ABIGAIL
Sbadiglio, scostandomi i capelli dal viso mentre entro in bagno. Un brivido percorre la mia schiena e questo mi porta ad abbassare la maglia del pigiama per coprirmi maggiormente. Aspetto che l'acqua si scaldi e poi mi sciacquo il viso. Non sento più dolore e questo è un buon segno, la crema fa effetto. Il livido sul mento era più piccolo di quello sullo zigomo quindi credo sia già guarito del tutto. Lancio uno sguardo all'asciugamano poggiata sullo specchio e sospiro cambiando direzione. Mi asciugo la faccia su una seconda tovaglia che tengo a portata di mano, poi la rimetto al posto. Evito il più possibile di guardarmi allo specchio e di sicuro questa cosa non cambierà adesso. Lo faccio solo nei casi estremi, ossia quando devo coprire i lividi o ispezionare i danni. Mi libero della maglia e, involontariamente, la mia mano sfiora il fianco marchiato. Sei. "Una per ogni minuto di ritardo." strizzo gli occhi al solo ricordo. In fretta esco dal bagno e prendo la prima felpa a tiro, rimango con i pantaloni della tuta e i calzini sotto poi filo in cucina. Preparo il caffè e poi spalmo un po' di nutella sui toast tostati da pochissimo. Sto per morderne uno quando il cellulare squilla. È strano, solitamente Arthur chiama in quello di casa aspettandosi di cogliermi in fallo. È successo una volta, quando ero andata a fare la spesa. Il sabato mattina è obbligatorio che io rimanga a casa. Volente o nolente, è così. "Pronto?" rispondo subito. "Ehi, disturbo?" il battito del mio cuore accelera e non per la paura. La voce calda di Heath mi accarezza piano e di prima mattina, caspita, è davvero illegale. "No, stavo facendo colazione." Spiego. "Ci sarebbero problemi se... passassi lì? Voglio dire, sono comunque poco distante da casa tua ma-" "Puoi passare." Lo fermo subito, percependo una nota di nervosismo nel suo tono. "Arrivo." Poi attacca. Rilascio un sospiro appoggiandomi al bancone mentre mi beo dell'odore di cioccolato e caffè e realizzo che, per la prima volta in sei anni, non mi importa del lieve disordine che potrebbe esserci in casa. Okay, è immacolata ma so per certo che Arthur noterebbe il coltello sporco poggiato sul tovagliolo, il tappo semi aperto del barattolo o ancora, le briciole sul ripiano e la tazza mezza vuota. E per tutti questi errori mi farebbe pagare. Forse avrebbe rotto quella tazza sulla mia testa o pulito il coltello sulla mia pelle... non lo so e non voglio pensarci. Non adesso. Non voglio rovinare la buona atmosfera che respiro quando sono da sola.
Il campanello suona e così mi avvicino alla porta per aprirla. Heath mi riserva un cenno col capo ed entra in casa mentre io mi chiudo la porta alle spalle. Aspetta che io lo conduca in cucina e così faccio. "Ti ho lasciato un po' di caffè. Lo scaldo, ti va bene? Altrimenti posso rifarlo." Lo guardo. "No, va bene se lo scaldi. Scusami tu per essermi presentato qui senza preavviso." Si gratta la nuca. È in imbarazzo? Stringo le labbra reprimendo un sorriso e gli cedo il caffè. "Andrà bene fino a martedì, poi dovrà tornare tutto come sempre." Lo guardo mentre sorseggia dalla sua tazza. Indossa una tuta grigia e delle scarpe nere. Forse era in palestra. Decido di chiederglielo. "Il sabato non vado, ma oggi dovevo necessariamente passare per consegnare dei documenti di iscrizione." Spiega. "C'era Lucas?" metto tutto nel lavabo quando finisce il suo caffè e comincio a lavare le due tazze e il coltello. "Sì e ti saluta, a proposito." "Che gentile." Accenno un sorriso. "Insomma, poi sono uscito e ho guidato fino a qui. Dici che è normale?" stavolta riesce a strapparmi una mezza risata e ne è soddisfatto, ne sono certa. "Magari avevi solo voglia di vedermi." Sgrano gli occhi e quasi non mi strozzo quando realizzo quello che ho detto. Per fortuna sono girata e il ragazzo non può vedere il rossore che pian piano si insinua sul mio viso a partire dal collo. "Sì, magari è così." Si avvicina e si poggia con il fondoschiena sul bancone, proprio accanto a me. Non ho il coraggio di guardarlo negli occhi e per di più io non ho davvero idea di come simili parole siano potute trapelare dalle mie labbra! Io, che non guardo un ragazzo per nemmeno mezzo secondo da anni! Io, che mi impongo di stare alla larga da qualsiasi tipo di tocco o interazione con un essere appartenente alla razza maschile! Io, che potrei persino essere tornata vergine! Finisco di lavare gli oggetti mentre il rossore si fa sempre più evidente e mi azzardo ad alzare piano lo sguardo. "Puoi venire da me se non sai cosa fare qui." Mi si secca la bocca al suono delle sue parole. "Ho pure saputo che Lucas esce con la tua amica... Caty?" prova. Trattengo un sorriso e prendo un lieve respiro. "Carol." Lo correggo. "Giusto, Carol. Lo sapevo." Annuisce. "Certo." Copio il suo gesto. "E per quanto riguarda il tuo invito – porto una ciocca dietro l'orecchio – va bene per me." So di essere ancora rossa in viso ma sto facendo di tutto pur di non pensarci. "Io ho delle commissioni da sbrigare perciò se ti prepari puoi farmi compagnia. Almeno che tu non abbia già impegni." Dice per poi affrettarsi ad aggiungere l'ultima frase. "Verrei volentieri." Qui non ho molto da fare e poi... non voglio perdere l'occasione di mettere il naso fuori casa. Respirare un'aria che sia diversa da quella di questo posto non può farmi solo che bene. "Bene allora." "Puoi, ahm, salire in camera mia. Io ho il bagno lì." Lasciarlo da solo in salotto non so se sarebbe una buona idea. Potrebbe toccare qualcosa e se Arthur vedesse la minima cosa fuori posto capirebbe, perciò meglio in camera mia dove almeno ho la sicurezza che seppure dovesse sfiorare qualcosa anche con il mignolo nessuno lo noterebbe. Percorro le scale con Heath proprio dietro di me e ed entro in camera. "C'è un po' di disordine ma puoi sederti dove vuoi." Indico il letto e la sedia accanto alla scrivania. Per quanto mi costi ammetterlo, mentre mi guardo intorno, non posso non notare i dettagli che rendono questa camera davvero mia. In realtà è la mia gabbia di cristallo o così la chiamo io, ma è inevitabile non notare i fogli sparsi sulla scrivania, le foto della mia famiglia o alcuni libri sparsi all'angolo. Questo è il mio piccolo spazio e renderlo davvero mio forse mi ha solo fatta sentire e illudere di essere al sicuro. "Sei a conoscenza della tovaglia sullo specchio, giusto? Okay il disordine ma forse riesci persino a superarmi." Heath guarda all'interno del mio bagno dal centro della stanza, la porta è rimasta aperta e quindi è molto semplice sbirciare e notare la tovaglia. "Oh, no, quella è lì di proposito." Ammetto mentre recupero un paio di jeans e calzini dall'armadio. "Perché?" domanda confuso adesso guardando me. "Non mi piace ricordare il motivo delle botte che prendo, non mi piace vedere quello che succede alla mia pelle. Quando lo faccio è solo per coprire i lividi o controllare che non siano troppo gravi da dare nell'occhio." Spiego con disinvoltura. È mostruoso che io ne parli come se fosse una cosa qualunque, me ne rendo conto, ma lo è sul serio per me. "Capisco." Non dice altro ma percepisco la miriade di pensieri che si formano nella sua mente, riesco quasi a vedere le rotelline girare. Da giusta imbranata quale sono faccio cadere i calzini così mi chino per prenderli. Adesso, se fossi stata sola non mi sarei certo posta il problema della felpa larga che si rialza, ammassandosi sulla vita e lasciando scoperti i miei fianchi, ma non è così. Stavolta non sono sola. So che Heath ha visto le bruciature e adesso si aspetterà anche una mia scusa ma non sono certa di voler continuare con le bugie.
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𝑊𝘩𝑎𝑡 𝐼𝑓 [𝐵𝑟𝑜𝑘𝑒𝑛 𝐺𝑖𝑟𝑙𝑠 𝐷𝑢𝑜𝑙𝑜𝑔𝑦 𝑉𝑜𝑙.𝟣]
RomanceAbigail Silver, ventidue anni, quasì ventitré, studentessa di legge. Heath Eastwood, ventisei anni, capo della Eastwood Gym. Abigail è una ragazza a cui la vita non sorride da ormai sei anni, piena di paure e di odio intriso sulla pelle tenta di sop...