Il sopralluogo

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13:20:11.

La squadra Quinx si era riunita in un angolo della mensa per il pranzo e Akira li aveva raggiunti poco dopo in compagnia dell'investigatore Kori Ui e Hairu Ihei. Si erano seduti al capo di una lunga tavolata di agenti e avevano iniziato a parlare entusiasti di cose di poco conto, quando all'improvviso si era aggiunto a loro anche l'investigatore Arima. Aveva un'espressione seria e preoccupata e si era messo a mangiare con lo sguardo fisso su un punto indefinito. Doveva parlare al più presto all'investigatore Sasaki, ma al contempo non voleva rovinare la sua pausa.

«Signor Arima, c'è qualcosa che non va?» gli domandò Haise in quell'istante.

I suoi occhi si spostarono di colpo su di lui.

«Vorrei parlarti, Haise.» gli disse finalmente.

Il ragazzo si alzò, e così fece l'altro. I due si avviarono verso il cortile interno, dove si fermarono su una panchina accanto ad un albero.

«Cosa succede?»

«Si tratta di Akemi.» rispose l'altro, mettendosi a posto gli occhiali.

Haise spalancò gli occhi. Non si aspettava nulla di simile in un momento come quello.

«Di cosa si tratta?»

«È tornata a uccidere. Tienila sempre sotto controllo.»

«Cosa devo fare?»

«Nulla, al momento, ma vorrei che non ne parlassi con lei. Non dev'essere un momento facile.»

«Sì...» concluse Haise abbassando la testa. «Allora è questo che fa quando non è con noi. Akemi... Tu stai male.»

«Sì, ma questa volta le cose andranno diversamente. Se Akemi continuerà a soddisfare il suo bisogno di mangiare probabilmente riuscirà a tenere Maya sotto controllo. È per questo che al momento non dobbiamo fare nulla per fermarla. Penseremo a tutto una volta conclusa la missione Tsukiyama.» replicò Arima con la solita calma.

Haise annuì, poi si alzò, salutò e fece ritorno al tavolo. Voleva rimanere il più possibile assieme ai suoi compagni. Quello era l'unico modo per lui di non pensare ad Akemi.

Kishou Arima sospirò pensieroso. Aveva fatto la scelta giusta a parlarne così prematuramente con lui?

30 gennaio.
10:20:00.

«Squadra 1, zona pulita.» affermò Akemi nell'auricolare abbassando finalmente la quinque.

Gli altri investigatori assieme a lei seguirono il suo esempio e richiusero le armi nelle valigette per poi iniziare a dileguarsi nelle varie direzioni.

«Squadra 2, anche qui nulla. Confermo, nessuna traccia di Aogiri.» riferì l'investigatore Ui.

«Squadra 3, pulito.»

«Squadra 4, pulito anche qui.»

«Ottimo lavoro. Potete fare rientro.» ordinò la voce di Yoshitoki Washu dal quartier generale.

Gli agenti acconsentirono e si riunirono in piccoli gruppi mentre abbandonavano il posto. Akemi ritrovò Kori Ui e Hairu Ihei a qualche metro da lei.

«Ciao!» la salutò Hairu con il solito sorrisetto dal doppio significato.

«Investigatrice Ihei.» ricambiò il saluto con un breve inchino.

«Come va, Ren? Hai più avuto problemi?» le domandò Kori Ui con falso interesse.

Akemi non rispose e si fermò a guardare il cielo. Problemi? Di certo, anche se continuava ad averne, ora sapeva come affrontarli.

«Negativo.» rispose con freddezza per poi accelerare il passo.

Spazzatura. Quei due non erano altro che inutile spazzatura ai suoi occhi. Non meritavano minimamente la sua attenzione.

21:39:11.

La giornata lavorativa si era appena conclusa e la squadra Quinx si era ritirata negli appartamenti assieme ad Akemi.

Dopo aver augurato a tutti la buona notte, Haise si stese finalmente sul letto e si mise a guardare il soffitto.

La missione alla residenza Tsukiyama era prevista per il giorno seguente, eppure la tensione era già alle stelle.

Akemi aveva formulato il piano d'attacco assieme ad Arima, e dopo un breve incontro con l'investigatore Suzuya si era deciso che la cosa migliore da fare sarebbe stata mandare avanti la ragazza da sola a perlustrare l'edificio. Di lì poi si sarebbero introdotti gli agenti di prima categoria e al loro seguito le varie squadre. Il tutto sarebbe stato diretto dagli investigatori di classe speciale ancora nella sede della CCG o negli elicotteri che avrebbero sorvolato la zona.

Haise sospirò e si girò a lato. Le parole di Arima del giorno trascorso gli affollavano ancora la mente. Akemi stava facendo di tutto pur di impedire a Maya di prendere di nuovo il sopravvento. Persino... Uccidere al suo posto e nutrirsi di quegli esseri.

Scosse la testa e tornò a passi lenti in salotto, dove si sedette sul divano a guardare fuori dalla finestra. Non c'era proprio un'altra soluzione?

«Haise.» lo richiamò una voce nell'oscurità.

Il giovane girò la testa verso la porta d'uscita.

Akemi era lì, con una valigetta fra le mani e un impermeabile scuro che la rendeva quasi invisibile ad occhio nudo. Haise sapeva dove stava andando. Si alzò e la raggiunse preoccupato.

«Akemi, va tutto bene?» le chiese.

Lei abbassò lo sguardo vitreo e allora Haise notò il grandissimo paio di occhiaie che le circondava gli occhi. Da quanto tempo non dormiva? O meglio, da quanto tempo non riposava? Due giorni? Una settimana?

«Dove vuoi andare a quest'ora da sola?»

«Lei mi uccide.» sussurrò solamente prima di svanire per il corridoio.

Haise rimase a fissare i suoi lunghi capelli bianchi che si allontanavano sempre più, poi richiuse il portoncino e tornò a sedere sul divano. Perché l'aveva lasciata andare?

Posò la testa in cima allo schienale e guardò il soffitto con disinteresse. Davvero non c'era nient'altro da fare?

Akemi raggiunse in poco tempo la fermata della metropolitana, ma a quel punto era già troppo tardi. Aveva un dolore lancinante alla testa e ogni cosa iniziava a girare davanti a lei, tanto che non riusciva a tenersi in equilibrio sulle sue gambe. Si inginocchiò a lato della strada e si chiese cos'altro potesse fare per provare a resistere. Aspettare un quarto d'ora in mezzo a degli umani così deliziosi l'avrebbe senz'altro spinta alla follia. Si morse il labbro e la riga di sangue che ne uscì le fece dilatare le pupille. Lei aveva un sapore diverso da quello dei ghoul, e allo stesso tempo differente anche da quello degli umani. Qualcosa di così buono che se avesse potuto si sarebbe senz'altro divorata sul posto.

Si alzò nuovamente in piedi, raccolse i capelli sotto al cappuccio e infilò la maschera. A quel punto non le importava più niente: la giustizia, le promesse fatte ad Arima, il territorio di caccia che le era stato destinato grazie all'intervento di Yoshitoki Washu. Aveva fame e avrebbe ucciso non appena ne avesse avuto l'occasione.

«Fermati, Akemi.» sussurrò all'improvviso una voce autoritaria alle sue spalle.

La giovane si voltò.

A qualche passo da lei c'era un uomo, avvolto in una lunga tunica nera. Il riflesso del lampione poco distante gli illuminava il viso.

«Signor Amon...»

Moonshine | Tokyo Ghoul :reDove le storie prendono vita. Scoprilo ora