Fall down..
Kathleen's p.o.v
Tre giorni.
Tre giorni.
Tre fottutissimi giorni che sono rinchiusa in camera mia a non combinare nulla.
Tre giorni di relax e ripensamenti.
Tre giorni pieni di telefonate senza risposte.
Gween la sera stessa dell'accaduto mi scrisse come andò,le risposi semplicemente: una merda.
Lei mi chiamò subito ma non avevo per nulla voglia di parlarle.
Stavo ripensando agli avvenimenti,non solo di quel giorno,perchè per quanto io ci pensi e ripensi vi giuro che non riesco a starci male.
Non mi ha toccato proprio.
Ho deciso di non andare a scuola e rifugiarmi nella mia camera non perchè Alexander mi ha resa triste.
Assolutamente no.
Perchè mi ha fatto ricordare.
Ricordare quel brutto periodo che la mia testa non riesce a lasciare indietro.
Di questo non riesco a parlarne nemmeno con Gweenny. Ma lei sa.Sa tutto. Mi capisce,lo fa sempre.
Mi lascia i miei spazi.
Infatti sono due giorni che non la vedo o non la sento.
Lei sa che mi farò viva io.
Sa che probabilmente ho bisogno di un pezzo di carta o il pallone.
Sa che per farmi sbollire c'è bisogno di minimo una settimana.
Ripeto, lei sa tutto,forse anche di più dei miei genitori.
Mi sbaglio, togliete il forse.
Non è una novità. Sbaglio sempre.
Sbaglio i comportamenti.
Sbaglio a fidarmi delle persone.
Sbaglio a lasciarmi andare.
Forse sbaglio persino a vivere, non credete?
Magari qui l'errore sono io.
Eppure non ho le palle.
Non ho le palle di dire basta una volta per tutte.
A quest'ora non esisteva più nessuna Kathleen.
O magari semplicemente sono nata in un epoca sbagliata,giusto?
Ma certo,illudiamoci, tanto so fare solo quello.
Tendo ad illudermi che le persone siano diverse,che non ci sia mai uno scopo finale.
Semplicemente credo ad una realtà che non esiste.
Che purtroppo non esiste.
Sbuffando prendo la prima felpa che trovo e un leggings, infilo le scarpe da ginnastica e mi volto a prendere la palla della Champions League.
Corro per le scale ignorando i richiami di quella santa donna Rosa.
Apro la porta, non mi preoccupo nemmeno di recuperare il telefono. Ho bisogno di staccare da tutto e da tutti.
Piove.
E' un dato di fatto. La maggior parte delle persone dicono di adorare la pioggia. Adorano il suono che fa quando colpisce il terreno, l'odore che rilascia di bagnato e anche quel senso di fresco. Dicono che dà un senso di tranquillità.
Addirittura lo considerano un momento intimo con quest'ultima.
E voi, voi che ne pensate?
Io credo - mi sembra di averlo già detto - che invece sia una grande schifezza.
Durante la pioggia non si può fare niente.
Ti lascia quel senso di malinconia fino a che non spunta nuovamente il sole.
Ti porta ad essere triste.
Noi siamo come gocce d'acqua che scendono dal cielo immenso.
Scendiamo da sole, ma una volta arrivate al terreno ci mescoliamo alla massa, distrutte, per essere calpestate nuovamente.
Non mi interessa nemmeno. Ho bisogno di fare quattro tiri e liberare la mente.
Mi incammino verso il campetto che mi ha salvata più volte.
L'ho trovo vuoto. Immaginavo.
Non ci viene più nessuno da anni.
Non so nemmeno il motivo.
Insomma, non è molto ben curato ma per giocare a calcio c'è bisogno solamente di due porte, poi ci si arrangia.
Le gocce d'acqua continuano ad infrangersi su di me,ma me ne frego.
Butto la palla a terra e fortunatamente c'è abbastanza erba da evitare il contatto col fango.
Comincio a correre e lancio il pallone con prepotenza nella porta.
Continuo così per non so quanto tempo tanto che ormai sento i miei vestiti aderirmi completamente al corpo, come una seconda pelle.
Prendo un ultima rincorsa e lancio la palla all'interno dei due pali, bucando la rete precedentemente logora.
Un rumore di un battito di mani mi fa voltare.
«Complimenti.» fa verso di me.
Non lo conosco.
Vedo solo un ragazzo poco più alto di me con un ciuffo all'indietro apparentemente biondo. Nulla in confronto ad Alexander.
Perchè diamine faccio i paragoni con quello screanzato.
«E tu chi cazzo sei?» gli chiedo, la distanza non è molta. Potrebbe essere benissimo un killer che vuole sgozzarmi e seppellirmi.
«Sono Zack,» mi rivolge un sorriso «E tu sei?»
Non dovrei parlare con gli sconosciuti ma dai,diciamocelo, chi mai ascolta quello che viene insegnato da i genitori?
«Kathleen.» dico soltanto prima di voltarmi verso il pallone per recuperarlo.
«Bene Kathleen, che ci fai qui, tutta sola, nel bel mezzo di una tempesta, senza nemmeno un ombrello?»
Inarco un sopracciglio guardandolo, in teoria parlare con gli sconosciuti fa bene «Piccolo sfogo.» dico soltanto.
«Anche io mi metto a giocare a calcio quando ho una giornata no. Se vuoi qualche giorno di questi ci facciamo due tiri insieme.»
Sorrido.
Qualcuno che la pensa come me.
«Ci sto.»
«Bene Kathleen, ti posso accompagnare o ti serve altro tempo per pensare?»
Ci penso un po' su e perchè e la vera domanda sarebbe perchè no?
«No, credo di aver sbollito abbastanza.» mi volto verso di lui,raggiungendolo sotto l'ombrello.«Sarà un onore accompagnarti a casa nuova Alex Morgan!» e scoppiamo a ridere come due idioti.
Il ritorno a casa è stato più divertente del previsto.
Zack mi ha raccontato di suo padre,la sua unica famiglia, e mi ha detto che si è trasferito da nemmeno tre giorni.
Ho scoperto che frequenterà la mia stessa scuola, così ci potremmo vedere e conoscere di più.
E' davvero un bravo ragazzo e non penso abbia cattive intenzioni. Ah si e suo padre è un nuovo professore, di arte se non sbaglio.
«Grazie Zack, è stato molto confortante parlare con te!» squittisco sulla soglia di casa. Lui sorride spavaldo e «Il piacere è stato mio, ci vediamo domani?»
Deglutisco, domani avevo intenzione di rimanere a crogiolarmi sulla mia vita di merda.
Ma il suo sorriso è così luminoso e sincero che riesco solamente ad annuire.
«Beh allora ciao» soffio salutandolo con la mano ricevendo in cambio un occhiolino.
E' strana come va la vita.
Prima sei triste, angosciato, malinconico e un attimo dopo ti ritrovi a sorridere per un non apparente motivo.
Salgo in camera mia, salutando prima Rosa, e mi fiondo in bagno a lavare via le mie preoccupazioni ed anche ad evitare una polmonite.
Intanto il telefono è intasato di messaggi di Gween.
Strano, sarà successo qualcosa, ma sono troppo egoista per importarmene adesso che ho ritrovato un po' di luce.
Alexander ha riaffiorato tanti ricordi che ero riuscita a mettere da parte.
Quell'anno.
L'anno in cui si sono approfittati di me durante una festa. L'anno che ero uscita fuori di senno.
L'anno in cui volevo ritornare qui.
L'anno in cui sono diventata un'altra persona.
Se solo fossimo rimasti a Londra.
Se solo mia madre mi avesse ascoltata e se solamente mio padre non fosse tutt'oggi così freddo con me.
Perchè secondo loro io dovrei diventare come loro.
Se lo possono semplicemente scordare.
Io sono Kathleen Darrison.
E sono chi voglio essere, non chi qualcuno voglia che io sia.
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Buonpollo!
Capitolo leggermente triste,mi dispiace.
Comunque non saltate a conclusioni affrettate,nei prossimi capitoli ci saranno degli approfondimenti!
Stellinate e Commentate
All the Love <3
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A Fantastic Goal
ChickLitIn una scuola superiore prettamente maschile, una ragazza, Kathleen Chelsea Darrison, lotta per la sua squadra di calcio. Alexander Chanex, capitano della squadra, cerca in tutti i modi di convincere il coach a lasciare un unica squadra. Kathleen, d...