Capitolo quarantotto.

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Le emozioni che sto provando in questo momento sono un boom astronomico di rabbia, rancore e dolore.
Se Demangelus avesse detto la verità, io non potrò mai più riavere il mio Lucifero, gli Inferi stessi non potranno più averlo e l'Equilibrio ne risulterebbe le conseguenze.

Che poi, cosa cazzo me ne frega, a me, di Equilibrio e di Inferno?! Io voglio mio marito, colui che mi ha fatto innamorare; colui che non poteva nemmeno essere capace di provare l'amore, ha scelto me, proprio me; colui che ho sposato e che non ho avuto nemmeno il modo di godermelo appieno.
Come osa questa sottospecie di bastardino alato, sottrarmi ciò che tra tanto dolore era la mia felicità?!

-Hai dimenticato la cosa più importante.- Impugno la spada, innalzandola e puntandola verso Demangelus. -Sono un essere tremendamente vendicativo.-

Dalla punta della lama, fuoriesce una forte luce bianca. Essa parte e colpisce Demangelus in pieno. È un raggio continuo, che porta l'Ibrido per eccellenza a cadere in picchiata e a depositarsi sul suolo, facendolo sprofondare di qualche metro.

Tale potenza in rare volte si era vista, tanto che tutti gli esseri che stavano combattendo si bloccano, guardando l'enorme buco creatosi, coperto da un alone di fuliggine e terra.

Tutto tace, neanche il vento osa proferir parola in questo momento. Un silenzio mistico, che quasi mi porta a pensare che colui che ho appena colpito sia morto, dando fine si nostri timori.

Ascendo piano dal cielo, toccando finalmente i piedi sul suolo. Le ali sono stanche, non abituate a così tanto tempo in volo: ne approfitto per ritirarle.

-È morto?- Domanda Belial, il quale è poco distante da me.

-Non chiederlo a me.- Lo guardo con aria confusa, alzando le spalle.

Ancora silenzio. Persino i Mephit hanno smesso di combattere, sicuramente timorosi che la protezione di Demnagelus non serva più e che a poco a poco, verranno sterminati dal nostro stesso Dio.

Quando la piccola nube si sta per dissolvere ecco che un ombra alata fa' cessare ogni nostro piccolo canto di vittoria interiore.
L'Ibrido è ancora lì, con sguardo che non perdona e tiene stretta la sua spada.

I Mephit non aspettano nemmeno che fiati, tutti insieme iniziano nuovamente ad attaccare, ed ecco che il silenzio cessa.

-Tutto qui?- Domanda Demangelus, fingendo ironia.

Il labbro rotto e i diversi graffi che si ritrova per tutto il corpo non mi fanno dubitare nemmeno per un secondo che quell'attacco non l'abbia realmente scalfito. -Vedremo.- Sorrido, sentendo di nuovo la rabbia invadermi.

Spiego nuovamente le ali e parto subito in attacco, sferrando un colpo con la spada, anche troppo rabbioso e potente.
Demnagelus lo para senza adoperare il minimo sforzo, ed ecco un altro tuono che si irradia attorno a noi.

-Tu... Sciocca...- Ringhia, partendo verso di me.

Paro il colpo che mi ha riservato, ma a fatica, le sue movenze sono paragonabili ad un balletto di danza classica, misto all'antica arte del Kung fu, leggero ma veloce.

Tuono, un altro tuono ed un altro ancora. Ogni volta che le lame si scontrano il cielo risponde come se per incitarci a fare di più, molto di più.

Passano i minuti e mentre sento gli strilli di soldati che cadono in battaglia morenti, di Mephit che urlano con le loro voci stridule e innaturali, come per cantare una vittoria contorta, le forze iniziano ad abbandonarmi.

Infiltrata nei ricordi. (INM3)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora