Solo pochi istanti prima che la campanella suonasse, segnando l'inizio delle lezioni, sentii uno sbuffo alle mie spalle, subito seguito dal tonfo prodotto da una borsa che veniva gettata svogliatamente sul banco accanto al mio.
Non mi servì neanche voltarmi per sapere di che colore fosse. Anche solo pensare a quel terribile rosa confetto mi faceva venire il mal di testa.
- Ciao, Tsundolyn. -
- Ehi, Shittylas! -
Replicò lei, nel mio stesso tono sarcasticamente gentile e amichevole.
Io e Gwendolyn non eravamo esattamente migliori amici, o anche solo amici se è per questo. Più che altro, diciamo che ci sopportavamo a vicenda, ma solo di tanto in tanto, quando capitava che avessimo lezione nella stessa aula.
Anche lei non aveva molti amici, tutta colpa del suo caratteraccio.
"Tsundolyn", com'ero solito chiamarla, altro non era che una fusione tra il suo nome e la parola "tsundere".
Sinceramente, io non sono proprio un patito di anime e manga. Ne ho letto e visto qualcuno, ma preferisco di gran lunga passare il tempo con la mia ps4.
Ad ogni modo, quando ero capitato per la prima volta di fronte al termine "tsundere" e ne avevo scoperto il significato (ovvero, a grandi linee sta ad indicare una persona che, pur comportandosi sempre sgarbatamente e con eccessivi eccessi di rabbia, in realtà dentro è dolce quando un marshmellow arrostito e si comporta in quel modo solo per nascondere il proprio imbarazzo e la propria timidezza), subito mi si era palesato in mente il volto imbronciato di Gwendolyn.
Non poteva esserci un modo migliore per descriverla.- Ehi Gwen. Posso venire da te questo pomeriggio? -
Lei per poco non si soffocò con la gomma che stava masticando.
- Che succede, Shittylas? Dopo tre anni di isolamento forzato, stai finalmente iniziando a sentirti solo? -
- Non io, in realtà. Si tratta di un'altra mia amica. -
A quel punto ci si strozzò sul serio con quella gomma e io mi ritrovai a darle qualche pacca sulla schiena per aiutarla a liberarsene.
Quando finalmente potè tornare a respirare, mi rivolse un'occhiata allibita, a dir poco stravolta.
- Tu... Hai un'amica? -
- Beh, due a dire il vero. Non hai sentito che ho detto "un'altra"? -
- E chi sarebbe la prima, scusa? -
Replicò, inarcando un sopracciglio, senza avere seriamente la più pallida idea di cosa io stessi cercando di dirle.
- Ehm... Tu? -
Risposi io, accennando un mezzo sorriso.
Lei mi guardò come se le avessi appena detto una parolaccia particolarmente pesante o avessi appena insultato un suo familiare, oppure, ancora peggio, il suo gatto (non c'è nulla al mondo che detesti di più di quando la gente prende in giro Mr. Puffin, anche se quel gatto, il cui nome è una fusione tra "Pusheen" e "muffin", con quei suoi sopracciglioni, il volto sempre immusonito e il suo modo di camminare come se fosse perennemente ubriaco, sembrava davvero implorare la gente di deriderlo).
Quindi Gwendolyn avvampò sulle gote leggermente paffute (se dall'imbarazzo o dalla rabbia, però, non avrei saputo dirlo).- Anche se ogni tanto mi prendo il disturbo di rivolgerti la parola, non è che siamo amici o qualcosa del genere. -
Io sorrisi. Era esattamente ciò che volevo sentirle dire. Mi divertiva sempre un sacco il modo in cui riuscivo, senza neanche impegnarmi più di tanto, a farle pronunciare simili affermazioni da tsundere.
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Stereotype
Mystery / ThrillerDal momento in cui vieni al mondo a quello in cui lo lasci, non ti abbandoneranno mai. Ti avvolgeranno come una seconda pelle, un rivestimento che, fino al tuo ultimo istante, non riuscirai a capire se ti appartenga davvero o meno. Nel tempo potrebb...