40. Cindy non ha il coprifuoco

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«Mi riaccompagni a casa?» Chiesi, sistemandomi meglio l'asciugamano che rischiava di cadermi.

«Ovvio, c'è da chiederlo? Che schifo di fidanzato sarei se non ti accompagnassi a casa?»

«Fai schifo lo stesso, non preoccuparti.» ridacchiai, spostandomi da lui di qualche passo. Ma non feci in tempo a togliere la distanza perché lui con uno slancio mi venne addosso e mi racchiuse fra il suo corpo e il muro.

«Ci metto due secondi a toglierti quell'asciugamano di torno, perciò non ti conviene provocarmi.» i suoi occhi mi bruciavano la pelle e le sue mani erano appoggiate ai lati del mio viso.
Il suo sguardo si fece seducente, voglioso, ma allo stesso tempo quel suo solito ghigno beffardo alleggiava sulle sue labbra.

Istintivamente, provai ad avvolgermi con gli avambracci, ma le mani di Sean si staccarono dal muro e afferrarono i miei polsi, schiacciandoli contro la parete.

Oh merda.

Riuscivo a vedere il mio petto salire e scendere a causa del mio respiro affannato, causato dalla sua rapida vicinanza e dal suo fiato caldo sul mio collo. «Come se avessi il coraggio di farlo.» sussurrai, rendendomi immediatamente conto, dal suo sguardo, che avrebbe sicuramente avuto il coraggio di farlo.

Sean inarcò un sopracciglio, maliziosamente, sollevando leggermente verso l'alto un solo lato delle labbra, in un sorriso sbieco e divertito.

«Comincio a pensare che tu mi stia provocando di proposito, perché in realtà vuoi che te lo tolga.»

Le palpitazioni cominciavano a farsi evidenti, sembravo una statuetta, non ero in grado di muovermi di un centimetro per il timore di quello che mi avrebbe potuto fare Sean.

«Vorrei che ti levassi, amico.»

A volte non capivo da dove mi uscivano le parole, se fosse per me non avrei detto niente e sarei rimasta impalata ad aspettare che si togliesse da me, evitandomi un grande imbarazzo, ma, dentro di me c'era qualcosa che mi portava all'autodistruzione, probabilmente, visto che ogni dannata volta non riuscivo a tenere la bocca chiusa.

«Cindy, tesoro mio, posso entrare?»

I miei occhi schizzarono fuori. Non potevo crederci, quella era la fottuta voce di mia madre! Cosa diavolo ci faceva qui? Non aveva mai avuto coraggio di venire a vedere una mia partita per paura che la sua bambina si spezzasse qualche ossa, e proprio oggi, quando un ragazzo era dentro il mio spogliatoio, con me mezza nuda, lei aveva avuto la brillante idea di venirmi a vedere. Fantastico.

«È tua madre?» Sean si staccò da me e mi guardò con la fronte corrucciata.

«Cindy?» mi richiamò la voce femminile fuori dalla porta. Non riuscii a muovermi, continuai a fissare Sean con il panico negli occhi e sperando che se ne andasse da sola, magari pensando che fossi ancora sotto la doccia.

Ma ovviamente, ogni mio desiderio non fu esaudito, visto che la porta si spalancò, rivelando la figura esile di mia madre sullo stipite. I miei riflessi furono istantanei: allungai le braccia e con tutta la forza spinsi via Sean da me.

Gli occhi di mia madre fecero su e giù tra me, Sean e ciò che avevo addosso, ovvero praticamente niente, quindi il suo viso si riempì di una sorpresa inaspettata.

«Oh ciao Sean!» cinguettò al ragazzo, sorridendo angelicamente. Si portò elegantemente indietro i capelli con la mano e ci guardò in modo del tutto strano, quasi malizioso, oserei dire. Non volevo crederci.
Sean alzò una mano in segno di saluto e si grattò la nuca trattenendo una risata.

«Scusatemi tanto se vi ho interrotti, sarà meglio se me ne vado, buona giornata.» mi scoccò un'occhiata complice e fece per andarsene ma si fermò nuovamente.

«Ah e Sean, Cindy non ha il coprifuoco.» e se ne andò, facendo un occhiolino a Sean.
Io rimasi totalmente sbigottita, con la mascella che toccava terra e la dignità che era andata a quel paese, insieme alla mia voglia di vivere.

«Dopo questa perla di tua madre mi sento in obbligo di portarti fuori a mangiare, poi magari facciamo un giro a casa mia.» il ghigno beffardo non poteva mancare. Ci misi almeno un paio di minuti per riprendermi dal trauma psicologico causato da mia madre, perciò ci fu un attimo di silenzio prima che rispondessi a Sean.

«Accetto. Ho una fame da lupi, soprattutto dopo questo momento di disagio.» annuii, andando verso il borsone per tirare fuori l'intimo e il cambio.

Mi voltai verso Sean, gli lanciai un'occhiataccia e appoggiai con fermezza le mani suoi fianchi.
«Potrei avere un po' di privacy?» Chiesi, sperando che uscisse, visto che mi vergognavo da morire, ma Sean sbuffò e si girò dalla parte opposta, allacciando le braccia al petto.

«Prova a girarti e ti castro.» lo avvertii, con voce seria. Dalla sua bocca non uscì niente, e anche se non potevo vederlo ero convinta che stesse alzando gli occhi al cielo.

Dopo aver messo l'intimo, mi sbrigai ad infilare i jeans, ma una voce roca alle mie spalle mi fece pietrificare.

«Mmh, sto assistendo ad un vero e proprio spettacolo.»

Tirai su i jeans del tutto e chiusi la zip, poi mi chinai per raccogliere l'asciugamano che poco prima mi avvolgeva, dopodiché glielo lanciai addosso con tutta la forza, ma ovviamente Sean lo schivò, facendo uscire dalle sue labbra una risata, ma essa cessò non appena i suoi occhi si posarono su di me. Anche se avevo i jeans sopra indossavo solo il reggiseno, e il mio ventre e la pancia erano del tutto scoperti.

Ma Sean non guardava il mio seno, guardava ben altro, e sul suo viso prese spazio un'espressione del tutto sconvolta e rigida, sembrava avesse visto un fantasma.
I suoi occhi erano puntati su quelle cicatrici che mi facevano ricordare un periodo buio della mia vita. Istintivamente mi coprii e sentii il mio cuore cominciare a battere forte.

Sentivo Sean avvicinarsi e una morsa mi attorcigliò lo stomaco. Quando due mani si posarono sui miei fianchi la mia pelle cominciò a rabbrividire. Mi fece girare verso di lui, lentamente mi tolse le braccia dal ventre e si staccò leggermente da me, osservandomi.

«Non guardare.»

«Come te le sei fatte?» chiese, con uno strano luccichio negli occhi. Sembrava che soffrisse, come se stesse davvero male nel vedere le mie ferite. Lo guardai corrucciata ma non risposi, sentivo un nodo alla gola che mi impediva di respirare e di spiccicare parola.

«Come te le sei fatte?» Ripetè, la sua voce era insistente ma triste, avevo la sensazione che temesse la mia risposta o qualcosa del genere, non credevo di averlo mai visto così.

Sussultai e deglutii. «Un'incidente stradale, non ho voglia di parlarne.» le budella mi si contorsero e abbassai lo sguardo verso il pavimento. Sean mollò la presa, come scottato e il suo viso divenne talmente pallido che ebbi paura potesse svenire.

La sua mascella era tesa, le labbra tirate in una linea sottile e gli occhi fissi su di me.
Non capii cosa stesse succedendo fino a quando non sentii un rumore assordante arrivarmi alle orecchie, il rumore era quello della porta che sbatteva con forza.

Se n'era andato.

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Scusate il ritardo e scusate anche se il capitolo non è molto lungo ma sono a Milano in vacanza diciamo e quindi non ho molto tempo per scrivere.

Tralasciando, ditemi se vi è piaciuto e cosa ne pensate, ma soprattutto...:

-perché Sean ha riseguito cosi??😏

Un bacio 💋

Footlover - amore in campo di giocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora