ABIGAIL

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ABIGAIL

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ABIGAIL

Il ticchettio dell'orologio scandisce il ritmo dei miei battiti. Sto sudando freddo, la pelle è secca attorno alle nocche delle mani ma non fa male, sono già passati quattro giorni e fra poco passerà del tutto. Scosto una ciocca di capelli dal viso e fisso l'acqua all'interno del lavandino, quasi non straborda. Ho la pelle d'oca mentre le lancette segnano le sei in punto e la porta di casa viene aperta. La cena è pronta, i pavimenti lavati e le stoviglie quasi del tutto pulite. Svuoto il lavandino, prendo uno straccio e mi asciugo le mani in fretta, poi raggiungo la sala da pranzo e mi blocco sulla soglia. Il pollo è tiepido, non bollente e nemmeno ghiacciato, le patate dorate perfettamente e il pane è croccante fuori e morbido dentro. Il vino è al centro del tavolo e i bicchieri affianco ad esso. Ci siamo, non dovrebbe mancare niente. Non deve mancare niente.
"Abigail." Pronuncia il mio nome come fosse miele, quasi non svengo sul posto quando cammina piano in direzione della sedia. "Hai cenato?" domanda. "Sì, qualche minuto fa." Annuisco. "Bene. Hai pensato a quello che ti ho detto?" prende a tagliare il pollo. "Credo che... che sia una buona idea. È meglio per me." Deglutisco. "Sono felice di sentirti parlare con del buonsenso. Il tuo orario sarà dalle sette alle nove. Vedranno che hai una vita sociale attiva e nessuno ti disturberà. Puoi cominciare domani." Pianifica tutto. Come sempre. "Certo." Annuisco ancora una volta. "Se qualcuno dovesse farlo tu me lo diresti, giusto?" mi scocca un'occhiataccia. "Ovviamente." Lo rassicurò. "E per il sabato... ti chiamerò ogni due ore. Se non mi risponderai o sentirò il minimo rumore sospetto, ti vengo a prendere." Lo fisso in attesa mentre dentro piango di gioia. Mi sta davvero lasciando andare. "Grazie, zio." Mi lancia uno sguardo, poi si dedica alla sua cena e io so che è ora di andare.

Entro in camera mia e rilascio il sospiro che stavo trattenendo fino a qualche secondo fa. Mi affretto a recuperare il cellulare dallo zaino e scrivo a Carol, poi mi piazzo davanti allo specchio e muovo il viso verso sinistra e destra per ispezionarlo. Bene, niente di niente, tutto pulito. Controllo le braccia e anche lì niente che possa apparire all'occhio umano come segno d'allarme. Mi sposto verso l'armadio e recupero un paio di leggins e due maglie con maniche a tre quarti, li lascerò sul tavolo domattina prima di uscire nella speranza di ottenere la sua approvazione senza bonus. Preparo anche felpa e jeans, afferro la biancheria ed entro in bagno. Afferro un asciugamano e lo piazzo ai bordi del grande specchio, mi disfo degli indumenti che indosso e filo dritta sotto la doccia. Aspetto in un angolino che l'acqua si scaldi a dovere e mi immergo sotto al getto. L'acqua mi avvolge da cima a fondo in meno di cinque minuti. Prendo a lavarmi fissando un punto preciso sul muro bianco: in realtà tutto qui dentro è bianco, tutto tranne me. Io non lo so di che colore appaio agli altri o se addirittura ce l'ho un colore. So soltanto che sono mi sono spenta a sedici anni e da ormai sei lunghissimi anni non esisto più. Mi sono annullata per cercare di smorzare il dolore, i pensieri e i sentimenti. Ma ho fallito con le ultime due. Non faccio altro che pensare, pensare e pensare. Provo sensazioni che mi rendono umana ed è sbagliato, sbagliato, sbagliato. Una come me non può permettersi di sentire, pensare, vivere. Una come me è buona solo a sopravvivere. Non ho scopi nella vita, non mi è concesso, non ho niente che mi faccia appartenere alla categoria di giovani spensierati e pieni di vita. Non ho niente a parte Carol; l'unica persona in grado di tollerarmi, strapparmi un sorriso o una risata, sostenermi sin dalle superiori. Ricordo di essere entrata nelle vite di tutte come "l'orfana", tanti sguardi di pena all'inizio e poi indifferenza perché in fondo la vita andava avanti per tutti tranne che per la sottoscritta. E davvero, lo ricordo come se fosse ieri, lei sorridente e con un bicchiere colmo di cioccolata in mano, io rannicchiata in bagno e lei al mio fianco a porgermi il bicchiere. "Tieni, il cioccolato aiuta sempre. Non è il massimo e probabilmente ci saranno tre cucchiaini di zucchero ma..." "Grazie." E lì era cominciata la nostra amicizia. Ancora oggi, quando una delle due si sente giù o ha qualcosa che non va, ci gustiamo una cioccolata calda. È bello, mi piace farlo, mi ricorda la vecchia me. Un po' rotta e ammaccata, ma con dei sentimenti veri e in grado di essere mostrati. La Abigail di oggi, in assenza di Carol, non è la vera Abigail e ho paura che non arriverà mai il giorno in cui uscirà fuori del tutto.

Vi lascio il primo capitolo di What If. Spero la storia possa interessarvi almeno un po'. Fatemi sapere. X

𝑊𝘩𝑎𝑡 𝐼𝑓 [𝐵𝑟𝑜𝑘𝑒𝑛 𝐺𝑖𝑟𝑙𝑠 𝐷𝑢𝑜𝑙𝑜𝑔𝑦 𝑉𝑜𝑙.𝟣]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora