L'addio

220 18 0
                                    

Quando la ragazza dai capelli biondi stava per perdere i sensi Akemi ritirò la kagune e la lasciò cadere a terra sfinita.

«Maya, come ho già detto non ho intenzione di cancellarti.» le disse.

I suoi occhi tornarono grigi e il sangue che le colava dal viso si assorbì ridandole l'aspetto di un angelo celeste. L'altra si tirò a sedere a fatica mentre le sue ferite si rigeneravano lentamente.

«Buono a sapersi.» si beffò delle parole dell'altra con il solito sarcasmo.

L'investigatrice le porse una mano per alzarsi e poi la strinse a sé in un abbraccio fraterno.

«Io e te... Siamo una persona sola, Maya.» affermò seria.

L'altra spalancò gli occhi. Continuava a piangere senza motivo, le mani le tremavano. Qual era il significato di tutte quelle emozioni?

«Sono stata io a vincere. Voglio che tu...»

Avvicinò le labbra al suo orecchio e chiuse gli occhi vittoriosa.

«Voglio che tu mi presti la tua forza.» concluse con voce tenebrosa.

«Cosa intendi dire?» chiese Maya, confusa da una simile richiesta.

«Tieniti forte.» le rispose Akemi.

Un'intensa luce bianca le avvolse, togliendo loro la capacità di vedere cosa stava succedendo. Una strana sensazione di calore pervase i loro corpi e tutto sembrò girare vorticosamente fino a fermarsi di colpo.

Le loro sagome iniziarono a combaciare perfettamente, come le tessere di un puzzle. I ricordi dell'una e dell'altra si scontrarono fra loro creando una pellicola continua dalle mille sfumature.

La tempesta e il buio nelle profondità delle loro anime scomparvero, lentamente rimpiazzati da una quiete senza fine.

Akemi sorrise, prendendo coscienza di tutto ciò che le stava succedendo. Maya ebbe la stessa reazione, poi ogni cosa si dissolse in una nuvola di luce. Akemi... Maya... Quei due nomi non avevano più alcun motivo di esistere.

2 febbraio.
08:21:43.

Erano passati due giorni dalla battaglia alla villa Tsukiyama.

Dopo aver fatto un elenco degli agenti che avevano perso la vita nello scontro e di coloro che erano stati solamente feriti, Yoshitoki Washu andò a ritirare la chiavetta che Akemi aveva custodito con tanta gelosia, la chiavetta che conteneva i dati e le previsioni riguardo alla missione. Voleva scoprire cos'altro avesse da nascondere la ragazza.

Si sedette alla scrivania e la infilò nella porta USB del computer. La schermata mostrava una piantina dettagliata del palazzo, su cui erano stati segnati in rosso dei quadrati e dei cerchi in varie posizioni. A lato erano stati aggiunti i nomi degli investigatori in ordine di grado e affianco ad alcuni c'erano dei pallini neri o dei punti di domanda.

Alla fine delle 23 diapositive esplicative vi era un lungo testo, probabilmente scritto di getto dalla stessa Akemi come revisione del proprio operato.

Missione classificata come: "operazione ad alto rischio".
Presenza minima necessaria: 100 agenti qualificati
Armi: quinque e coltelli
Perdite umane: ingenti
Probabilità di successo: non superiore al 40%.

Il signor Yoshitoki si posò una mano sulla fronte.

Non superiore al 40%.

Era stata tutta una bugia. Non voleva allarmare né lui né gli agenti. Sapeva che le cose non sarebbero mai andate nel migliore dei modi.
L'investigatore affondò nella sedia e si mise a dondolare da una parte e dall'altra. Era quello il suo segreto, allora. Akemi non voleva deluderli.

All'attenzione del signor Kishou Arima:
Signore, sono spiacente di aver portato avanti uno schieramento tanto inefficiente. Tuttavia... Ho riflettuto. Aveva ragione. Anche a costo di rendere una vittoria meno probabile è necessario tenere conto delle perdite umane. Ho rivisto il piano come ho potuto. Mi occuperò io di Shuu Tsukiyama, qualora ne abbia la possibilità. In caso contrario proverò a proteggere gli agenti ancora vivi.
Le più sincere scuse.
Akemi Ren.

L'uomo richiuse il PC, ancora incredulo di fronte alla schiacciante rivelazione.

Scosse la testa. Non aveva la minima idea di cos'avrebbe potuto fare con Akemi. Se da un lato li aveva presi in giro, dall'altro come poteva biasimarla per la sua decisione? Chi mai sarebbe sceso in campo assieme a lei sapendo che sarebbe stato inevitabilmente sconfitto?
Doveva punirla? Escluderla per sempre dalle operazioni?

Il suo sguardo si abbassò sulla cornetta del telefono fisso.

Non poteva. Le cose sarebbero rimaste come prima. Akemi... Era solo tornata ad essere quello che avrebbe sempre dovuto essere. Un essere umano.

Per la prima volta la stanza di Akemi era piena di persone. Haise, Saiko, Urie, Mutsuki, Akira e Arima. Tutti loro si erano riuniti attorno al letto della giovane in attesa del suo risveglio.

Quando quella notte Haise l'aveva riportata a terra senza sensi non immaginava che la situazione si sarebbe protratta tanto a lungo. Poi la mattina di quel 2 febbraio le cose erano cambiate all'improvviso.

La sua carnagione era tornata rosea, i capelli le si erano tinti di oro e le erano cresciuti fino alla vita. Le ferite che aveva subito nello scontro con Eto si erano completamente rimarginate e anche il respiro sembrava tornato regolare. Il suo volto non presentava segni di dolore, al contrario sembrava fosse rilassato e sorridente.
Haise si avvicinò alla finestra e diede una rapida occhiata al paesaggio.

Il sole splendeva timido fra le nuvole bianche, mentre per le strade si iniziavano a intravedere i primi passanti e le prime automobili.

«Si sveglierà?» domandò agli altri.

«Sì.» rispose istantaneamente Arima.

Haise tornò a sedersi sullo sgabello a lui destinato e passò lo sguardo su tutti i suoi compagni. Non c'era uno solo di loro che dubitasse delle sue parole. Sapevano che Akemi si sarebbe svegliata.

«Akemi...» sussurrò Saiko rattristata. «All'inizio mi facevi paura, ma poi ho capito quanto fossi importante! Sei una persona meravigliosa! Ti prego, svegliati»

«Saiko ha ragione! Abbiamo ancora bisogno di te!» esclamò Mutsuki.

«Sì. Nient'altro da aggiugere.» sospirò Urie.

«Avanti, Akemi. Mantieni fede a quella promessa.» le disse Akira con tono autoritario.

«Mi dispiace, Akemi. Non sono riuscito a comprenderti. Ho commesso molti errori, ma tu mi ha sopportato per quello che sono. Grazie.» affermò Arima.

Haise si chinò a prenderle una mano fra le sue e poi inclinò a lato la testa componendo il suo migliore sorriso.

«Mi manchi, Akemi.»

Dopo quelle parole tornò temporaneamente il silenzio. La finestra si aprì di colpo e nella stanza penetrò un filo di vento che librò all'aria i capelli di tutti i presenti, compresi quelli di Akemi.

Moonshine | Tokyo Ghoul :reDove le storie prendono vita. Scoprilo ora