Famiglia

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Quel giorno ogni cosa aveva assunto un nuovo significato per Akemi. La decisione di disdire gli allenamenti le aveva provocato un senso di quiete interiore e al contempo di perdita. Sentiva come se qualcosa fosse terribilmente fuori posto, eppure a quel punto non c'era nulla che potesse fare per liberarsi di quel pensiero.

Dopo il bacio inaspettato che aveva scambiato con Haise, i due si erano trasferiti in soggiorno, dove avevano trascorso un paio d'ore a giocare a scacchi accompagnati solo dal silenzio. Akemi aveva vinto ogni partita, come d'altronde ci si doveva aspettare da una mente sopraffina come la sua.

«Scacco matto in due mosse.»

«In che modo? Non capisco... Akemi, che ne dici di andare a preparare la colazione? Gli altri si sveglieranno tra poco.» propose Haise rimettendo le pedine in una scatoletta di legno e passandola alla giovane perché facesse lo stesso.

Akemi rimase qualche secondo con l'alfiere stretto fra le dita, poi raccolse le gambe al petto e il suo sguardo finì sul pavimento.

«Haise... Stanotte ho ricordato qualcosa del mio passato.» gli disse con voce pacata.

Il ragazzo si fermò e si mise ad ascoltarla, consapevole che probabilmente un'occasione del genere non si sarebbe più ripetuta.

«Come ti avrà detto il signor Arima, io una volta lavoravo in un bar chiamato Anteiku.» sussurrò. «Un giorno... Arrivò un ragazzo. Il suo nome era Ken Kaneki. Lui portò una nuova pace all'Anteiku. Tutti gli altri camerieri gli volevano bene e lo consideravano parte della loro famiglia. Con il passare dei mesi lui era diventato il cuore del locale.»

Si interruppe di colpo e alzò lo sguardo in quello di Haise.

«Io me ne andai poco dopo. Non riuscivo più a sentirmi a casa lì assieme a loro. Ho ceduto alla fame che si nascondeva nelle profondità della mia anima.» inclinò la testa a lato come suo solito. «Quel giorno, Kaneki provò a dissuadermi in ogni modo. Mi abbracciò. È stata la prima volta nella mia vita che qualcuno mi abbracciava. La prima volta che qualcuno oltre a lui mi voleva bene.» mormorò.

Haise si bloccò sul posto, le immagini delle scoperte che aveva fatto qualche settimana prima gli piombarono addosso come una raffica di pietre dal cielo. Akira gli aveva detto ogni cosa. Lui... lui era Ken Kaneki.

«Quel ragazzo eri tu, Haise.» concluse.

«Akemi...» disse soltanto.

In quel momento si aprì la porta della stanza di Saiko, e la ragazza uscì con un'espressione davvero triste.

«Maman! Ho perso di nuovo.» disse.

Haise non rispose, ancora intrappolato dalle parole di Akemi.

«Maman

«Sassan!» esclamò un'altra voce. «La... Zombie di ghiaccio? Voglio dire... L'investigatrice di classe speciale Ren? Non dovrebbe essere agli allenamenti, Sassan?»

«Sì.» rispose Akemi afferrando il sacchetto dei confetti e iniziando a masticarne uno con gli occhi chiusi.

Haise sembrò svegliarsi dal suo stato di confusione.

«Saiko... Shirazu... Akemi d'ora in poi si allenerà con noi, che ne dite?» domandò loro.

I due si guardarono con gli occhi spalancati.

«Per quale motivo, Sassan?»

«Penso che abbia molto da insegnarci. E poi, visto che la nostra squadra sarà subito dietro di lei dobbiamo essere pronti ad affrontare chiunque.» rispose. «Dove sono Urie e Mutsuki?» domandò poi.

«Uh...» rispose Shirazu controllando le porte delle loro stanze. «Penso che stiano ancora dormendo.»

«Akemi.» la chiamò Haise. «Allora, perché non vieni con noi a preparare la colazione?»

La ragazza non rispose e rimase a fissare i confetti con gli occhi vitrei di sempre.

«Haise... Io... sono un ghoul, non è così?»

Le sue parole fecero precipitare un nuovo e più teso silenzio nella stanza.

«Tu... Mangi gli stessi cibi degli umani, come noi. Come puoi essere un ghoul?» chiese Shirazu contrariato. «E poi, tu non possiedi una kagune

Akemi strinse con più forza le ginocchia al petto, poi sussurrò un "sì" tanto debole che Haise fu l'unico a sentirlo.

«Saiko, Shirazu. Andate in cucina. Io vi raggiungo tra poco.» fece loro cenno di procedere e lasciarli soli.

«Io sono un ghoul, come te, vero?» domandò una volta che i due Quinx se ne andarono.

«Akemi, che tu sia un ghoul o un essere umano non ha importanza. Qui sei a casa e nessuno ti giudicherà mai per la tua natura. Non dimenticarlo mai. Noi siamo la tua famiglia.»

«Famiglia...»

Ancora quella parola. Il signor Yoshimura... Anche lui le aveva detto quelle cose quando l'aveva incontrata per la prima volta.

«Ora te la senti di venire assieme a me? Vedrai, sono certo che ti divertirai.»

Le afferrò una mano e la condusse in cucina, dove Shirazu stava asciugando i piatti e le tazze che erano rimasti nella lavastoviglie e Saiko stava provando a prendere il miele da un ripiano decisamente troppo alto per lei.

«Sassan!» lo salutò Shirazu, sorpreso dalla presenza di Akemi. «E anche la signorina Ren...?»

«Sì. Voglio che prepariate i pancakes assieme ad Akemi.» disse loro con un tono autoritario che non ammetteva repliche.

«Sissignore.»

Shirazu posò lo straccio e spostò una bilancia sul bancone.

«Prima di tutto bisogna pesare gli ingredienti. Si parte con le uova, noi siamo in sei, quindi...»

Akemi si diresse verso il frigo mentre l'altro stava ancora ragionando sulle quantità e prese tutto il necessario per fare due pancakes a testa.

«Signorina Ren, serviranno...»

«Tutto questo è sufficiente.» rispose l'altra in maniera meccanica posando gli ingredienti in una fila affianco alla bilancia.

Shirazu guardò senza parole le cose che aveva preso.

«Come...? Tu... Come? Sono...» balbettò notando che le quantità corrispondevano perfettamente alle sue previsioni.

«Avranno bisogno di un minimo di un quarto d'ora in frigo per riposare. Sarebbe opportuno iniziare adesso ad impastare.»

Saiko e Shirazu si scambiarono una lunga occhiata sorpresa. Haise si passò una mano sulla nuca spiacente. Quando si trattava di Akemi, non c'era mai un dato che non sapesse.

Mentre Saiko e Shirazu si dedicavano all'impasto, Haise si avvicinò ad Akemi con una tavoletta di cioccolato fondente e un pacco di cereali.

«Potresti prendere un pentolino dalla credenza?» le chiese.

«Affermativo.»

Akemi glielo porse e lo guardò mentre si sistemava affianco al fornello.

«Sono certo di conoscere una ricetta che tu non sai. Hai mai preparato le "rose del deserto"? Sono dei fiocchi di cereali ricoperti di cioccolato e lasciati a riposare in frigo.»

«Negativo.»

«Ecco. Prendi un pezzo di cioccolata e inizia a spezzettarlo, poi metti i quadratini nel pentolino.»

Akemi fece come richiesto e poi si fermò a guardare Haise in attesa di un ordine da parte sua.

In quell'istante i suoi occhi scivolarono verso Shirazu e Saiko, i quali bisticciavano su chi dovesse sbattere le uova con la frusta. Inclinò la testa a lato. Haise seguì il suo sguardo.

«Sono buffi, vero? È la stessa storia tutte le mattine.»

Akemi rigirò la testa verso il pentolino come se non avesse mai smesso di fissarlo. Buffi... di nuovo quell'aggettivo. Forse non era qualcosa di riferito solamente a lei. Gli umani... Tutti gli umani potevano essere buffi.

Moonshine | Tokyo Ghoul :reDove le storie prendono vita. Scoprilo ora