CAPITOLO SESTO-I Furfanti

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Quando Newt riaprì gli occhi, scoprì di essere al buio. Sentiva chiaramente l'acqua scorrere accanto a lui, ma realizzò di essere in una sorta di tunnel evidentemente chiuso. Cercò di ricordare: un Portale… Grindelwald… Tina… i gemelli… le sue ultime parole a Melody…
Si alzò a sedere e si mise la testa tra le mani: doveva tornare indietro. Si era lasciato scivolare tra le dita troppe cose e doveva rimediare. Provò a mettersi in piedi e cercò con lo sguardo un qualsiasi fascio di luce: nulla di nulla.
«Lumos» mormorò, sfoderando la bacchetta.
Nulla di nuovo: soltanto l'acqua che scorreva alla sua destra, mentre lui era su una sorta di marciapiede.
Doveva mettersi in contatto con gli altri, in fretta. Doveva esserci un modo…
Frugò velocemente nelle tasche dei pantaloni, ma non trovò quello che stava cercando. Lo vide qualche istante dopo a poca distanza da lui. Come un calzino avesse potuto arrivare lì proprio non riusciva a spiegarselo, ma corse verso di esso con il cuore che gli martellava nel petto dalla felicità.
Mai era stato più contento di vedere un calzino in vita sua.
In quel momento accadde l'incredibile. Un'onda si alzò dal corso d'acqua e investì totalmente il calzino, dal quale uscì anche l'anello per cui aveva tanto sospirato.
«NO!» urlò, seguendoli «ACCIO!».
Niente sembrò cambiare. La corrente fu più veloce di lui.
A un certo punto della corsa dovette fermarsi: era arrivato sul bordo di una cascata e l'acqua nera continuava ininterrottamente a scorrere al suo fianco.
Si sporse per afferrarli, ma era troppo tardi: il calzino e l'anello erano spariti, così come le sue speranze di rivedere presto i suoi amici.
Cadde in ginocchio, distrutto. Non poté fare a meno di versare qualche lacrima. Era solo, almeno. Nessuno avrebbe potuto deriderlo.
Dopo quelle che gli sembrarono ore, si alzò di nuovo in piedi e trascinò i piedi per un po'.
“Non fare l'eroe”.
Non aveva mai voluto essere un eroe. Non aveva mai voluto combattere. Lui era andato a New York soltanto per liberare un Tuono Alato in Arizona. Nulla di più. Si ripeteva sempre queste parole, ma fu in quel momento che realizzò cosa sarebbe stato della sua vita senza quel viaggio. Immaginò la sua vita senza Tina. Senza Jacob e Queenie. Senza Mel e anche Adrian. Senza quei tre idioti di Credence, Phineas e Sebastian. Aveva già perso suo fratello e la sua vecchia amica. Non poteva perdere anche loro.

Fu allora che Newt tornò quello di sempre e usò l'intelletto: alle sue spalle c'era una cascata, e il tunnel era chiuso. A quanto pare, a parte Lumos, gli altri incantesimi non funzionavano, e nemmeno la Smaterializzazione. Perciò se era finito lì, ci doveva essere una sorta di entrata, oltre al Portale. L'acqua scorreva, perciò se fosse andato controcorrente…
Continuò a camminare più in fretta in quella direzione, seguendo la fioca luce della sua bacchetta. Camminò per quelle che interpretò come due ore, ma il tunnel sembrava sempre uguale. All'improvviso si accorse di avere moltissima sete. Strano, per lui, che aveva girato il mondo ed era sempre riuscito a cavarsela. Bere l'acqua del corso sarebbe stato fin troppo prematuro, ma la gola stava iniziando a fargli male.
Si fermò un momento, chiedendosi l'origine di tanta fatica. Non poteva essere la vecchiaia, non ancora almeno. Qualcosa alle sue spalle lo fece sobbalzare. O meglio, qualcuno.
«Как дела, señor? Have you bisogno du aiuto?»

«Nulla?» chiese Jacob, entrando nell'ufficio di Tina.
«Nulla» ribatté l'Auror, scuotendo la testa e appoggiandola sulla scrivania, affranta «Ho provato ad usare il calzino varie volte, ma non risponde».
«Serve anche a localizzare?» chiese il Babbano, sedendosi vicino a lei.
«No» rispose, alzando la testa «Ma tutto ciò che voglio è un segno, Jacob. Segno che Newt sia ancora vivo e che stia cercando di tornare indietro» spiegò.
Jacob le cinse le spalle con un braccio:
«Lui è vivo e sta cercando di tornare indietro»
«Ma sono già passati due giorni!» esclamò la donna «Possibile che non riesca a…»
«Tina» la bloccò il No-Mag «Tu credi in lui?»
«Sì, certo» replicò lei.
«Lo conosci bene?»
«Benissimo» rispose.
«Lo ami?»
Tina arrossì:
«Sì» disse, annuendo.
«Allora devi solo avere pazienza. Appena troveremo delle notizie su di lui, lo cercheremo e lo aiuteremo. Ma molto probabilmente non servirà neppure: sarà già a casa» la rassicurò «Perciò devi riposarti. Sono quarantott'ore che cerchi informazioni, e hai due val…borse sotto gli occhi» disse il Babbano.
Tina annuì:
«D'accordo» acconsentì «Grazie» aggiunse, abbandonandosi all'abbraccio di Jacob.
«Ci si aiuta a vicenda, ricordatelo» disse.

«Mel! Abbiamo trovato il modo di tirarti su!» esclamò Phineas, avvicinandosi alla ragazza.
«Dovrete trovare una soluzione sufficientemente efficace, in questo caso» rispose lei, senza staccare gli occhi dal foglio su cui stava scrivendo.
«Non ho capito una parola» commentò Credence «ma è sicuramente una “soluzione sufficientemente efficace”» completò.
«Io non faccio altro che confermare ciò che dice il mio compare» disse Sebastian.
«Forza» fece Melody, accennando un sorriso e guardandoli «Cosa dovete dirmi?».
I tre circondarono la sedia dove la ragazza era seduta e, emozionati, dissero:
«I Furfanti» dissero.
Lei alzò un sopracciglio:
«I…?»
«È il meraviglioso nome del nostro trio!» esclamò Credence, imitando la solita aria ovvia della ragazza.
«E abbiamo creato dei soprannomi altrettanto meravigliosi per ciascuno di noi!» annunciò Phineas, mettendo le mani sulla scrivania.
«Il sottoscritto è “Piumato”» disse Sebastian, trasformandosi immediatamente in un'Aquila Reale.
«Mademoiselle, “Crinierafolta” è qui per voi» continuò Phineas, diventando all'istante un leone.
«E infine» fece Credence, esibendosi in un profondo inchino «“Tenebroso” è proprio davanti a te!» si trasformò in Obscurus, prese una rosa da un vaso e la porse alla sorellastra. Lei rise e afferrò il fiore:
«Grazie, Creden» mormorò.
«FURFANTI!» esclamò Phineas «MI È VENUTA UN'IDEA!».
Tutti e tre uscirono dalla stanza, velocemente.
Lei scosse la testa: come facevano ad essere così spensierati? Le sarebbe piaciuto, essere come loro. Ma si sentiva tremendamente in colpa: sapeva che il Portale stava solo aspettando che qualcuno ci entrasse, ma non si era buttata. Aveva cercato di fermare Newt, certo. Ma pur sapendo la funzione di quella massa dorata, non si era sacrificata.
“Ricordami!”
I brividi le percorsero tutto il corpo. Mise la rosa nel vaso e strappò il foglio di appunti che aveva scritto.
«Però!» esclamò Adrian, entrando nella stanza «Non tutti hanno l'occasione di vedere Melody Lestrange con gli occhi lucidi!»
«Finiscila» ribatté lei, sbuffando.
«No» disse lui «Ti stai abbattendo troppo, Mel! So che è difficile. E so che tenevi a lui…»
«Non usare il passato, Adrian. Ti prego. Ho ancora la speranza che sia vivo che…» si fermò come per cercare la parola giusta e si alzò «brucia dentro di me. È ancora vivo, lo sento» disse.
«Sì» disse Adrian dopo un po' «è ancora vivo. Ma vorrei tanto essere come te» confessò, deglutendo.
«Come me?! Due me riuscirebbero a rovinare il mondo» commentò lei, ridendo amaramente.
«Potrebbero rovinarlo…» disse lui «…o renderlo il posto migliore dell'Universo» disse.
«La prima è sicuramente la più probabile» ribatté lei, guardandolo.
«Quando qualcuno ti fa un complimento, ti brillano gli occhi» le fece notare lui, guardando fuori dalla finestra il cielo stellato di fianco a lei.
«Come lo sai?» chiese lei, ridendo.
«Non lo so» disse lui, girandosi verso di lei «Amo troppo i tuoi occhi» confessò, tirandola a sé e colmando lo spazio che li separava.

~My space~
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