7. Dean

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Passai il pomeriggio sulla pista, immerso nel bianco. Avevo un disperato bisogno di allontanarmi da Destiny, altrimenti l'avrei presa e baciata, a costo di ricevere un altro pugno.

Dormire con lei non era stata una gran mossa furba. Sì, l'avevo fatta arrabbiare esattamente come volevo, ma quello che non avevo minimamente programmato era di dormire accoccolato con lei. Non era prevista quella parte nel mio piano. Eppure era successo e dovevo farci i conti.

Verso le cinque del pomeriggio, dopo una lunga sciata iniziai a sentirmi male. Avevo i brividi sulla schiena e le vertigini in testa. Cominciavano anche a mancarmi le forze.

<<Tutto bene amico?>>, mi chiese Colton ad un certo punto.

Scossi la testa. <<No, credo di essermi preso l'influenza>>, dissi. Scottavo ma ero fuori al freddo. Non era normale.

<<Vuoi tornare allo chalet? Noi dobbiamo prima passare all'agenzia per sentire se hanno qualche novità>>.

<<Sì, credo che tornerò subito>>.

Salutai i miei amici e corsi allo chalet. Stavo sempre peggio. Appena entrai, fui investito da un buon profumo di dolce. Andai in cucina, seguendo la scia e mi trovai di fronte Destiny, sporca di farina ovunque che canticchiava mentre sbatteva un impasto in una ciotola. La vista mi mozzò il fiato.

Mi schiarii la voce per attirare la sua attenzione. Appena mi vide, arrossì. <<Ehi>>, disse smettendo di agitare i fianchi.

Mi appoggiai allo stipite della porta, reggendomi in piedi. Merda. Stavo male davvero. Mi sentivo senza forze. <<Ehi>>, gracchiai.

Aggrottò le sopracciglia. <<Che succede?>>, chiese preoccupata.

<<Non mi sento bene>>, risposi con la vista appannata.

Saltellando venne verso di me e mi appoggiò una mano contro la fronte. <<Merda! Ma tu scotti!>>

<<Credo di avere la febbre>>, dissi abbattuto.

<<Levati la tuta da scii che vado a cercare il termometro>>, ordinò.

Feci come chiedeva e mi misi qualcosa di comodo: pantaloni della tuta e felpa. Quando uscii dal bagno, mi lanciai nel divano-letto rifatto e aspettai che Destiny tornasse.

La sentii scendere le scale e sbuffare dopo un'eternità. Non era ancora pratica nell'uso delle stampelle. Ci mise una vita a fare cinque gradini ma arrivò da me tutta intera e con il termometro nella tasca dei jeans. Salvo.

<<Tieni>>, disse passandomelo.

<<Credevo mi avresti lasciato qui a morire per quanto ci hai messo>>.

Alzò gli occhi al soffitto. <<Ricordami perché cavolo ti sto aiutando!>>, borbottò.

Ridacchiai. <<Ti ho portata in braccio agonizzante per tutta la pista. Ti ho accompagna al pronto soccorso e ti ho offerto la cena>>.

Sbuffò. <<D'accordo, d'accordo. Hai vinto tu!>>, sbraitò.

Mi infilai il termometro sotto l'ascella e lei si sedette accanto alle mie gambe, in attesa. Aspettammo cinque minuti in completo silenzio e quando guardai la linea che cosa segnava, piagnucolai. Avevo quasi 39.

<<Voglio la mamma>>, mi lamentai.

Ricevetti uno scappellotto. <<Non fare il bambino. Sei grande e grosso per la mamma>>, mi rimproverò.

Sorrisi. <<Che cosa stavi preparando?>>, chiesi cambiando discorso altrimenti facevo la figura del poppante.

<<Muffin e brownies>>, rispose con un sorriso.

A BAD BOY LIKE YOUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora