando.




Nadia era ancora stordita da quanto aveva appena sentito.
– Non è possibile! Lei è andata via da te prima di essere incinta. Non potresti mai essere mio padre!
Marcus scosse la testa – A quanto pare tua madre si ostina ancora a mentire – disse lanciando un'occhiataccia alla donna che oramai si era rannicchiata in quell'angolo buio.
Nadia stava per controbattere ma si fermò. Marcus le stava dando la caccia da anni. Possibile che fosse solo perché aveva il dubbio che lei fosse sua figlia?
Doveva giocare d'astuzia. Solo in quel modo avrebbe trovato il modo di scavare più a fondo in quella assurda situazione.
– Adesso che mi hai trovata puoi anche spiegarmi cosa volevi di preciso da me – disse nel tono più calmo possibile.
Marcus sorrise. Un sorriso così ghiacciato che Nadia dovette distogliere lo sguardo per un attimo per non rabbrividire.
– Sei mia figlia Nadine. Volevo ricongiungermi a te.
– Avresti potuto scrivermi una lettera o presentarti personalmente anziché mandare quei vampiri a fare del male alle persone a cui tengo.
– Se stai parlando del locale è stato un incidente.
– E di Javier? Anche quello è stato un incidente?
– Avrebbe dovuto fare il suo lavoro – disse con un tono molto minaccioso – E poi non credevo ti stesse a cuore visto che ti ha quasi consegnato a noi. Proprio come quel tuo Protettore, Miguel.
Improvvisamente Nadia sentì l'odore di vaniglia insinuarsi nelle sue narici.
Miguel? , disse nella sua testa.
Poi il profumo si fece più intenso.
Mi senti?

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