27. Non hai la piu pallida idea di chi sono

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"Sean? Sei tu?"

Si voltò completamente nella mia direzione, si tolse il cappuccio, portando lentamente le mani sui bordi e dopodiché mi guardò scioccato, lo era addirittura più di me.
Sembrava che avesse visto un fantasma.

Era a qualche passo da me, così mi sollevai, sbattendo via tutte le foglie che mi si erano appiccicate ai vestiti e a piccoli passi mi diressi verso di lui.
Mi inginocchiai al suo fianco, senza un motivo valido e lo vidi scrutarmi da sotto le ciglia.

Aveva gli occhi iniettati di sangue, erano lucidi e il suo viso era sciupato. Sembrava proprio avesse pianto come un bambino.

"Stai bene?" Domandai, insistentemente, piegando la testa verso di lui.
Allungai la mano e toccai la sua, ma fu come se mi fossi bruciata, perché Sean, di colpo, aumentò la distanza fra di noi.
Rimasi ammutolita e osservai il suo profilo pronunciato.

La mascella tirata faceva quasi più paura del solito e gli occhi rossi erano più inespressivi di sempre.

"Perché mi stai parlando? Non dovresti essere arrabbiata con me dopo quello che ti ho detto?"

La sua voce roca mi arrivò dritta in faccia come una folata di aria gelida.

"Hai ragione." Dissi, quasi balbettando.

"Ma a differenza tua se vedo una persona stare male cerco di aiutarla e non mi prendo gioco di lei."

Stavo palesemente riferendomi all'atteggiamento che Sean aveva usato con me il giorno prima e sperai che in qualche modo anche le mie parole lo ferissero come le sue avevano ferito me.
Ma quando puntò i suoi occhi verdi, che erano diventati quasi neri, nei miei, tutte le mie incertezze si tramutarono in paranoie.

"Non mi pare di essere venuto a chiederti la carità." Sputò acido, mordendosi il labbro inferiore.

Troppo infuriata e spaesata dalle sue parole, mi guardai attorno per evitare di scoppiare a piangere di nuovo, cosa che ultimamente mi accadeva molto spesso, ma nel momento in cui vidi la foto del ragazzo nella lapide, mi venne una morsa al cuore.

"C-chi è?" Chiesi, con il respiro affannato.

Il suo sguardo si fece ancora più cupo, ma non mi guardò, si limitò a consumare le sue scarpe.

"Fatti gli affari tuoi Cindy, sarà la centesima volta che te lo dico."

A quel punto mi alzai, tesi le braccia in avanti e gli diedi una spinta. Lui non si scompose di un centimetro.

"Fanculo Arscott." Dissi, secca.

"Sai che ti dico?" Sospirai, portandomi indietro una ciocca di capelli. "Che sei uno stronzo, un coglione e uno stupido idiota. Ma io sono ancora più stupida di te a sperare di ricevere una tua chiamata o un tuo messaggio, io..."

Mi bloccai, sentendo una goccia d'acqua sulla mia guancia. Sollevai la testa e notai che era appena cominciato a piovere. Fantastico.
Già ero depressa di mio, ci mancava la pioggia a peggiorare la situazione e come se non bastasse, non avevo niente con cui coprirmi; almeno le lacrime che da qui a poco mi sarebbero sicuramente scese, le avrei potute mimetizzare con le gocce di pioggia e così, magari, sarei apparsa meno ridicola di quanto già io non mi sentivo.

Sean rise amaro. "Pensavi davvero che ti avrei richiamata? Perché avrei dovuto farlo? Mi pare di essere stato chiaro ieri, eri un'obbiettivo, troppo noioso da portare a termine, quindi dovresti solo ringraziarmi, ti ho risparmiato il pianto che di solito alle ragazze fa più male."

Footlover - amore in campo di giocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora