Red hair

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Prima che finisse la pausa pranzo, riuscimmo a trovare Axel, che si trovava nel cortile sul retro insieme a buona parte della squadra di football.

Assunse subito un'espressione torva non appena si accorse di me e Zoey, ma gli bastò notare la presenza di Hester alle nostre spalle per cedere e acconsentire a seguirci in un luogo un po' più appartato.

Confermò la versione di Hester senza alcuna incertezza. Sabato gli aveva mandato un messaggio chiedendogli di incontrarsi al parco per le undici e mezza, tuttavia, a causa di un ritardo dell'autobus, era arrivato con un quarto d'ora di ritardo. Al suo arrivo, Hester era in compagnia di una ragazza. Non sapeva chi fosse ma dalla descrizione che ne diede, seppur molto approssimata, risultò evidente che si trattasse proprio Abigail. Non appena lui aveva messo piede nel parco e aveva salutato il ragazzo, lei gli aveva messo l'astuccio tra le mani e poi era filata via. Loro erano rimasti a parlare per circa mezz'ora, quindi si erano separati intorno alle dodici e un quarto proprio cinque-dieci minuti prima che si diffondesse la notizia della morte di Abigail.

Era impossibile che nell'arco di così pochi minuti, Hester avesse potuto condurre Abigail nel campo da football, ucciderla e andare via.

Tuttavia, rimaneva ancora irrisolto un problema di fondamentale importanza.
Chi diamine era la persona che quella ragazza aveva visto vicino al campo?

Girava tutto intorno a quella domanda. Per quanto ne sapevamo, infatti, Hester e Axel si sarebbero anche potuti mettere d'accordo in anticipo per accordarsi su quella versione dei fatti, quando magari in realtà era andata in tutt'altro modo.

Se solo avessi potuto ritrovare quella ragazza vista in corridoio e sottoporla a un interrogatorio... Ci avrebbe risparmiato un sacco di problemi.
E invece non sapevo neanche che faccia avesse, dato che in quel momento si trovava di spalle.

Intanto la campanella stava suonando, segnando la fine della pausa pranzo.

Il mio stomaco protestò mentre mi dirigevo verso la mia classe. Quegli interrogatori mi avevano tenuto occupato tutto il tempo, senza darmi modo di mangiare. E non potevo neanche dire che alla fine ne fosse valsa la pena, dato che non avevamo concluso nulla.

Per l'ennesima volta, mi chiesi perché mi fossi fatto immischiare in quella storia. A dispetto dei suoi quindici anni, Zoey sarà pure stata una spia provetta, tuttavia io non ero certamente un detective, nè puntavo a diventarlo. Fino a quel momento, non avevo praticamente mosso un solo muscolo, stava facendo tutto lei, io mi limitavo ad osservare.
A cosa credeva che le sarei servivo?

A questo stavo pensando quando, camminando per i corridoi, passai di fianco al teatro della scuola, la grande sala munita di palcoscenico della quale tutti ricordavano l'esistenza solo a dicembre e a giugno, in occasione della recita, del concerto o dello spettacolo di danza, che si alternavano di volta in volta.

Il motivo per cui mi fermai di fronte a quelle porte fu il suono che proveniva dal loro interno.
Era musica. Non musica qualunque, bensì un motivetto fastiosamente ripetitivo e a me fin troppo familiare. Alla sorpresa di sentire quella colonna sonora in un posto del genere, si sommò poi lo sconcerto: a quell'ora, quando erano ancora in corso le normali lezioni scolastiche, nessuno si sarebbe dovuto trovare lì dentro.

Fosse accaduto un paio di settimane prima, sarei filato via senza pensarci due volte. Tuttavia, se c'era una cosa che Zoey mi aveva insegnato, era sicuramente che, non appena si presenta l'occasione di ficcanasare in giro, specie se sai che non dovresti farlo, allora dovresti coglierla al volo.

Così, cogliendo un momento in cui i corridoi si erano quasi svuotati, provai ad abbassare la maniglia. Come mi aspettavo, non era chiusa a chiave.

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