5. Sei una tigre Margaret

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Oggi era finalmente domenica, e la voglia di di vivere era pari a zero.

Non avevo più visto Sean da quello strano giorno a scuola.

Scesi rapidamente le scale, andando verso la cucina, oggi mi sentivo stranamente di buon umore, forse perché appunto era domenica.

"Buongiorno" affermai rivolta a mia madre che preparava beatamente la colazione.

"Buongiorno, sembri felice oggi" notò facendo un sorriso.
Io annuii, sedendomi a tavola.

Lei continuò a sorridere in un modo strano, che mi fece corrugare la fronte.

"Anche tu sembri entusiasta" constatai appoggiando le mani sotto il mento.

"È vero..." sorrise sospirando.

"Sei una tigre Margaret, sei una tigre!" Una voce forte e roca mi arrivò alle orecchie, e non mi ci volle molte per capire di cosa mio padre stesse parlando.
Ecco spiegata la felicità di mi madre.

Che schifo.

"Oh...ciao Cindy, stavi per fare colazione?" Mio padre rimase un po' spiazzato nel trovarmi in cucina, e mi rivolse un sorriso imbarazzato.
Feci una faccia disgustata, alzandomi dalla sedia.

"Si infatti, stavo, ma ora non ho più fame" dissi leggermente schifata.
"Vado a fare una passeggiata, ho bisogno di un po' di aria" continuai liquidando i miei genitori con un cenno della mano.

Uscii dalla porta di casa, sbattendola con forza.
Certo svegliarsi e sentire certi discorsi non era sicuramente una bella cosa, anzi, era parecchio indecente.

C'era un'aria parecchio fresca e un clima davvero niente male; infatti, mi piaceva da pazzi uscire di casa e camminare.
Tanto per schiarire un po' le idee e dare aria al cervello.
La domenica era l'unico giorno in cui avevo un po' di pace, a meno che non dovessi studiare.
Anche se ora, dal momento che ero entrata nella squadra di football, avrei potuto avere delle partite.
Mi faceva così strano aver davvero realizzato il mio sogno, sembrava tutto così irreale.
Pensando a questo mi sfuggì un sorriso, che ritirai immediatamente per non sembrare una pazza che rideva da sola.

"Mi sembri contenta, kicker. Stai per caso pensando a me?"

Mi irrigidii, convinta di aver sentito male.
Ma poi vidi un'ombra affianco alla mia e sobbalzai.

"Pensavi che fossi un miraggio?" Rise a fior di labbra, lanciandomi un'occhiata divertita.
"No, in realtà speravo di avere le visioni e che non fossi davvero vicino a me."

Sbuffai sonoramente e mi allontanai di qualche passo da Sean. Sentivo l'agitazione prendere possesso di me ogni volta che si avvicinava e la cosa non faceva altro che infastidirmi.
La vera cosa di cui preoccuparsi però, era del perché me lo trovavo sempre tra i piedi, soprattutto ora, a una decina di metri da casa mia. Era alquanto snervante e inquietante.

"Vuoi spiegarmi perché sei ovunque io vada?"
Lo fisso sbiadita, con un sopracciglio sollevato e le labbra increspate.
Lui sorrise con quel solito ghigno fastidioso sul viso, che lo rendeva tremendamente arrogante e anche maledettamente irresistibile.

"Te l'ho già detto kicker, probabilmente è un segno del destino."

"Io continuo imperterrita a dire che sono sfigata e basta." Risposi a tono, scoccandogli un'occhiata annoiata.

"Comunque," ripresi curiosa. "Come mai da queste parti? Non è che vivi qui in giro vero?"
Lo guardai con la bocca spalancata e gli occhi sbarrati, sperando in una sua risposta negativa.

"No, kicker. Per tuo dispiacere vivo dall'altra parte del paese. Ma ero da...da un'amica, diciamo." Il ghigno si allargò, facendomi bene intendere ciò che voleva dimostrare quell'espressione.
Capii all'istante.

Footlover - amore in campo di giocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora