CAPITOLO DICIOTTO

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Come previsto, Aodhan le aveva chiesto di andare al ballo con lui. Glielo aveva chiesto solo il giorno prima, alla fine dell'allenamento, e lei aveva accettato. Non era molto sorpresa, ma aveva cercato di non farglielo capire.
Essere invitati era l'unico modo per partecipare a quell'evento. Nadia era umana e, per quanto i Protettori e gli angeli in generale avessero un gran rispetto e una strana attrazione per i mortali, senza invito non poteva presenziare a quell'evento.
Per quanto ne aveva capito, Miguel avrebbe portato Agatha ma sembrava una cosa parecchio contro voglia. Nadia aveva notato il modo in cui la guardava e questo le aveva dato la conferma che lui non provava davvero nessun sentimento per la donna angelo. Chissà se lui avesse mai amato quella donna.
Bussarono alla porta e Nadia si voltò. Era pronta già da un pezzo ma non aveva avuto il coraggio di uscire dalla sua camera.
Aodhan entrò con una rosa bianca e gliela porse sorridendo.
– Non avresti dovuto.
Lui scosse la testa – E' il minimo che possa fare per omaggiare tale bellezza – disse indicandola.
Nadia si sentì lusingata da quelle parole ma non ci credeva molto. Non si sentiva per niente bella, nemmeno dopo aver indossato quel lungo abito amaranto che aveva trovato quella mattina sul suo letto quando era rientrata dal consuetudinario allenamento con Aodhan. Non aveva mai indossato nulla del genere e si sentiva un po' a disagio, ma ammise a sé stessa che quel colore la stava molto bene. L'abito sembrava le calzava a pennello, come se fosse stato cucito apposta per lei.
– Parlavo del vestito – disse lei con un sorriso.
Aodhan la guardò sorpreso – Non te l'ho mandato io – Ci fu un leggero cambiamento nella sua espressione. Una cosa impercettibile ma che Nadia gli aveva visto fare in occasioni passate.
A volte credeva che Aodhan fingesse di essere sempre così spensierato e menefreghista. A primo impatto sembrava molto simile a Javier, ma era solo una maschera. C'era qualcosa di oscuro che turbava quell'incantevole angelo. Nadia lo aveva capito quando Miguel era partito per l'Enclave. Era stato parecchio sovrappensiero anche se aveva tentato di mascherare il tutto con il suo solito buonumore. Lei non aveva fatto domande. Odiava impicciarsi degli affari altrui. Era convinta del fatto che prima o poi Aodhan si sarebbe aperto con lei. Che se avesse voluto parlarne lo avrebbe fatto.
– Gli invitati sono quasi tutti arrivati – disse Aodhan con un sorriso.
Aveva appreso solo quella mattina che il ballo si sarebbe tenuto in quella villa e quella notizia l'aveva un po' turbata. Si sentiva troppo esposta, un pesciolino rosso in mezzo a una vasca piena di squali.
– Sei sicuro che sia il caso che io partecipi?
Aodhan le prese le mani tra le sue e la guardò negli occhi – Sei al sicuro con noi, nessuno ti farà del male.
Nadia annuì ma, per quanto quello sguardo fosse molto rassicurante, non aveva annientato le sue preoccupazioni.
– Andiamo – le disse in tono dolce.
Lei annuì e insieme uscirono dalla stanza per dirigersi verso al piano inferiore, nella sala in cui si teneva l'evento.
Tremava e Aodhan doveva essersene accorto perché le afferrò la mano e gliela strinse, come se volesse ricordarle che lui era la insieme a lei, che non era da sola.
Quando arrivarono davanti alla grande porta di vetro, ebbe un attimo di esitazione ma, non appena incrociò lo sguardo dorato di Miguel dall'altra parte della sala, si tranquillizzò ed entrò. Era strano l'effetto che gli faceva. Poteva trovarsi nella più pericolosa delle situazioni, ma avere il suo Protettore accanto annientava ogni sua paura.
Non furono pochi quelli che si voltarono a guardarla. Non solo era umana, ma era anche la Protetta di Miguel. Era sicura del fatto che tutti lì dentro conoscessero la sua storia. Altrimenti non vi era altra ragione per cui la stavano guardando in quel modo.
– Vuoi qualcosa da bere?
Nadia scosse la testa – Non saprei... Io...
– Ho capito, faccio io – disse Aodhan che le lasciò la mano per dirigersi verso il tavolo in cui servivano gli alcolici.
D'istinto cercò Miguel tra la gente ma di lui non c'era nemmeno l'ombra. In quel momento si sentì sola e molto esposta. Non conosceva nessuno e il fatto che tutti la stessero fissando in quel modo le metteva parecchia soggezione.
– Finalmente ci hai degnati della tua presenza.
Quando vide Jeremy e Rosemary quasi pianse per la felicità. L'istinto era quelli di gettare le braccia al collo di quell'uomo che per tanti anni l'aveva aiutata ma, visto il contesto in cui si trovavano, preferì mantenere un certo contegno.
– Non immagini quanto sono felice di vederti – disse piano.
Jeremy sorrise e, prima ancora che potesse dire qualcosa, arrivo Aodhan.
– Scusami ma non c'è nulla di interessante – disse indicando il tavolo degli alcolici. Poi rivolse uno sguardo a Jeremy e a Rosemary – Che piacere vedervi – fece un piccolo inchino a Rose – Posso rubarti la dama per un ballo?
Jeremy sorrise – Fai pure ma non approfittarne troppo!
Rose diede un leggero bacio sulla guancia al suo consorte e si diresse nella pista da ballo insieme ad Aodhan. Non sapeva esattamente quanti anni avessero, né da quanti anni stessero insieme, ma sembravano fatti per stare insieme. Avevano un modo di guardarsi, un modo di comunicare tutto loro.
Quando Aodhan era abbastanza lontano, Nadia si avvicinò un po' più a Jeremy.
– Devo dirti delle cose – gli sussurrò all'orecchio.
– Lo so – gli porse la mano – Vieni, balliamo.
Nadia lo seguì e per qualche secondo si fece guidare dai passi lenti di Jeremy. Non amava ballare, non si era mai trovata in una situazione in cui fosse necessario farlo. Ma suo padre la faceva sempre ballare sui suoi piedi quando era una bambina e aveva imparato qualche passo.
– Qualche altro ricordo? – chiese Jeremy dopo un po'.
Annuì – Solo della mattina in cui ho trovato mio padre... – sospirò – Grazie per avermi fatto dimenticare.
– Ho solo fatto in modo che tu ricordassi quando saresti stata pronta ad accettare il tuo dolore – la corresse lui.
Ma non era quello il punto. La domanda che le stava martellando in testa da giorni era un'altra.
– Perché ti ho chiesto di legare i miei ricordi a Miguel?
Jeremy sospirò – Io ti ho detto di legarli a qualcosa che non avresti mai più ricordare, la cosa che più ti faceva stare male. Qualcosa che volevi tenere sepolta nel profondo della tua anima.
– Dovevo odiarlo molto se ho pensato proprio a lui – disse con un sorriso.
– Così pensavi quando sei arrivata da me la notte che abbiamo sepolto tuo padre...
Jeremy stava iniziando a usare quel suo tono enigmatico che non prometteva nulla di buono. Si guardò intorno per accertarsi del fatto che nessuno stesse facendo troppo caso a loro.
– C'è qualcosa che non mi stai dicendo.
Jeremy si fermò un minuto e la guardò negli occhi.
– Non capisci, vero?
– Che cosa dovrei capire?
Jeremy scosse la testa – Non ti sei mai chiesta come mai hai iniziato a ricordare tutto nel momento in cui lo hai rivisto?
Non aveva mai riflettuto su questo particolare eppure era andata proprio così. Per anni non aveva ricordato granché di quel periodo. Solo che suo padre era stato assassinato, che Jack lo aveva trovato e l'aveva chiamata. Le aveva detto che erano entrati dei ladri in casa, che lui aveva tentato di difendersi.
Povero Jack, pensò, chissà quanto era stata dura per lui tenere nascosta la verità per tutti quegli anni.
– Si, ma non capisco
– Se davvero lo avessi odiato, anche rincontrandolo non avresti dovuto ricordare nulla, nemmeno lui.
Tutta quella suspense la stava irritando e spaventando allo stesso tempo.
– Jeremy vai al dunque! – lo rimproverò.
Jeremy sembrava sul punto di pentirsi di avergli dato quelle informazioni. Ma poi si fermò nuovamente e la guardò negli occhi – Tu lo amavi Nadia.
Il suo cuore mancò un battito.
– Oh no, ti sbagli! Lui non...
– E' così che stanno le cose Nadia. Non c'è altra spiegazione.
Guardò dietro di lui e notò che qualcuno la stava fissando.
Era proprio Miguel. Aveva gli occhi spalancati, come se avesse sentito quello che Jeremy le aveva appena detto.
– Non può essere.. Lui è un angelo, è più...
– Grande? Potente? Pericoloso? – scosse la testa – L'amore non guarda in faccia niente e nessuno, Nadia.
Prima ancora che potesse replicare, la musica si fermò e Jeremy tornò dalla sua consorte.
Quando guardò davanti a sé, incrociò nuovamente lo sguardo di Miguel. Stava andando verso di lei.
Forse era il caso di parlarne con lui. Magari avrebbe capito se quello che le aveva appena detto Jeremy era vero o se erano solo supposizioni.
Era quasi riuscita ad afferrare la mano che lui gli stava porgendo ma la musica ripartì. Era tempo di un altro ballo. Non fece in tempo ad avvicinarsi perché un angelo dalle ali bianche si mise tra di loro.
– Mi concede questo ballo signorina?
Stava per replicare, quando vide Agatha che ballava insieme a Miguel.
Cercò di scaricare quanto più possibile la frustrazione e accettò l'invito di quell'angelo.
Sembrava molto più anziano di Miguel. Non che sapesse quanti anni avesse Miguel per la precisione, ma quell'Angelo con cui stava ballando era molto diverso.
– Finalmente la conosco Signorina Blain.
– Nadia – lo corresse – Tutta questa formalità..
– Non è abituata, non è vero?
Il suo tono sembrava quasi accusatorio.
– Presto si abituerà, Nadia – aggiunse – Miguel troverà un modo per averla ancora accanto a sé.
– Non capisco cosa sta cercando di dirmi.
Sentì un pungente odore di tabacco.
C'erano state due sole occasioni in cui aveva sentito quell'odore. Quando Javier l'aveva assalita e la notte in cui avevano ucciso quella ragazza.
Scava più affondo, disse una voce nella sua testa.
La musica continuava ad andare e sembrò che la stanza si stesse muovendo lenta.
– Stai ricordando ragazzina?
Quella voce. La conosceva.
Lo guardò meglio e capì.
Era lì, quella notte. Era lui che aveva colpito sua madre facendola cadere per terra. Era stato lui a trovarla sotto il letto dei suoi genitori e a trascinarla fuori prendendola per i capelli.
Era stato lui a farle dimenticare l'accaduto. Ma evidentemente non aveva fatto bene il suo lavoro.
Lui strinse un po' la presa sul suo fianco e la fece avvicinare un po' di più al suo corpo.
– Tua madre ti saluta – le sussurrò all'orecchio.
Prima che Nadia potesse avventarsi su di lui, la musica finì e lui scomparve tra la folla approfittando del cambio di partner.
Sentì una mano su una spalla e incrociò lo sguardo preoccupato di Aodhan – Tutto bene?
Lei sbatté le palpebre e lo fisso. Improvvisamente il vestito le sembrò troppo stretto e iniziò a mancarle l'aria.
– Non respiro Aodhan...
Lui non se lo fece ripetere due volte. Le prese la mano e la condusse verso quell'ala della villa che lei non ricordava neanche.
Arrivarono in un giardino un po' trascurato. E solo quando il suo respiro diventò regolare riuscì a parlare.
– Quell'angelo mi conosce.
– Tutti ti conoscono qua Nadia. Sei la Protetta di Miguel, la bambina per cui ha lasciato il suo ruolo di Superiore...
– Era in casa mia la notte in cui hanno rapito mia madre.
Aodhan trasalì – Ne sei sicura?
Annuì – Mi ha detto che mia madre mi saluta.
– Ma non può essere. Se lui era la non dovrebbe essere ancora vivo... – Sembrava confuso tanto quanto lei – Dobbiamo dirlo a Miguel – disse riportando lo sguardo su Nadia.
Nadia gli mise una mano sul braccio – Non adesso Aodhan. Attireremo l'attenzione.
Aodhan sembrava indeciso ma restò seduto al suo fianco su una panchina in cemento parecchio malconcia.
– Se era qui deve essere stato invitato – disse tra sé – Ti ricordi com'è fatto? Sapresti riconoscerlo se ti mostrassimo una serie di foto?
– Non potrei mai dimenticare quegli occhi.
A primo impatto non lo aveva notato ma erano rossi come il sangue. Ancora più paurosi di quelli di Javier e di tutti i vampiri con cui, purtroppo, aveva avuto a che fare negli ultimi mesi.
– Forse è meglio che ritorni nella tua stanza. Rimarrò fuori dalla porta di guardia fino alla fine della festa.
– Non è necessario. Goditi la festa.
– Non sei tu a decidere – disse brusco – Miguel non può allontanarsi. Sarebbe troppo sospetto. Se io mi allontano nessuno lo noterà.
C'era un velo di tristezza in quella frase.
Non doveva essere facile essere il fratello minore di quello che sembrava uno dei Protettori più famosi e adulati tra la cerchia dei Protettori.
Nadia si alzò e gli prese la mano – Andiamo.
Lui le sorrise e afferrò la sua mano. Insieme tornarono nel corridoio in cui erano disposte tutte le camere da letto. Aodhan recuperò la sua spada dalla sua camera da letto e la posizionò nel fodero dietro la schiena, in mezzo alle sue ali.
– Grazie – gli disse con un sorriso.
Lui sorrise a sua volta. In quel momento sembrava autentico. Non era come le altre volte. Non stava fingendo.
– Ringraziami quando avremo ucciso quel lurido bastardo.

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