Ricordi

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Akemi posò la tazza sul tavolino basso e rimase a fissarli con il giornale posato sulle ginocchia.

«mh?» esclamò confusa.

«Ci farebbe piacere. È un modo per passare dei bei momenti insieme.» le rispose Haise.

Akemi inclinò la testa, richiuse il quotidiano e afferrò il manico della tazza. Li raggiunse e restò in piedi all'altro capo della tavola, non capendo cosa dovesse fare di preciso.

«Avanti, siediti.» le chiese.

«Ecco, puoi sederti qui, signorina Ren.»

Shirazu spostò la sedia libera al suo fianco verso di lei e le rivolse un breve cenno del capo.

«Akemi.» disse a un certo punto Haise. «Ti darebbe fastidio se anche loro ti chiamassero così?»

«Negativo.»

Gli altri quattro la guardarono, colpiti dalla sua risposta.

«Akemi! Allora, ti allenerai assieme a noi, oggi?» le domandò Shirazu, entusiasta di poterla finalmente chiamare con il suo nome.

«Così pare.» gli rispose l'altra tornando a sorseggiare il suo caffè.

Mutsuki rise sottovoce e poi congiunse le mani sul tavolo.

«Akemi, ti prego di andarci piano! Non siamo abituati ad allenamenti intensivi!» la supplicò.

«Farò qualsiasi cosa mi richiediate.»

«Maman! Questo vuol dire che Akemi ora fa parte della nostra squadra?» chiese Saiko con un tono ottimista.

Haise abbassò lo sguardo pensieroso.

«Negativo.» rispose Akemi al suo posto.

La ragazza dai capelli blu si rattristò di colpo e iniziò a spalmare la marmellata sui suoi pancakes per distrarsi.

«Oh.» disse solamente.

«Non ha importanza di che squadra faccio parte. Io combatto sempre al mio meglio.» le assicurò l'altra.

«Bene. Ora finiamo di fare colazione e poi andiamo tutti assieme nella nostra sala allenamenti!» propose Haise con una nuova felicità.

I suoi occhi grigi incontrarono quelli di Akemi.

Grazie, Akemi.

11:37:12.

«Maman, sono così stanca.» si lamentò Saiko lasciandosi cadere sul pavimento con la fronte imperlata di sudore.

Urie, Mutsuki e Shirazu la raggiunsero e si sedettero al suo fianco dando fondo alle loro borracce d'acqua. Sembravano aver finito le energie a loro disposizione.

Akemi si era appesa a una trave sul soffitto con le ginocchia e lasciava penzolare i lunghi capelli bianchi nel vuoto. I suoi occhi erano chiusi e sembrava trovarsi in uno stato di pace interore ed estrema concentrazione.

Haise si avvicinò agli altri e si fermò assieme a loro, talvolta gettando qualche rapida occhiata in direzione della giovane donna. Era incredibile. Due ore di combattimento ed esercizi difficoltosi non erano riusciti a provocarle nemmeno una goccia di sudore. Il suo programma di allenamento doveva essere di gran lunga più duro del loro.

La porta della palestra si aprì e Akira entrò nella stanza con un nuovo carico di bottiglie d'acqua e bevande energetiche.

«Ecco a voi. Gli allenamenti di oggi sono finiti.» annunciò possando la cassa su una panchina.

Mentre stava per salutarli e tornare a dedicarsi al lavoro d'ufficio scorse con la coda dell'occhio la sagoma perfettamente immobile di Akemi. In quella posa sembrava proprio una bambola di porcellana appesa ai fili di un burattinaio.

«Haise, come mai è qui anche lei?» chiese all'investigatore di prima categoria.

«Akemi oggi è rimasta con noi. Non è forse la cosa migliore per noi allenarci assieme a lei? Di questo passo miglioreremo velocemente.» le rispose con un sorriso.

L'investigatrice Mado annuì sorpresa. Mai nella sua vita si sarebbe aspettata che una persona fedele a suo padre come Akemi avesse la forza di andare contro i suoi ultimi ordini. Per qualche strana ragione era cambiata, cresciuta. Da quel momento in poi probabilmente molte cose sarebbero andate diversamente. Sorrise agli altri e si congedò con un breve inchino silenzioso.

«Sassan, qual è la data prevista per la missione contro la famiglia Tsukiyama?» chiese Shirazu al superiore, il quale si girò di nuovo verso di lui con un'espressione seria.

«Ancora qualche giorno. Dobbiamo arrivare allo scontro nel massimo delle nostre abilità.» replicò. «Akemi, pensi di poterci allenare anche domani?»

La giovane donna non rispose, ma iniziò a dondolarsi avanti e indietro come se fosse appesa al trapezio di un circo. Tutti gli sguardi si posarono su di lei.

«Il signor Arima.» iniziò a dire lasciando all'improvviso la presa e atterrando senza problemi sul pavimento dopo mezzo salto mortale. «È necessario avere la sua approvazione per modificare qualsiasi cosa che mi riguardi.» spiegò.

«Ho capito. Andrò da lui nel pomeriggio.» affermò Haise.

«Allora, come ti sembriamo, Akemi?» chiese Urie con una punta di irritazione.

Akemi lo fissò con i suoi occhi profondi.

«Tempo.» sussurrò. «Ho bisogno di altro tempo per poter accumulare dati sufficienti per una stima.»

Haise ridacchiò spiacente. Doveva aspettarsi una risposta del genere da parte sua.

«Per ora, la vostra performance è migliorata dello 0.45 % rispetto alla vostra ultima missione.» commentò infine.

Shirazu e Saiko si guardarono e iniziarono a ridere a loro volta.

«Akemi, sei davvero buffa quando parli così!» le disse Saiko con gentilezza.

«Buffa...» ripeté.

Un'altra volta. Forse quell'aggettivo le si addiceva più di quanto pensasse. Inclinò la testa a lato, li raggiunse e prese una bottiglietta d'acqua.

«Già, Akemi è proprio buffa.» esclamò l'altro divertito.

14:55:01.

L'orario previsto per la pausa pranzo era appena terminato. Gli investigatori, dopo essersi riuniti nella mensa comune o nel giardino interno, avevano appena fatto ritorno ai loro uffici ed erano tornati alle mansioni di sempre.

La squadra Quinx era rientrata agli appartamenti e Akemi si era ritirata nella sua stanza per dare un'occhiata alle varie quinque. Dopo aver scoperto un paio di ottime spade ne trovò una che rispecchiava perfettamente i suoi gusti. Si trattava di uno sperone di metallo circondato da tre lunghi tentacoli rossi pronti a colpire. La richiuse e posò la valigetta più distante dalle altre, come segno per ricordarsi di cosa si trattasse.

Decise di controllare quella che il signor Yoshitoki le aveva consegnato di persona. Non appena liberò la lunga frusta un sorriso le solcò il volto. Quella era senz'altro la sua preferita. Un'arma in grado sia di difendere che di attaccare senza alcun problema.

Una volta rimessa a posto si stese sul materasso a guardare il soffitto. Durante quell'allenamento le erano tornati dei ricordi riguardanti l'Anteiku, e in particolare la sua collega Touka. Si girò di lato e mise a fuoco l'immagine dello scontro che avevano avuto. Le tornarono in mente le parole di Black Rabbit.

Un locale di nome :re. Doveva andarci, presto o tardi. Si alzò di nuovo, prese con sé una valigetta-spada e uscì in soggiorno.

«Akemi, dove vai?» la richiamò la voce paziente di Haise.

«A prendere un caffè.»

Moonshine | Tokyo Ghoul :reDove le storie prendono vita. Scoprilo ora