Villa Tsukiyama (parte 2)

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Dopo aver lasciato Akemi e i Quinx al piano inferiore, Haise era finalmente giunto sul tetto del palazzone.

Come previsto, lì lo attendeva Shuu Tsukiyama in una delle sue mise più eleganti. L'uomo gli dava le spalle e guardava con malinconia la strada sotto al palazzo, invasa dagli agenti che portavano via feriti e corpi di servitori appartenuti alla sua famiglia. La scena lo faceva sentire colpevole di tutta quella sofferenza. Probabilmente dopo quella battaglia lui sarebbe rimasto l'unico a poter portare in alto quel cognome. Un peso non indifferente per un giovane inesperto della vita come lui.

Il vento gli scompigliò i capelli violetti e gli diede una nuova speranza. Matsumae si era sacrificata per lui, così come suo padre e tutti coloro che gli erano sempre rimasti affianco per tutta la sua vita. Forse lui poteva davvero scappare e salvarsi.

Haise stava per avvicinarsi quando una nuova voce lo richiamò. Apparteneva a un individuo dai corti capelli color porpora con una maschera con vari occhi disegnati su di essa. Un ghoul che non sapeva definire se fosse uomo o donna, ma che all'apparenza non sembrava troppo pericoloso.

«Maestro Shuu!» esclamò, provando ad allungarsi verso l'altro ma poi cambiando il bersaglio del suo attacco e scagliandosi contro l'investigatore di prima categoria.

«Kanae!» chiamò il terzo, evidentemente sorpreso da quella nuova comparsa.

Akemi si era appena ripresa da quella perdita alquanto dolorosa e dopo essersi abituata a non poter più disporre della mano sinistra stava provando ad assestare a Noro il colpo definitivo con la destra.

I Quinx stavano cercando di aiutarla grazie ai loro attacchi improvvisi, ma i loro tentativi non stavano riscontrando molto successo.

«Signorina Ren!» sentì all'improvviso una voce all'auricolare.

Apparteneva al signor Yoshitoki.

La giovane si fermò sul posto trasformando nuovamente la frusta in spada nel caso in cui le fosse chiesto di farla finita in quel momento.

«All'ascolto.» rispose.

«Va' ad aiutare gli investigatori ai piani inferiori. Lì ci penserà la squadra Quinx. In questo momento è più importante limitare i feriti e le perdite.»

«Sì.» affermò. «Shirazu! Urie!»

«Sì! Ci occuperemo noi di lui.» replicò Shirazu.

Akemi annuì e fece ritorno il più velocemente possibile verso il piano inferiore.

Lì stava avvenendo una vera e propria battaglia all'ultimo colpo. I camerieri e gli impiegati degli Tsukiyama si stavano facendo strada a forza fra gli agenti per provare a raggiungere l'uscita.

Akemi scosse la testa e si gettò nella confusione, usando la quinque per abbattere il maggior numero di avversari. Sembrava che tutti gli abitanti della villa avessero abbandonato i propri nascondigli nel tentativo di mettersi in salvo.

Molto meglio.

In quel modo avrebbe potuto divertirsi ancora di più.

Raccolse da terra un pugnale ancora insanguinato e lo strinse fra i denti mentre continuava a battere la strada con colpi sempre più precisi e violenti. Stavano cadendo tutti, uno dopo l'altro, davanti ai suoi occhi.

Sembrava che lì la CCG avesse nuovamente la meglio.

La situazione ormai era stabile a sufficienza perché se ne occupassero gli altri.

Scese ancora, giungendo al mezzanino dove la attendevano dei giovani ghoul pronti a combattere con tutte le loro forze.

«È un peccato che io debba conoscervi solamente in una circostanza tanto pietosa... I ghoul... devono morire.» esclamò lasciando cadere a terra il coltello.

La lotta proseguì fino al calar della notte. Il sole era tramontato e la situazione iniziava a volgere a favore della CCG. La maggior parte dei ghoul era stata abbattuta. L'unica cosa che rimaneva da fare era andare a controllare cosa fosse successo tra Haise, Shuu e Kanae sul tetto.

Akemi spostò lo sguardo sul braccio sinistro a penzoloni. In quel momento la sua parte di umana aveva ancora il sopravvento su quella di ghoul. Rigenerare quella ferita continuando a rifiutare la sua natura sarebbe stato impossibile.

A meno che...

I suoi occhi si spostarono sui cadaveri che giacevano ancora tutt'intorno a lei. Un sorriso le si impresse sul volto.

Ciondolò sulle gambe instabili fino al corpo più vicino, ma quando stava per affondare i denti nella sua carne l'auricolare emise il tipico fischio che precedeva la comunicazione.

«Akemi, voglio che sia tu ad andare sul tetto. Voglio un rapporto di tutto ciò che vedrai.»

La giovane donna raccolse da terra la quinque che le era caduta e si allontanò contrariata. Non era ancora arrivato il momento di lasciarsi trasportare dal desiderio di sfamarsi.

Dopo aver oltrepassato le lunghe rampe di scale si guardò intorno.

Haise era di fronte a lei, la sua kagune pronta a colpire e il suo sguardo truce e concentrato. Stava ancora lottando contro Kanae. Anche lui aveva perso un braccio nello scontro, ma la cosa non sembrava causargli grossi problemi.
Akemi strinse le dita attorno all'elsa della quinque e si avventò su Kanae, ma qualcosa la colpì in mezzo alle spalle richiamando la sua attenzione. Una scia di sangue iniziò a scenderle lungo la schiena, impregnando la camicia grigia che si era messa prima di partire.

La giovane si girò indietro stupita. Su una delle torri composte da più antenne che si dipartivano dall'angolo del palazzo sedeva una ragazza dai capelli verde scuro che rideva compiaciuta alla scena di fronte a sé.

«Finalmente ci rincontriamo... cuore di pietra. Avevo iniziato a preoccuparmi quando non ti ho vista comparire. Devono aver davvero perso le speranze per averti lasciata venire quassù.» la salutò e scese con un salto dalla trave dove si era posizionata.

Akemi sgranò gli occhi quando Eto giunse a fronteggiarla. Il mezzo ghoul le girò intorno interessata e si fermò divertita una volta completata la sua ispezione.

«Vedo che ti sei già data da fare. Non sarebbe forse ingiusto chiederti di combattere contro di me quando non hai ancora rigenerato quella povera mano?»

Un sorriso le si dipinse sul volto e Akemi seguì il suo sguardo fino al braccio. Alzò le spalle con gli occhi luccicanti di determinazione.

«Non ha alcuna importanza. Io uccido sempre allo stesso modo.» replicò.

Eto rise sottovoce a quella provocazione e poi scatenò la kagune, assumendo l'aspetto del Gufo dal singolo occhio.

«E tu cosa farai, Maya, o meglio Akemi? È così che ti chiamano ora, non è vero? Divertente.» le domandò.

«Io non sono più Maya.» rispose l'altra scuotendo la testa. «E non ho bisogno di essere lei per vincere contro di te.»

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