CAPITOLO VENTOTTO

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Appollaiato su un tetto, Miguel osserva per l'ultima volta Green River.
Negli ultimi venti anni quella città è stata la sua seconda casa. Ha passato tra quei tetti i momenti più intensi della sua secolare esistenza.
Ma oramai non c'era più nulla lì che lo facesse sentire a casa.
Nadia era morta da quasi tre mesi oramai.
Non era stato fatto nessun funerale perché il corpo si era ridotto in polvere, avvolto dalle fiamme di Marcus.
Non era riuscito a dare la triste notizia né a Jack né a Matthew. Preferì che le persone che tanto l'avevano amata pensassero che lei avesse lasciato la città per un po' lasciandoli con la speranza che prima o poi, magari, vi avrebbe fatto ritorno e avrebbero potuto riabbracciarla. Sarebbe stato troppo doloroso per loro apprendere che Nadine Blain non faceva più parte del mondo terreno e non voleva che altri patissero tale sofferenza.
Nelle ultime settimane era rimasto sul tetto che si affacciava sull'appartamento di Nadia. Era rimasto lì in silenzio giorno e notte ad aspettare. Come se lei potesse arrivare da un momento all'altro, scostare le tende color crema, affacciarsi e sorridergli per poi fargli cenno di raggiungerla dentro.
Ma non sarebbe mai potuta accadere una cosa del genere.
Per quanto fosse doloroso, Miguel doveva rassegnarsi. Nadia era morta e lui non aveva fatto nulla per evitare che accadesse. Avrebbe vissuto con il rimorso di averla portata a Green River quella notte per tutta la vita.
Guardò un ultima volta l'appartamento e poi spiccò il volo diretto alla sua villa fantasma, come lui stesso oramai la definiva.
Ad aspettarlo sul terrazzo del suo ufficio c'erano Daniel ed Aodhan.
– Non fare venire nessuno. Non ho ancora voglia di incontrare gente – disse a Daniel.
– Come vuoi fratello.
Aodhan lo seguì silenzioso nel suo ufficio.
– C'è qualcosa che vuoi dirmi – disse Miguel con voce roca.
Per quanto potesse ancora sentirsi scosso, non lo era poi così tanto da non accorgersi del fatto che Aodhan gli stava nascondendo qualcosa.
Il ragazzo sospirò.
– Non abbiamo trovato il Superiore da nessuna parte e non c'è traccia nemmeno di Agatha. Rachele pensa che siano scappati insieme.
Rachele. Non vedeva né sentiva sua sorella da molto tempo.
Era una donna angelo parecchio buona di cuore ma non ammetteva che qualcuno ferisse la sua famiglia. Probabilmente era venuta a sapere di ciò che era successo a Nadia e sapendo quanto Miguel tenesse a lei aveva preso parte alle ricerche del Protettore e di Agatha.
Se mai li avesse trovati lei per prima avrebbe fatto patire loro le pene dell'inferno.
– Prima o poi sbucheranno fuori. Non sono molto astuti.
Aodhan annuì e sospirò.
– L'Enclave chiede di te. Dopo che l'ex Superiore è scappato via hanno bisogno di un Capo.
– E pensano che io possa ricoprire quel ruolo? – sorrise – Possono toglierselo dalla mente. Non tornerò mai più in quel posto.
Quello che era successo gli aveva solo confermato di quanto fosse corrotto e crudele l'Enclave. Per millenni avevano custodito segreti e nascosto faccende gravi solo per non sembrare deboli agli occhi dei Protettori e di tutti gli altri Angeli e Arcangeli.
Lui non voleva più far parte di quel mondo.
Aodhan sembrò ancora molto nervoso.
– Non è tutto?
Aodhan si prese qualche secondo per riflettere. Le ferite che aveva riportato in quella villa abbandonata erano già guarite da un pezzo. Ma quelle che avevano segnato il suo cuore non si sarebbero mai rimarginate, proprio come quelle di Miguel.
– Devo partire per Los Angeles.
– Per quanto tempo?
– Spero per poco – il suo tono era molto preoccupato ma Miguel non fece altre domande. Aodhan era un Protettore, era grande oramai.
– Sii prudente e non esitare a contattarmi in caso di necessità – disse dandogli una pacca sulle spalle.
Aodhan sorrise – Starò via per poco – ribadì.
Miguel sospirò – Grazie per tutto quello che hai fatto per me e per Nadia. So quanto sia difficile per te affrontare questa situazione. L'hai amata quasi quanto la amo io.
Ed era vero. Nadia non c'era più ma Miguel non avrebbe mai potuto smettere di amarla.
Aodhan non disse nulla. Non aveva mai tenuto nascosto il sentimento che provava per Nadia.
Lo guardò un ultima volta e uscì richiudendosi la porta alle spalle.
Miguel era convinto che ci fosse ancora qualcosa sotto ma preferì scacciare via quel pensiero.
Sentì dei passi nel corridoio e capì che c'era qualcuno dietro la sua porta.
Quando bussarono avrebbe voluto distruggere la grossa scrivania di vetro per via della frustrazione ma cercò di mantenere la calma.
– Non ricevo visite – si limitò a urlare – Chiunque tu sia, torna tra qualche anno!
Ma continuarono a bussare e a bussare fino a che Miguel, ormai frustrato, aprì la porta dell'ufficio.
– Che diavolo... – Le parole gli morirono in bocca.
Sentì quel solito calore allo stomaco che cominciò a propagarsi per tutto il corpo.
Non può essere vero, disse tra sé.
E invece lo è, rispose una vocina nella sua testa. Ma quella non era una vocina qualunque.
Ancora piena di lividi e un po' più gracile del solito, Nadia era proprio di fronte a lui. Lo stava guardando con quei suoi grandi occhi color cioccolato.
– Tu sei morta. Ho visto le fiamme avvolgerti – disse incredulo.
Nadia non rispose. Lo prese per mano e richiuse la porta alle sue spalle.
– Forse è il caso che ti spieghi che cosa è successo negli ultimi tre mesi.
Miguel si sedette su una delle due poltrone e rimase lì, in silenzio ad ascoltare.
– Mia madre mi ha presa prima che toccassi terra e mi ha curata. Mi sono risvegliata un mese dopo in una piccola casa di legno e fango in Thailandia avvolta in vestiti di seta e con accanto una borsa piena di soldi, un telefono, delle provviste di cibo e un biglietto.
E' rimasta con me fino a quando non sono del tutta guarita e poi è andata via lasciandomi solo quelle cose.
Ho chiamato Jeremia. Aveva il tono di chi aveva appena sentito un fantasma ma mi ha creduta ed è venuto a prendermi personalmente insieme ad Aodhan.
– Jeremia e Aodhan sapevano che eri viva? – disse con tono rabbioso. In quel momento capì che cosa gli stava nascondendo suo fratello.
– Ho chiesto io di non fartelo sapere. Era ancora troppo presto per far sapere che ero ancora in circolazione. Se avessi chiamato te per primo o se ti avessi detto dove mi trovavo, saresti stato poco discreto e avresti destato troppi sospetti.
– Posso almeno sapere dove sei stata nascosta?
Nadia sorrise – Nello stesso posto in cui ogni giorno tu ti aspettavi di vedermi.
Miguel era incredulo – Eri nel tuo appartamento?
Calde lacrime scesero dagli occhi di Nadia – Avrei tanto voluto affacciarmi, dirti che era tutto okay e che stavo bene ma non potevo. Ero ancora troppo debole per affrontare chiunque si sarebbe presentato alla mia porta e di sicuro non sarei sopravvissuta – tirò su col naso – Ma adesso è diverso – disse con tono risoluto.
– Cosa vuoi dire?
– Durante la mia convalescenza ho sviluppato alcune abilità che prima non avevo. Sono sicura che se qualcuno dovesse solo provare a far del male a me o alle persone che amo potrei ridurli in cenere senza neanche muovere un muscolo.
Miguel non aveva voglia di fare altre domande. Si alzò dalla sedia e la strinse forte a sé.
Avrebbe voluto piangere per la felicità e allo stesso tempo ucciderla per tutto il dolore che aveva provato ma pensò che ne era valsa la pena.
– Adesso dove andrai? – le sussurrò all'orecchio.
La sentì ridere – Ovunque andrai tu – si spostò per guardarlo negli occhi – Il mio posto è al tuo fianco Miguel.
Quella frase spense definitivamente tutta la sofferenza patita in quelle lunghissime settimane.
– Ma che cosa c'era scritto nel biglietto?
Il volto di Nadia si rabbuiò.
– Non l'ho mai letto. Temevo che ci fossero delle assurde spiegazioni per cui mi aveva abbandonata di nuovo.
– Potremmo leggerlo insieme, se ti va.
Nadia sorrise – Magari un'altra volta. Adesso voglio solo recuperare il tempo che ho trascorso senza te.



FINE 

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