CAPITOLO DECIMO-Non bastava

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Melody appoggiò la valigia al muro e sciolse le spalle. Sbuffò leggermente, dondolando le braccia lungo i fianchi. Si guardò intorno per un attimo. Nessuno. Tolse le scarpe, rimanendo a piedi scalzi, e sgattaiolò in camera di Tina. A un certo punto dovette appoggiarsi al muro: aveva appena avuto un déjà vu. Si ricordava di correre nella stanza di Leta, molti anni prima. E poi... e poi le chiedeva di... no, nulla. Il suo ricordo non andava oltre. Abbassò la maniglia ed entrò.

L'Auror dormiva, con un'espressione corrucciata. La ragazza le toccò la fronte: era calda. Si guardò intorno cercando un fazzoletto di stoffa, ma non ne vide alcuno. Strano, da parte di Queenie. Prese il suo dalla tasca dei pantaloni e andò a bagnarlo. Sua madre non le avrebbe mai permesso di prestare a qualcuno il suo fazzoletto.
“È qualcosa di privato” diceva sempre, quando qualcuno del villaggio stava male.
Strizzò la stoffa e tornò da Tina. Le posò il fazzoletto sulla testa e si sedette di fianco a lei.
Quella donna era sempre stata per lei come un esempio da seguire. Avrebbe voluto essere come lei. Forte, leale… forse lo era. Ma stava già dubitando di Newt, che aveva dato il suo consenso a crescerla. Credence aveva ragione, dopotutto: avrebbe dovuto avere più fiducia in lui. Ma la aveva anche in Tina, e il fatto che lui non rispondesse ai calzini la insospettiva parecchio.
Lasciò la stanza e chiuse la porta.
Decise di prendere una boccata d'aria. Fece per andare in cucina, ma prima che potesse abbassare la maniglia qualcuno le prese la vita e la tirò indietro. Lei seguì l'istinto e tirò un pugno all'aggressore, che la lasciò andare. Quando si girò realizzò, con sollievo e risentimento allo stesso tempo, che si trattava di Adrian.
Da quando lui l'aveva baciata, erano diventati molto più timidi. Tutte le volte che i loro sguardi si incontravano, il primo che lo aveva lanciato lo abbassava; non bisticciavano nemmeno più come prima.
«Per la Barba di Merlino, scusami!» esclamò, sistemandogli il naso che aveva colpito in pieno. Poi andò di nuovo verso la cucina.
«No!» fece di nuovo il ragazzo, girandola e tirandola a sé. Rimase a guardarla per un attimo, senza distogliere lo sguardo.
«Posso, di grazia, entrare in cucina?» chiese lei, cercando di mantenere la calma.
«Po-potrei a-andarci io in cucina… che ti serve? Sei stanca! Ti porto il cibo in camera!» fece lui, senza lasciarla andare e avanzando verso la stanza della ragazza.
Lei riuscì a scansarsi e si diresse con passo deciso in cucina. Aprì la porta e incrociò le braccia.

Davanti a lei c'erano i genitori di Adrian, vestiti, come sempre, di tutto punto, che le lanciarono uno sguardo accigliato. Di fianco a loro, c'era una ragazza alta e snella, dai capelli castani e lisci come spaghetti. I suoi occhi erano scuri e, in quel momento, freddi come il ghiaccio, puntati verso di lei. Aveva la carnagione perlacea,  ma le sue guance erano leggermente tinte di rosso. Indossava un lungo abito viola scuro, e aveva una postura perfetta. Socchiuse gli occhi, cercando di ricordare dove l'aveva vista, e desiderò per un attimo di possedere anche un pizzico della sua bellezza.
Dietro di lei c'erano quelli che dovevano essere i suoi genitori, a giudicare dallo sguardo fiero e gli occhi gelidi.
C'era anche un'altra ragazza, che sembrava volesse scomparire dalla faccia della Terra proprio in quel momento. Anche i suoi capelli erano scuri, come i suoi occhi, ma la postura era decisamente meno convinta. Il suo abito azzurro era sicuramente più povero di quello dell'altra ragazza, perciò Melody pensò che dovesse essere la sua dama di compagnia, o giù di lì.
«Ebbene» cominciò la madre di Adrian, schiarendosi la voce «ci vediamo di nuovo, ragazzina» disse, pungente.
«Il piacere è tutto suo, signora Hills» replicò lei, a denti stretti.
«Non ti permettere!» la rimproverò il signor Hills, avvicinandosi alla ragazza con fare minaccioso.
«Piantatela» disse Adrian, entrando in scena.
La signora Hills ghignò, guardando suo figlio. Lui fece per girarsi verso Melody, ma la donna disse:
«Ti presento la famiglia Bennett, ragazzina. Signori, questa è una Sanguemarcio che il mio Adrian ha dovuto subire a scuola.
«Questa bellissima ragazza è Gladys Elizabeth Bennett…».
Melody ricordò: era più grande di lei. Aveva finito gli studi a Hogwarts qualche anno prima.
«…la fortunata donna che sposerà mio figlio» annunciò.
Il cuore di Melody perse un battito:
«Come?» chiese, sperando di aver sentito male.
«Il matrimonio avverrà a breve! E loro due si amano moltissimo!» esclamò la signora Bennett.
La ragazza girò di scatto i tacchi e uscì dalla cucina.
«Mel! Mel, ascoltami!» la implorò lui.
«Devi davvero sposare quella ragazza?» chiese lei, con il respiro affannato.
Adrian la guardò per un attimo e annuì leggermente:
«Sì. Ma…»
«Non me lo hai mai detto, sbaglio?» domandò lei, avvicinandosi a lui fino ad arrivare a pochi centimetri dal suo naso.
Lui scosse la testa, mentre i suoi occhi diventavano rossi. Deglutì:
«No. Ma…».
La risposta gli morì in gola, guardando gli occhi freddi di Melody fissi nei suoi. La ragazza non disse altro e andò in camera sua.
Non bastava perdere Newt, no. Doveva anche guardare l'unica persona per cui avesse mai provato qualcosa andarsene via con un'altra ragazza, stupenda, per giunta.
Qualcuno bussò alla porta.
«Vattene!» sbottò, cercando di mantenere la sua voce ferma.
«Signorina?» fece, invece, la voce di una ragazza.
Si alzò e aprì la porta. Vide la ragazza dal vestito azzurro, con un'espressione timida. La lasciò entrare: per qualche ragione, quella ragazza le infondeva una certa simpatia.

«Quindi…» mormorò Adrian, quando i suoi genitori e quelli di Gladys se ne andarono sbattendo la porta «È… molto strano, per me, tutto questo. Insomma, non che io non voglia sposarmi in tutta la mia vita, ma…»
«Senti, Hills» lo interruppe lei, liquidando la frase con un gesto della mano «Non ho alcuna intenzione di sposarti» annunciò.
Lui alzò un sopracciglio:
«Davvero?»
«Davvero. Non sei per nulla il mio tipo, e farmi mettere i piedi in testa da degli idioti come i nostri genitori non è nemmeno nelle mie priorità» ribatté lei, prendendo una mela e mordendola.
«Oh… beh… nemmeno io voglio sposarti» disse, puntando lo sguardo sulla mela.
«Fantastico. Il primo passo è superato. Il secondo, convincere i nostri genitori» fece lei, seria e sarcastica allo stesso tempo «E ora va' a riprenderti la tua donna» disse, scostandosi una ciocca di capelli castani dal viso.
«Ha ragione, in qualsiasi caso. Non le ho mai parlato di te» confessò, puntando lo sguardo sul pavimento.
In tutta risposta, la ragazza uscì dalla cucina e percorse il corridoio che aveva visto passare da Melody.
«Gladys?» fece Adrian, ma la ragazza era già andata via.

Quante stanze c'erano, in quella casa? Troppe, di sicuro.
Gladys vide un ragazzo che stava percorrendo lo stesso corridoio:
«Scusa?» lo richiamò, addentando la mela che aveva in mano «Mi sapresti dire qual è la stanza della giovane ragazza che vive qui?».

Credence la guardò masticare la mela per qualche istante. Poi si accorse di avere la bocca aperta e si affrettò a richiuderla.
«Sì, ehm… è quella» disse, indicando la stanza della sorellastra.
«Mh. Le devi delle scuse, vedo» disse.
«Come lo sai?» chiese lui, confuso.
«Penso che tutti gliene dobbiate» continuò lei, guardandolo negli occhi.
Credence evitò di rispondere:
«Come ti chiami?» chiese invece, allungando la mano.
«Gladys Elizabeth Bennett» rispose lei, poggiando la mela sulla mano del ragazzo «E tu?».
Lui rimase un attimo a guardare la mela:
«Crerbone Lestredence… cioè, Credence Barebone. Anzi, Lestrange» si corresse.
«Interessante, avere due cognomi» commentò Gladys.
«Oh ehm… non…»
«Ci vediamo» annunciò lei, quasi fosse un ordine, andandosene.
«Mh? Oh, sì, certo, ehm… Glad-» si fermò.
La ragazza si stava sfilando il vestito viola. Lui non ebbe nemmeno la forza di girarsi, ma, fortunatamente, indossava dei pantaloni e una maglietta che descrivevano di più il suo carattere. Abbassò la maniglia senza nemmeno bussare ed entrò nella stanza di Melody.

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