Il cuore (parte 3)

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Juuzou si fermò all'ingresso di un grande parco giochi e aspettò che Akemi lo raggiungesse. Quando la ragazza alzò lo sguardo inclinò confusa la testa a lato. Nella sua vita non era mai stata in un posto simile di giorno. Le era capitato più volte di andare a caccia nei parchi di notte, ma in quella situazione era la prima volta.

«Investigatrice Ren! Ecco qui!» le disse entusiasta Juuzou facendole strada.

L'altra lo seguì senza fiatare. Stavano percorrendo un largo viale alberato ai cui lati erano stati piantati bassi cespugli di piccoli fiori invernali. Il tutto sembrava curato nei minimi dettagli, come se i giardinieri passassero ogni giorno a sistemare il minimo filo d'erba. Di tanto in tanto fra i ciottoli e la giara si scorgevano delle ampie pozzanghere, rimasugli della pioggia di qualche ora prima.

Il ragazzo dai capelli corvini si fermò accanto a uno spiazzo con una panchina, si sedette a gambe incrociate per terra e tirò fuori un blocco di fogli pieno di disegni e una matita per poi iniziare a scarabocchiare qualcosa.

«Cosa aspetti? Non vieni qui?!» richiamò Akemi con un cenno del braccio.

La giovane rimase ipnotizzata dalla scena che si apriva davanti a lei.

I bambini correvano felici da ogni parte, salivano sui giochi e si lasciavano cadere sugli scivoli per poi ricominciare da capo. Alcuni di loro tentavano di arrampicarsi sugli alberi, mentre altri si lanciavano in alto sulle altalene piombando a terra con salti sempre più alti e pericolosi. Sorridevano tutti. Sembravano così felici. Davvero delle azioni così stupide e semplici li rendevano felici?

«Reeeeen! Avanti, vieni quiiii! Vieni a disegnare anche tu!»

Akemi fu scossa da quelle parole e si avvicinò al ragazzo che sedeva in terra, i cui pantaloni si erano completamente bagnati. Aveva appena smesso di piovere, quindi per quale motivo si era posato in mezzo al bagnato?

«Perché non provi a fare un bel disegno anche tuuuu? Sono convinto che uscirà bellissimo!»

Con quelle parole si alzò e le consegnò sia i fogli che la matita con un nuovo sorriso.

«Cosa... Dovrei disegnare?»

«Quello che vuoi. Lascia che sia la tua creatività a decidere! Io lo faccio sempre!» rispose l'altro assumendo una delle sue pose strambe dall'equilibrio instabile.

Akemi avvicinò la matita al foglio e chiuse gli occhi. La creatività... Cos'era la creatività? Forse qualcosa collegato alla storia del cuore? Rimase a lungo in quella posizione, forse addirittura per un intero quarto d'ora.

«Allora? Fammi vedere!»

Juuzou le strappò il foglio di mano con violenza.

«Eeeh? Non hai disegnato nulla?» sbuffò. «Prova ad impegnarti, investigatrice Ren!» le chiese, ma Akemi scosse la testa e gli consegnò anche la matita.

«Negativo. Io non so cosa sia la creatività.»

L'investigatore spalancò gli occhi, poi ricordò i momenti trascorsi assieme al signor Shinoara. Sciolse il suo sorriso e si avvicinò alla panchina, facendo cenno all'altra di sedersi con lui.

«Beh, allora disegnerò io! Tu sta' a guardarmi!» rise sottovoce prendendo sotto mano il foglio di prima.

Ma Akemi aveva già trovato il passatempo perfetto. I bambini. Non presentavano segni di perfidia, solo pura innocenza.

Abbassò gli occhi sulle sue mani e cercò di ricordare la sua infanzia. Per quanto non riuscisse a mettere bene a fuoco le immagini, sapeva che non era stata dolce e spensierata come la loro. Era stato il Gufo ad allevarla, e nonostante le avesse dato tutto l'amore di un padre non era riuscito a renderla una bambina come tutti gli altri. La verità era che allora non sapeva controllare i suoi istinti di ghoul e che se non voleva essere uccisa dalla CCG doveva nascondersi. La solitudine che aveva affrontato in tutti quegli anni... Tutto per colpa della sua natura.

«Investigatrice Ren, va tutto bene?!» le chiese all'improvviso Juuzou con evidente preoccupazione nella voce.

Solo allora l'investigatrice si accorse che aveva iniziato a piangere in silenzio. Lacrime... Lei non sapeva piangere, né conosceva la sofferenza. Per quale ragione il suo corpo stava reagendo in quel modo?

«Sì.» rispose asciugandosi le guance umide e battendo gli occhi un paio di volte. «Non capisco...» sospirò guardandosi nuovamente le mani.

«Sei triste, signorina Ren?» le chiese più dolcemente.

«Negativo. È qualcosa... Che non riesco a capire. Il mio corpo... Non mi appartiene più.»

«Come? Sei proprio qui, affianco a me, in carne e ossa!» scherzò lui.

Akemi scosse la testa.

«Farò rientro alla sede, se non ti dispiace.»

«Va bene... Vai pure.» rispose con le labbra leggermente disgiunte.

Cosa le era capitato? Perché stava piangendo? Non sapeva nemmeno in che modo si piangeva.

Si posò un'altra volta una mano sul cuore. Forse stava iniziando a capire quelle cose. Il suo cuore... Era totalmente indipendente dalla sua mente. La faceva agire in modo diverso, modificava il suo corpo senza che lei gli desse il comando. Era una cosa strana che non aveva mai provato.

Il cuore... Avrebbe mai compreso a pieno il suo significato?

14:50:09.

La pausa pranzo era appena terminata e Akemi si trovava nuovamente nella saletta d'attesa adiacente all'ufficio del signor Yoshitoki. Quella volta aveva con sé un libro di statistica che le aveva prestato il signor Arima un paio di giorni prima ma che non aveva avuto occasione di aprire. Mentre la sua mente elaborava quell'ingente quantità di operazioni in qualche frazione di secondo lei scorreva velocemente il dito sulla pagina per tenere il segno.

«Akemi. Il signor Yoshitoki ora è molto impegnato. Avanti, seguimi. Di' pure a me quello che ti passa per la testa.» la richiamò la voce di Kishou Arima.

Akemi si alzò e lo seguì senza obiettare fino al piano superiore, dove i due occuparono una sala per i colloqui.

«Di cosa si tratta?»

«Ho elaborato una nuova formazione. Gli investigatori di prima categoria saranno gli ultimi ad entrare.» replicò la ragazza estraendo la chiavetta e posandola davanti all'altro.

«Quindi... Vuoi rischiare di ferire gli agenti delle classi inferiore?»

«La probabilità di successo in questo modo aumenta del 9%.» confermò nella speranza che l'altro capisse quanto era importante portare la probabilità dal 38 al 47 per cento.

«Akemi!» esclamò l'altro con rabbia, tirando un pugno al tavolo al quale sedevano. «Hai la minima idea del valore di una vita umana!? Che la probabilità sia maggiore non cambia assolutamente nulla! In questa missione è importante limitare le perdite, sono stato chiaro? Sai forse cosa vuol dire mandare al patibolo degli agenti?» sibilò.

La giovane abbassò il capo. Prima di quel momento non aveva mai riflettuto su quelle cose in quei termini.

«Il valore... Di una vita umana...»

Arima si ricompose e assunse un'espressione più dolce e comprensiva nei suoi confronti.

«Scusami, Akemi. Ciò che ti volevo dire è che...»

«Ho capito. Grazie per il suo tempo, signor Arima.» lo interruppe, prese con sé il libro e uscì senza voltarsi indietro.

Evidentemente c'erano ancora molte cose che doveva imparare.

Moonshine | Tokyo Ghoul :reDove le storie prendono vita. Scoprilo ora