Capitolo 6

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Capitolo 6

"Questo come mi sta?" Strillò Jenie, aprendo la tendina del camerino.

Il vestito gli arriva alle ginocchia e i colori primaverili facevano riflesso sul suo viso abbronzato.

"Devi andare ad un appuntamento, non a un matrimonio" Risi "Però ti sta davvero bene."

Si girò guardandosi allo specchio e facendo un giravola su se stessa. Ha un sorriso che va da un orecchio all'altro.

"È deciso. Prendo questo." Dice saltellando e chiudendo la tendina.

Quando entrai nella piccola macchina di Jenie abbassai il finestrino e respirai a pieni polmoni. I miei capelli svolazzavano da un parte all'altra e chiusi gli occhi per un istante, cercando di rilassarmi.

"Prima o poi dovrai comprarti una macchina Helen." Sobbalzai al suono della sua voce.

"Quando avrò i soldi per farlo." Dissi chiudendo di nuovo gli occhi.

Cambiò subito discorso, come se avesse paura che io mi arrabbiassi. "Domani c'è una festa alla confraternita dove abito. Verrai?"

Quando il motore dell'auto si fermò davanti a casa mia, aprì la portiera e scesi senza nemmeno rispondergli.

"Poi ti farò sapere come è andato il mio incontro con Liam!" Disse prima che io me ne andassi.

"Buona fortuna." Sorrido.

Mi sento terribilmente bene quando entrai in casa e non c'èra nessuno. Sentì il cellulare vibrare nella tasca dei jeans. Ma non m'importava. Chiunque sia, può aspettare.

Buttai la borsa a terra e cercai in frigo i resti della pizza di ieri.

Improvvisamente però, qualcosa attirò la mia attenzione.

Mi alzai in punta di piedi e guardai fuori dalla piccola finestra in soggiorno.

Una Mercedes nera, si accostò davanti al mio giardino. Mi ci vuole un secondo per capire cosa stava succedendo. Dall'auto scende Carter, con il cappuccio della felpa in testa per non farsi riconoscere.

Corsi lungo il corridoio e girai la chiave del portone, chiudendola. Questo non lo fermerà lo so.

Pressi una sedia e cercai di metterla alla stessa altezza della maniglia. Ma lui è più veloce.

Il suono della porta che cominciò a battere mi fa sobbalzare. "Apri la porta Helen!"

Presi il cellulare e composi più in fretta che potevo il numero di mio fratello, sperando riesca a venire il prima possibile. Ma ovviamente ha il telefono spento e compare la segreteria.

"So che sei in casa!" Urlò ancora più forte. Era infuriato.

"C-cosa vuoi?" Non so come le parole siano uscite ma fu come un sussurro. Carter mi sentì.

"Hai quelle fottute informazioni?"

"No! Non ho niente. Non c'è le ho!" La mia voce viene rotta da un singhiozzo.

Giorni fa mi aveva chiesto di trovare tutte le informazioni che potevo su uno dei venditori ambulanti di droga più conosciuti in tutta Londra. Non ho mai voluto farlo.

La finestra si aprì di scatto e scavalcandola Carter entra in casa.

Velocemente viene verso di me e la mia pelle bruciò quando le sue grandi mani mi presero per il collo, facendomi alzare.

La presa stringe sempre di più e dovetti aprire la bocca affinché l'aria filtrasse. Non riesco a respirare. Iniziai a muovere le gambe, scalciando come una pazza.

"Potrei farlo sai. Farti soffoccare.. tutte le torture finirebbero." Dette quelle parole mi sputò in faccia e tutta la sua saliva mi arrivò dritto nell'occhio.

Improvvisamente lasciò la presa e io caddi a terra. Mi rannicchiai sempre di più.

Ho troppe cicatrici per colpa sua, ogni volta che mi guardo allo specchio c'è ne sempre una nuova. Sentì i suoi passi sempre più lontani e sperai solo non abbia rubato niente in casa. Perché non riuscirei a fermarlo.

È una cosa così.. orribile essere sottomessi a qualcuno. Vorrei solo tutto questo finisse per sempre.

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