Capitolo 5

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DOMINIC

Mi sveglio con un'ora di ritardo e cerco almeno tre motivi validi per non rimandare il pranzo a cui dovrei essere fra meno di trenta minuti.

Mentre rifletto mi fiondo sotto la doccia, lego scompostamente i miei capelli in un ammasso sulla nuca e indosso i primi panni che trovo, bagnandoli leggermente non essendomi asciugato con attenzione.

Faccio un giro per il salone ma non trovo traccia di mio fratello, finché non leggo il messaggio attaccato al frigo – sto vagando per il palazzo, ci vediamo quando torni da lavoro -.

Mi gratto la nuca chiedendomi come faccia mio fratello a conoscere sempre tutti e a farsi volere cosi bene.

Sono quattro anni che abito qua, e non ho conosciuto ancora nessuno se non la signora Martinez che mi abita davanti, e solo perché Darren mi ha costretto a salutarla e dirle grazie per le torte che ogni domenica mi gusto grazie alle sue mani. Non sono mai entrato in casa dei miei vicini.

Mentre mio fratello, arriva, sorride e tutti gli diventano amici.

Esco di casa più tranquillo, sapendolo comunque qui vicino casa. E conoscendo tutti i nomi dei miei vicini, avendoli letti sui campanelli ogni volta che entro ed esco dal palazzo. Non c'è nessun nome losco.

O almeno credo..

Smetto subito di riempirmi di nuovi pensieri ossessivi sulla sicurezza di mio fratello, mentre monto sulla moto e mi dirigo dritto dai miei amici, venuti in città per salutarmi e aggiornarmi.

Una volta arrivato al locale indicato da loro su whatsapp capisco subito perché hanno insistito per venire qui.

Questa bettola si chiama "la casa degli anni 60". Sorrido quando vedo Mattia e Cristian all'interno che guardano il menù come due intenditori.

Smonto dalla moto e tolgo il casco sperando che i miei capelli non facciano pietà, mentre avanzo nel locale che mi catapulta indietro nel tempo.

Non sono nato negli anni sessanta, ma li amo e ne ossessiono i miei amici, a tal punto che a quanto pare scelgono i locali che mi piacciono solo per farmi uscire di casa.

Mi siedo al tavolo dopo averli salutati e loro attaccano

« Buongiorno testa di cazzo, le sveglie esistevano anche trent'anni fa sai? »afferma Cristian, il più precisino dei tre.

Io e Mattia ci guardiamo in faccia, prima che io possa parlare, lo fa lui « È nervoso per Allyson, l'ha lasciato »

« Di nuovo? » azzardo ridacchiando mentre Cristian inizia a borbottare come una pentola di fagioli.

« No, sono nervoso perché anche tu mi hai fatto aspettare questa mattina in stazione. Stavamo per perdere il treno! Sapete quanto odio aspettare razza di ritardatari incalliti »

Lo interrompiamo con due sonori "sì" e finalmente riusciamo ad ordinare qualcosa alla cameriera carina che arriva a prendere le nostre ordinazioni.

Nella mezz'ora successiva io e Mattia dobbiamo sorbirci l'ennesima crisi tra Ally e Cri spiegata dettagliatamente dal diretto interessato. Noi lo interrompiamo solo per scommettere qualcosa su dove, come e quando torneranno insieme.

Sono la classica coppia tira e molla. E tutti lo sanno. Tranne Cristian, che ogni volta pensa sia l'ultima volta.

Finisco il pranzo invitandoli questa sera al locale, dove gli prometto di offrire ad entrambi due dei miei migliori cocktail per tirare su il nuovo single. Entrambi accettano senza esitazioni e finalmente posso tornare a casa per godermi le ultime ore prima di attaccare al Barry's.

Quando tolgo il casco prima di scendere dalla moto, noto dei nuvoloni scuri in cielo.

La pioggia mi è sempre stata amica, m'ispira nei momenti di scrittura e mi fa compagnia nei momenti in cui mi sento malinconico o solo. Oggi però la pioggia è inaspettata.

Affretto il passo per salire nel palazzo e noto un nuovo biglietto attaccato alla porta una volta che la richiudo – forse stanotte vado da papà, ho già avvisato mamma – .

Mi chiedo: ma mio fratello sa dell'esistenza dei telefonini? Perché non è possibile che mi riempia casa di messaggi che potrebbe comodamente inviarmi dal suo telefono.

Sbuffo di nuovo e mi accorgo che sono già le quattro.

Non faccio in tempo a fare nulla prima di attaccare al lavoro. Perciò mando un messaggio veloce a Darren per convincerlo a restare da me e non andare da papà questa sera.

Non mi piace quando va da lui, ancora di più quando ci passa una notte intera.

Solo una volta è successo quello che è successo, ma da quel giorno, ogni volta Darren, quando torna da quella casa, perde tutta la luce che di solito emana. E questa cosa a dir poco m'infastidisce.

So cosa sa fare papà con le mani, ma so ancora meglio cosa può fare con delle semplici parole.

Mi distraggo finalmente azionando il mio giradischi che inonda tutte le stanze del mio appartamento con Chasing Shadows di Django Reinhardt.

Comincio ad allenarmi con i pesi comprati un paio di anni fa. Inizio a lavorare sulle mie braccia, la parte più importante dopo le mani e la vista , oltre al gusto, che uso per lavorare.

Poi faccio una serie di flessioni per rafforzare l'addome ed infine mi faccio venti minuti di corsa a perdi fiato sul tapis roulant che non uso da troppo tempo.

Quando mi sento le tempie pulsare e i muscoli abbastanza caldi e stanchi, mi sento soddisfatto.

Adocchio l'ora sul mio smartphone che lampeggia e noto che sono già le cinque.

Merda.

Se faccio tardi a lavoro non ci sarà nessun Cristian a infastidirmi con le sue lamentele, ma ben peggio, il mio capo.

La teoria dei due amoriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora