Il cuore (parte 2)

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I due si trasferirono in cucina, dove Haise iniziò a preparare il caffè mentre Akemi guardava fuori dalla finestra con disinteresse. La neve della notte precedente si era trasformata in pioggia e ogni cosa aveva perso il manto bianco caratteristico.

Akemi chiuse gli occhi. Haise non aveva avuto l'occasione di vedere la neve, così come tutti gli altri investigatori. Forse nessuno della CCG era sveglio in quel momento. Strinse i pugni.

Quello sarebbe stato un suo segreto, così come l'incontro con l'investigatore Amon. Si posò una mano sul cuore e strinse il tessuto rigido della camicia fra le dita. La probabilità di successo in quella loro operazione era del 38,34% secondo i dati aggiornati.

Ciononostante, aveva deciso di tenere all'oscuro di quel dato tanto preoccupante tutti i suoi colleghi modificandola fino a raggiungere un buon 70%. Solo in quel modo le sarebbe stata concessa l'autorizzazione a procedere.

«Akemi, quale quinque porterai con te, oggi?» le chiese il ragazzo mentre versava il liquido caldo in due tazze larghe.

La giovane non si mosse e rimase ad osservare come il suo fiato caldo appannava il vetro della finestra.

«Red Tongue. La lingua rossa che mi ha dato il signor Yoshitoki.» rispose disinteressata.

«Capisco... Beh, io pensavo di usare la mia solita spada. E poi, ho sempre con me la kagune

Le sorrise e la accompagnò in salotto, dove si sedettero l'uno di fronte all'altra sui divanetti.

Kagune.

Akemi rivide davanti a sé le scene che le erano apparse prima che riuscisse a respingere Maya. La sua kagune... Una volta era rinkaku, tuttavia, dopo aver divorato tutti quei corpi... Era cambiata. Erano nati altri tentacoli blu attorno alla sua frusta rossa, che poi si erano ripiegati su sé stessi e avevano assunto la forma dei petali di un fiore, e poco dopo la loro base si era ramificata in piccole sporgenze simili a foglie appassite. Sì, la sua kagune sembrava un grande giglio blu con il pistillo rosso e le foglie nere. Maya era un kakuja incompleto.

Magari fosse solo questo.

Scosse di nuovo la testa.

«A cosa stai pensando, Akemi?»

«Non è nulla.» replicò.

Bevvero il loro caffè in silenzio, poi Akemi si alzò e tornò verso la sua stanza.

«Conoscevi Shuu Tsukiyama?»

Haise alzò la testa colpito dall'improvvisa domanda.

«Penso di sì...»

Akemi annuì e ricambiò lo sguardo dell'altro.

«Allora sarò io ad occuparmi di lui se ne avrò l'occasione.»

«Come vuoi, Akemi. Lo sai che mi fido di te.»

Sul viso gli comparve un sorriso felice, che si spense non appena la ragazza scomparve nella sua camera. Posò la tazza sul tavolino e sospirò. Era da un po' di giorni che non riusciva più a parlare con lei. Qualcosa lo aveva fermato, come un alto muro invalicabile. Akemi... C'era qualcosa che non andava in lei, e non era dovuto alla sua nuova dieta a base di esseri umani e ghoul. Era diversa.

13:41:03.

Mentre la giornata procedeva senza alcun problema per tutti gli investigatori della CCG, Akemi sedeva su un divanetto della sala d'attesa assieme a un grazioso sacchetto dei suoi confetti preferiti. Era appena iniziata la pausa pranzo, ma lei non aveva intenzione di presentarsi in mensa o uscire a mangiare qualcosa. Era decisa a vedere il capo Washu il prima possibile e a quel proposito aveva portato con sé una chiavetta con tutti i dati che aveva messo a posto nel corso della notte precedente.

Voleva domandargli l'approvazione per una formazione leggermente differente da quella originale e non si sarebbe mossa prima di aver sentito la sua decisione a riguardo.

Raccolse le gambe al petto e affondò il mento fra le ginocchia di malumore. I confetti erano finiti. Sospirò e tornò a guardare l'orologio. Erano trascorsi 12 minuti esatti da quando era arrivata. 12 minuti della sua vita che avrebbe potuto occupare con attività più produttive, come ad esempio archiviare casi ormai risolti lasciati da Arima sulla sua scrivania.

All'improvviso sentì un doppio colpo sul muro affianco a lei, che la spinse ad alzare gli occhi.

«Yuu-huu! C'è qualcuno in questa prigione?» domandò con ironia una voce entusiasta e allo stesso tempo ironica.

«Investigatore Suzuya.» lo salutò.

«Ah, ma guarda chi si vede! Tu non sei forse l'investigatrice Ren? Ma che coincidenza! Anche tu aspetti il grande capo?»

«Affermativo.»

Il ragazzo dai capelli neri compose un sorriso stupido che esaltava le cuciture a croce a lato delle sue labbra.

«Beh, investigatrice Ren, perché non andiamo a fare un giro finché non finisce la pausa pranzo? Io ho già mangiato e non voglio rimanere qui dentro. È così noioso!» esclamò alzando gli occhi e poi chinandosi verso la ragazza.

«Negativo. Il mio posto è questo.»

«Oh, andiamo, investigatrice Ren!» la pregò congiungendo le mani e fissandola dritta negli occhi.

«Negativo. Le probabilità che il signor Yoshitoki rientri prima della fine della pausa sono del 67% considerando i dati finora raccolti.»

«Ti preeego! Volevo andare in un posto dove mi portava sempre il signor Shinoara. Oh, è un posto bellissimo, e ci sono tanti bambini felici.» spiegò alzando una gamba come un fenicottero, dando sfoggio del nuovo paio di pantofole rosse che indossava.

Akemi sospirò. Stava perdendo la pazienza. Dal giorno in cui Maya l'aveva controllata era molto meno incline alla sopportazione, e la cosa non le piaceva per nulla. Cosa sarebbe successo se avesse perso i nervi?

Si alzò in piedi e infilò la chiavetta nella tasca della giacca, quindi si avviò verso l'uscita. Come previsto, Juuzou la seguì poco dopo.

«Investigatrice Ren! Allora, vieni con meee?»

«Non ho scelta se voglio che i miei timpani continuino a funzionare nella maniera corretta.»

«Lo sapevo che alla fine ti avrei convinta! Bene! Seguimi, forza! Arriveremo in pochi minuti!»

Juuzou la precedette e la afferrò per la mano. Akemi rimase sorpresa. Nessuno prima di quel momento l'aveva mai presa per mano.

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