CAPITOLO SEDICI

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Era nella camera da letto di Miguel. Si era fatta venire a prendere dal suo autista dopo scuola e aveva aspettato che lui si liberasse dai suoi impegni. Quando la raggiunse, indossava una camicia bianca di raso e dei pantaloni eleganti. L'evento doveva essere molto più importante di quanto previsto. Lo aveva capito perché lui era molto scocciato per il fatto che lei lo avesse disturbato.
– Scusami, ma era molto importante.
Lui ignorò le sue scuse – Sentiamo – disse incrociando le braccia sul petto.
– Qualcuno ci sta seguendo.
Alzò gli occhi al cielo – Nadia ancora con questa storia? E' stato solo un caso!
Si riferiva alla settimana prima. Un gruppo di ragazzi aveva tentato di rapinarla e lei si era spaventata a morte.
– No Miguel! Ti dico che questa volta è qualcosa di serio. Ho sentito mio padre parlare al telefono con Jack.. Qualcosa non va!
– Non dovresti ascoltare le conversazioni degli adulti.
– Miguel ti prego! Manda qualcuno o controlla tu stesso. Sono sicura di quello che ti sto dicendo.
Miguel prese un respiro, come faceva tutte le volte in cui voleva mantenere la calma.
– Manderò qualcuno domani mattina, va bene?
– Non può venire nessuno adesso?
– C'è una tempesta fuori Nadia. Non posso rischiare che qualcuno si faccia male.
Nadia annuì – Promettimi che manderai davvero qualcuno domani.
– Te lo prometto.
Nadia si diresse verso la porta ma lui la trattenne per un braccio.
– Non è prudente partire per Green River adesso.
– Voglio tornare a casa.
– Ci tornerai domani. Andremo insieme.
Ma lei voleva tornare da suo padre. Non si fidava a lasciarlo da solo.
– Devo andare via.
Miguel la guardò per un ultima volta e le lasciò andare il braccio.
Quando arrivò a Green River, non andò nel suo nuovo monolocale. Voleva passare da suo padre. Fare colazione insieme e farsi accompagnare all'università.
Nonostante avesse pregato Charles di farla andare via di casa, le mancava il tempo che passava insieme a suo padre.
Quando aprì la porta capì subito che qualcosa non andava.
– Papà? – ma suo padre non rispose. Lo cercò in cucina e poi nel salotto. Era sulla sua poltrona, la tv era ancora accesa.
Pensò che forse si era addormentato là la notte precedente. Capitava spesso.
Ma quando notò il modo scomposto in cui era posizionato il corpo del padre sulla poltrona di pelle marrone, capì che non stava dormendo.
Si portò le mani alla bocca.
– Papà! Papà! – cominciò a scuoterlo con forza ma suo padre non le dava retta. Il suo corpo era cosparso di sangue e il suo corpo non era molto freddo. Non era morto da molto.
Avrebbe dovuto chiamare Miguel ma non aveva voglia né di vederlo né di sentirlo. Lui non le aveva creduto quando gli aveva detto che qualcuno li stava spiando. Non le aveva creduto né la sera prima né la settimana prima, quando glielo aveva già fatto presente.
Prese il telefono e compose il numero dell'unica persona che poteva aiutarla davvero in quel momento.
Rispose al secondo squillo.
– Tutto bene?
Sospirò e guardò per l'ultima volta il corpo martoriato del padre.
– Lo hanno assassinato. Hanno assassinato mio padre.

Si svegliò urlando e si portò una mano alla bocca non appena se ne rese conto.
Adohan fece irruzione nella sua stanza e le andò vicino.
– Che succede?
Lei era ancora confusa, spaventata. Come aveva fatto a dimenticare una cosa così brutta?
Cominciò a sudare freddo e a dondolarsi, proprio come quella volta in cui aveva iniziato a ricordare nello studio di Jeremia.
Questa volta però si sentiva più forte e sapeva come riprendersi.
Quando tornò in sé guardo Adohan. Era appoggiata con le spalle sul suo petto nudo. Le sue mani facevano su e giù sulle sue piccole braccia.
– Va meglio?
Nadia annuì.
– Vuoi parlarne?
Si voltò per guardarlo. Il suo sguardo era colmo di tenerezza.
– Ho ricordato il giorno in cui mio padre è stato assassinato...
Tutto quel sangue, le sue stesse urla. Le era sembrato di essere di nuovo lì.
– Ero venuta qua la sera prima, dovevo parlare con Miguel.
Adohan aggrottò la fronte – Si, me lo ricordo! E' stata la sera in cui...
Un tonfo sulle sue teste. Qualcuno era atterrato sulla terrazza.
Aodhan scattò in piedi. Era in posizione d'attacco.
– Resta qui!
E si precipitò in corridoio lasciandola da sola con i suoi tristi ricordi.

Quando Miguel vide suo fratello uscire di corsa dalla stanza di Nadia, provò una strana sensazione allo stomaco. Non sapeva bene di cosa si trattasse ma aveva voglia di prenderlo a pugni.
– Miguel – lo chiamò con un sospiro di sollievo – Pensavo che qualcuno si fosse intrufolato in casa nostra.
– Non saresti stato preparato – disse osservando il torso nudo del fratello.
Aodhan spalancò gli occhi – Non è come sembra Miguel. Ero nella sua stanza perché...
– Miguel.
Alle spalle di Aodhan comparve Nadia.
Indossava una canottiera e un paio di pantaloni molto corti. Aveva i capelli incollati sulla fronte sudata e gli occhi stravolti.
Gli stava puntando addosso quei grandi e irresistibili occhi color cioccolato e improvvisamente si sentì stupido per la reazione che aveva avuto.
Aodhan non ci avrebbe mai provato con Nadia. Non gli avrebbe mai fatto questo.
– Ci vediamo sul terrazzo tra dieci minuti.
E voltò le spalle ai due. Doveva tornare con i piedi per terra e capire se il dubbio che gli era venuto all'Enclave fosse fondato o meno.

Si fece la doccia più rapida della sua vita, si infilò un paio di jeans e una tshirt e sistemò i capelli dietro le orecchie.
Salì le scale lentamente fino alla terrazza. Miguel era a braccia conserte appoggiato con la schiena sulla ringhiera.
La guardava con quei suoi occhi color oro facendola sentire piccola piccola.
– Non è successo nulla con Aodhan.
Era la cosa meno opportuna da dire ma non sapeva come rompere il ghiaccio.
La sue espressione non mutò affatto. Ma un attimo dopo si ritrovò per terra dall'altro lato della terrazza.
Lui l'aveva travolta e l'aveva scaraventata per terra.
Scattò in piedi e, senza chiedere spiegazioni, si avventò su di lui.
Tentò di colpirlo ma lui si spostava in continuazione. Non volava, ma era come se lo facesse talmente era veloce.
Neanche lui, però, riusciva a colpirla. Nonostante fosse lenta, riusciva a schivare i colpi di Miguel.
Era stanca, lui la stava stremando. A un certo punto Miguel riuscì ad acchiapparla ma Nadia afferrò il pugnale nascosto e lo ferì a un'ala. Lui, sorpreso, si ritrasse di colpo.
Si pentì di quello che aveva fatto non appena vide il sangue colare su quelle bellissime piume.
Mollò il pugnale e si avvicinò all'angelo.
– Mi dispiace Miguel, non pensavo che...
Ma non ebbe il tempo di finire la frase. Miguel si avventò nuovamente su di lei e la scaraventò a terra. Era a cavalcioni su di lei e le stava tenendo le braccia incollate al pavimento ruvido.
I loro visi erano vicinissimi. Lei riusciva a sentire il calore del suo respiro.
Lui si avvicinò di qualche millimetro sfiorandole il naso e socchiuse gli occhi. Un attimo dopo però era accanto a lei. Era scattato in piedi e si teneva l'ala.
Il sangue continuava a scorrere ed era parecchio strano.
– Non dovrebbe essere guarita?
– Tu come lo sai?
– Aodhan mi ha insegnato alcune cose in questi giorni – disse con un sorrisetto pensando a quando si era ferito per farle vedere quanto guariva in fretta – Dobbiamo medicarla.
Senza aspettare che lui le rispondesse, prese delle garze e del disinfettante nell'armadietto in cui c'erano le armi e si precipitò accanto a Miguel che continuava a guardarsi l'ala con aria preoccupata.
– Non ti eri mai ferito?
Miguel la guardò – Si – aveva la fronte sudata – Ma sono sempre guarito.
Nadia iniziò a tamponare il sangue e riuscì a fermare l'emorragia.
– Mi dispiace Miguel – Passò una mano sulla ferita e sentì una strana scossa, meno intensa dell'ultima volta.
La ferita di Miguel si rimarginò e Nadia non potè credere ai suoi occhi.
Miguel aveva la sua stessa espressione sorpresa ma poi le prese le mani e sorrise.
– Adesso ho capito!
– Io no però.. che cosa sta succedendo?
Miguel le passò una mano sulla guancia – Sei speciale Nadia. E adesso ho capito perché...
– Cosa? Io...
Qualcuno stava salendo su da loro e Nadia si allontanò subito da Miguel.
Quando vide la donna dai lunghi capelli biondi ebbe un illuminazione.
Socchiuse gli occhi, incredula del fatto che la donna fosse la e che lei ricordasse il suo volto.
– Agatha.
La donna le sorrise, quel sorriso malvagio che le rivolgeva tutte le volte che la incontrava.
– Vorrei tanto dirti che sono felice di vederti. Ma non è affatto così – disse la donna acida. Poi spostò lo sguardo su Miguel – Andiamo mio consorte, dobbiamo disfare i bagagli.
Consorte.
Dunque si erano sposati.
Ricordò qual'era l'evento a cui aveva partecipato Miguel la sera in cui si erano visti l'ultima volta.
Era il suo fidanzamento.


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