Quando Akemi iniziò a riprendere conoscenza si ritrovò immersa in un infinito mare nero come la pece, pronto ad inghiottirla in qualunque istante. Le sembrava di aver appena raggiunto i confini del mondo che conosceva, un luogo sospeso fra il nulla e l'infinito che le ricordava incredibilmente la prima stanza che le avevano destinato – la cella d'osservazione 1342.
La ragazza batté gli occhi più volte, ritrovando i muscoli indolenziti e la testa che girava a non finire, come se quella che le era sembrata febbre stesse degenerando in una malattia terminale vera e propria.
Avvicinò una mano al viso e la guardò con le palpebre socchiuse fino a che non riuscì a distinguerne chiaramente la sagoma. Non riusciva a concentrarsi per più di qualche secondo. Era debole e debilitata per qualche ragione a lei sconosciuta.
Si tirò a sedere e si mise a guardarsi sul riflesso di quell'ipotetico pavimento lucido. Prese un lungo respiro a pieni polmoni.
Nell'istante in cui alzò nuovamente gli occhi tutto intorno a lei era diverso. Si trovava in un ambiente piccolo e caldo, illuminato da una luce fioca e giallastra dalla provenienza indefinita. Un posto che non ricordava ma che a primo impatto le sembrava stranamente familiare.
Attorno a lei c'erano dei tavolini rotondi con delle sedie di legno intagliato, assieme a un lungo bancone con degli alti sgabelli nello stesso stile. Non poteva trattarsi che del salone principale di un bar.
Diede una rapida occhiata a tutto il mobilio, come per accertarsi che non ci fosse nessun altro. Prese un lungo respiro e si voltò verso il banco, dove c'era l'unico essere vivente oltre a lei.
Era un signore sulla sessantina, alto e in forma. Aveva i capelli corti di un color grigio chiaro che ai raggi di quel sole immaginario apparivano quasi bianchi. Indossava un'uniforme da lavoro consistente in una camicia bianca, un paio di pantaloni neri e un grembiule legato sulla schiena. Le dava le spalle e, a giudicare dal rumore, stava lavando delle tazze sotto il getto dell'acquaio.
Una volta finito il proprio compito si voltò verso di lei, con le due coppe appena pulite in una mano e gli occhi chiusi. Le sorrise e le fece cenno di avvicinarsi per fargli un po' di compagnia.
«Maya, ti ricordi di me?» le chiese con una voce distante e rimbombante.
Akemi inclinò leggermente il capo e la verità la colpì come un proiettile al cuore. Era un sogno. Il posto in cui era finita e il signore che aveva incontrato non erano che il frutto della sua immaginazione.
Il volto dell'uomo si rilassò e si illuminò con un sorriso paterno, come se avesse già ottenuto una risposta negativa.
Akemi si sedette su uno sgabello e lo osservò mentre iniziava a preparare due caffè con inaspettara maestria.
«Allora, come stai? La ferita alla testa è guarita?»
La... Ferita alla testa?
Si portò la mano ad accarezzare la nuca, ma non vi era il segno di nessuna cicatrice. Assentì senza pensare se la sua risposta fosse da considerarsi o meno una bugia.
«Come stai?» ripeté la domanda. «Ti sei fatta nuovi amici in quel posto?»
Annuì nuovamente, quella volta avvicinandosi di più alla verità.
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Moonshine | Tokyo Ghoul :re
Fanfiction[ Tokyo Ghoul :re ] Akemi Ren è una giovane donna dalle capacità straordinarie, un essere sospeso a metà tra il mondo dei ghoul e quello degli umani. Dopo essere stata catturata dalla CCG le vengono date una nuova identità e una missione: uccidere i...