CAPITOLO TRENTADUESIMO-Genialmente geniale

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Melody si strinse le ginocchia al petto. Le guardie le avevano tolto la bacchetta e le avevano fatto indossare la divisa della prigione.
Era particolarmente elegante, a dire il vero: consisteva in un vestito nero fino alle ginocchia (che ricordava quello delle seguaci), una calzamaglia nera e delle scarpette da ballerina anch'esse nere. Insomma, il genere di abito da sera che Melody non avrebbe mai indossato, a meno che non ci fosse stata Queenie a forzarla.
Nonostante fosse ormai metà agosto, aveva terribilmente freddo.
Era sicura di avere fatto la cosa giusta, ma avrebbe voluto fare così tante cose, ancora: fare gli auguri a Tina quattro giorni dopo; pubblicizzare la pasticceria di Jacob; farsi dare qualche maledetta lezione di ballo da Queenie, che insisteva tanto («Hai una certa grazia, dovresti sfruttarla!» «Ma se ho la delicatezza di un Erumpent?»); vedere Credence e Gladys convolare a nozze-perché lo avrebbero fatto; fare diventare Katie più sicura; perdonare Adrian; ridere con i Furfanti; ritrovare Newt; dire a Silente che sarebbe stato un ottimo Preside. Insomma, aveva ancora tanto da vivere, e avrebbe voluto continuare a farlo.
Sentì qualcosa toccarle delicatamente la spalla, con un fremito quasi emozionato.
La ragazza si girò di scatto, speranzosa, ma non vide nessuno. Sospirò e tornò di nuovo a guardare le sbarre, in quella cella buia illuminata solo dalla luce della luna: almeno il temporale era finito.
Avvertì di nuovo il tocco. Stavolta guardò direttamente sulla spalla destra: era stato un Asticello.
«Pickett! Che ci fai qui? Pensavo che fossi con Tina!» esclamò, con un filo di voce.
La Creatura scese dalla spalla usando il suo braccio come uno scivolo e sgattaiolò in un angolo nero della cella. Tornò indietro spingendo il calzino della ragazza.
«Per Morgana, Pickett! Me ne ero completamente dimenticata!» disse, al settimo cielo.
Fece per sfiorarlo, ma l'Asticello scattò in avanti e lo allontanò da lei.
Corse in tutta fretta verso la porta della cella e iniziò a scassinare il lucchetto.
«Tutti questi Incantesimi per attaccare un semplice lucchetto... sei genialmente geniale, Pick!» esclamò, prendendolo tra le mani e accostandolo alla guancia.

Se lo mise sulla spalla, stringendo il calzino. Con la mano libera spinse lievemente la porta ed essa si aprì.
Non perse nemmeno tempo a richiuderla: scappò in punta di piedi-Queenie sarebbe stata fiera di lei!-e scese le scale, evitando in tutti i modi di finire sotto la luce.
Per fortuna le uniche guardie che c'erano lavoravano nell'Ala Nord: si diceva che fosse impossibile scappare da quella prigione.
"Beh, dicevano anche che il Titanic fosse indistruttibile" pensò lei, ricordando la notizia del 1912, quando la nave Babbana andò delicatamente a sbattere contro un iceberg.
Arrivata al piano terra, però, andò a sbattere contro qualcuno. Sgranò gli occhi quando realizzò che si trattava di Travis Jr.
«Che ci fai qui, Lestrange? Hills non mi aveva detto dove fossi, ma non sembrava intendere questo posto».
La ragazza stava per rispondere "È vivo!", ma si trattenne. Notò che il ragazzo teneva la sua bacchetta tra le mani: probabilmente la stava portando in qualche deposito o giù di lì.
Lo prese per le spalle e lo spostò dietro un muro:
«Senti, lasciami andare. Ti dovrò un favore, e persino tu sai quanto io odi essere in debito. Però, ti prego, devo riportare Newt a casa. Poi tornerò qui, se vuoi, e potrete uccidermi o qualsiasi altra cosa vogliate» lo implorò.
Il ragazzo la guardò con gli occhi ridotti a fessure, e Melody pensò di dover trovare un diversivo. Il problema era che la bacchetta era nella mano di Travis, perciò non poteva praticare alcuna magia.
Le venne un'idea. Diamine, quanto odiava seguire l'istinto nei momenti nei quali non trovava altra via d'uscita.
Gli prese il viso tra le mani e lo baciò.
Approfittò di quell'istante per arrivare alla mano del ragazzo e strappargli la bacchetta dalle dita.
Si accorse con orrore, però, che Travis non si stava affatto staccando dal bacio. Anzi, sembrava volerlo prolungare, dal momento che aveva posizionato le mani sui fianchi della ragazza.
Il suo obiettivo era solo quello di confonderlo, intrattenere per un attimo, ma a quanto pare gli aveva fatto un favore.
Fu lei a staccarsi per prima, cercando di divincolarsi dalle braccia del ragazzo che le avevano circondato la vita.
«Come facevi a sapere che io volessi questo?» le domandò, a bassa voce.
Pickett, che si era nascosto tra i capelli della ragazza, fece uno dei suoi versi strani. Melody non ebbe bisogno di Newt per capirlo:
"Diamine, questa sì che è iella!".
«Ehm... beh, diciamo che... Petrificus Totalus!».
Il ragazzo si bloccò e Melody riuscì a liberarsi dalla presa. Cominciò a correre senza guardarsi indietro, uscendo dal cancello e Smaterializzandosi in Scozia, su una collina vicino a Hogwarts.
Si sedette sull'erba, esausta. Poi si pulì la bocca con il polso, pensando a quanto fosse incredibilmente stupida.
Sfiorò il calzino con la mano, per fare sapere a tutti di essere viva. Poi si alzò di nuovo e si incamminò verso la Scuola.

«Avreste dovuto dircelo» disse secco Jacob, una volta che Phineas, Credence e Gladys ebbero finito di raccontare.
«E non dite che vi avremmo fermati» continuò Queenie, accigliata.
L'Obscuriale, che stava per aprire bocca, si fermò.
«Beh, non potete nemmeno negare che non sia così» osservò Crinierafolta, alzando le sopracciglia.
La Legilimens abbassò lo sguardo:
«Forse avete ragione. Ma vi aiuteremo comunque, d'ora in poi, in qualche modo. Rimarremo con i bambini, sì» sentenziò, leggendo i pensieri dei tre.
«Quello che ancora non ho capito, però, è il motivo per cui voi Furfanti le abbiate seguite» commentò Jacob.
Gli sguardi di tutti si puntarono su Gladys:
«Che volete? "Furfanti" è simile a "sfornati", no? E poi quei biscotti erano buoni» ribatté, seccata.
«Invece a me non torna come Melody conosca Nurtentar» mormorò Credence, ancora confuso.
«Libri» risposero Phineas, Gladys e Jacob in coro.
«Io» disse invece Queenie.
Fu il suo turno di sentirsi analizzata da tutte quelle occhiate.
«Le ho spiegato tutto quello che c'era da sapere sull'Armata. Sapete, ci sono stata. Le ho raccontato anche della prigione: dovremmo aspettare un segno o...».
In quello stesso momento, tutti i calzini si illuminarono di un rosso acceso, mentre le note di Aria sulla quarta corda di Bach riempivano l'atmosfera.
«...perfetto, sta bene».
«Come fai a sapere che non è in pericolo?» domandò Gladys.
«Lo sento» risposero Phineas e Queenie all'unisono.
«A quanto pare è un'eccezione per i Legilimens» spiegò la donna.
«Speriamo che gli altri lo intuiscano» commentò lui.
«Piumato, Tina e Katie capiranno che Melody non si metterebbe a mandare segnali in prigione. Glielo avrebbero già sequestrato. E loro sono tre intelligentoni» osservò Credence.
Ci furono alcuni istanti di silenzio, finché Gladys non disse:
«Wow, Cred. Sei sembrato quasi serio».

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