Capitolo 27

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DOMINIC

Passo il turno a pensare a lei. Anche se non voglio, anche se dovrei odiarla.

Forse la mia testa ha deciso di vivere di vita propria e ignorare i miei sentimenti, perché continua a ricordarmi Leika come un mantra. Mi ritrovo cosi velocemente in un loop di pensieri tanto semplice quanto complicato:

i fondamentali? Non mi sono ancora scusato. E allo stesso tempo lei non si è scusata per il suo pessimo comportamento.

Perché deve scusarsi anche lei no?

 I miei colleghi ogni tanto mi lanciano occhiate di fuoco per avvisarmi di sorridere di più ai clienti, ovviamente li ignoro.

Il tempo non vola come al solito e mezz'ora prima della mezzanotte posso già smontare e uscire dal locale.

Ma quando sono a metà strada mi accorgo che sto brontolando come una pentola di fagioli e dico a me stesso che questa cosa deve finire.

Il fatto è che mi sento braccato. La vedo a lavoro, a casa, e ora penso anche a lei? No, non va bene.

Torno indietro e mi ritrovo in pochi minuti di nuovo davanti all'uscita di servizio del Barry's.

Dio questa serata mi sembra infinita

Faccio un respiro profondo e rientro in cucina. Noto che non c'è più quasi nessuno. La squadra di Melania si è dileguata e noto proprio lei che si sta mettendo il cappotto per dirigersi fuori. Mi vede e strabuzza gli occhi curiosi.

Le lancio un sorrisetto, tanto per tenerla buona ed entro in cucina dove c'è già l'uomo delle pulizie e Leika che sta finendo.

La guardo tra un misto di rabbia e imbarazzo.

Senza voltarsi la sento parlare « Lo sai che sei inquietante? ».

Io mi volto verso l'uomo che pulisce ma lui nemmeno ci sente, tanto è concentrato ad ascoltare la musica che esce fin troppo alta dalle sue cuffie.

Mi avvicino per non continuare a fare il guardone e le chiedo « A che ora finisci? ».

« Vuoi uccidermi? » chiede lenta e scandendo bene le parole « Perché la tua faccia non ispira cose meravigliose ».

« Sei esasperante » ammetto.

« Io? » chiede ridacchiando.

Mi rifiuto di parlarle ancora e faccio per andarmene quando sento « Dammi dieci minuti e ho finito ».

La ignoro e l'aspetto fuori. Seduto sul muretto del parcheggio a gelare.

I dieci minuti che sembrano due ore, terminano, e lei esce tutta infagottata com'è arrivata.« Pensavo te ne fossi andato ».

« Volevo parlarti » annuncio alzandomi impettito .

« Addirittura » sussurra « Possiamo parlare mentre andiamo a casa? ».

Mi sembra una giusta osservazione. Ma così mi ricorda che abitiamo nello stesso palazzo e che siamo dannatamente sempre troppo vicini.

Annuisco e aspetto che mi superi « Dunque io penso di doverti delle scuse » ammetto contrito.

Lei mi guarda sorpresa. Ma realmente. I suoi occhi non sono ironici. Non se l'aspettava.

Ma per chi mi ha preso?

 Annuisce silenziosa e camminiamo uno di fianco all'altro. I nostri gomiti si sfiorano. O meglio: il mio sfora quasi la sua spalla e il suo mi sfiora più giù.

Non è cosi fastidioso come dovrebbe..

E penso troppo spesso a questo.

La stuzzico un po' dicendo « Be anche tu mi dovresti delle scuse ».

Lei scrolla la testa « Senti, ricominciamo, che ne dici? E per la cronaca, io non ti devo delle scuse per nulla. Forse solo per essere venuta a casa di tua mamma senza avvisare ma io non pensavo foste tutti li! Dio santo ».

Io la osservo curioso dopo questo exploit, ma lei non mi lascia il tempo di replicare « Ricominciamo significa cerchiamo di essere buoni vicini e colleghi ovvero rispettiamo le regole base: ci si saluta, non si invade la privacy dell'altro, non ci insultiamo e soprattutto » fa una pausa ad effetto sbarrandomi la strada « Smettila di ascoltare musica a tutto volume in camera tua. Perché è esattamente sotto la mia! ».

Rifletto un po' sulla sua proposta, purtroppo però sembra tutto ragionevole tranne l'ultimo punto. Quello non si discute. Ma non lo dico a lei, onde evitare di rompere questo equilibrio precario.

Molto precario. Me lo sento.

« Ci sto ».

« Ci stai? » chiede stupita come prima.

« Oh avanti Leika ma per chi.. »

Comincia a fermare la mia domanda alzando le mani verso di me e blaterando « Abbiamo ricominciato ricordi? Niente litigi ».

Infastidito, le prendo il braccio e la sposto da davanti. Anche perché rischia di farsi male a camminare all'indietro , parlare e dire stronzate. Tutto insieme.

La riporto al mio fianco e decreto la pace fatta con il silenzio.

La teoria dei due amoriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora