Primo giorno (e che palle)

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Chi non ha voglia di andare a scuola alzi la mano! Ah, giusto. Ci sono solo io.
"Kylie, smettila di fare quel muso lungo."
Mio padre, come sempre. Non perde mai le speranze con me da quando avevo dieci anni. Mamma era partita per un tour in America, e stava andando tutto alla grande finché non le era caduto un palo di metallo che l'aveva colpita alla gola, facendole perdere la voce. Da allora non si era mai arreso, neanche una volta e aveva sempre vinto su chi faceva questo e chi faceva quello. Negli ultimi anni, con mamma che non poteva più sostenerci con il suo contratto musicale, abbiamo fatto fatica a pagare le bollette. Papà con il suo lavoro da scrittore faceva più che poteva per aiutarci, ma l'unica casa editrice che era disposta ad aiutarlo aveva chiuso i battenti cinque mesi fa e da allora abbiamo avuto dei seri problemi economici. Finché un giorno papà non era entrato in cucina e se n'era uscito con un: "Ehi, ho trovato un nuovo posto di lavoro."
E io: "È meraviglioso"
Mamma invece aveva detto con la lingua dei segni un "Congratulazioni, tesoro."
"Be' in realtà c'è na cosa che dovrei dirvi."
E da lì che sono cominciati i problemi, almeno per me nei confronti di mio padre. È stato a quel punto che abbiamo abbandonato New York, e ora siamo andati con il nostro Pick-up dell'anno scorso, nero splendente, verso la scuola di Barcellona. Per fortuna, tutta la nostra famiglia era un'esperta della lingua, altrimenti non avrei saputo cosa fare. L'edificio si estendeva di fronte a noi in tutto il suo splendore, le gradinate erano stracolme di studenti. L'unica cosa anormale era che fossero tutti normali (il che era una cosa strana, perché in tutte le scuole in cui sono stata ne trovavo sempre di così): nessuno aveva tatuaggi sul corpo o degli orecchini o dei peircing o ragazzi truccati o skateboard. Che cosa voleva dire?
"Ok, tesoro. Buon primo giorno."
"Evviva.", pensai scazzata.
Mia madre, che era nel sedile dietro, mi disse la stessa cosa nella lingua dei segni. Poi mio padre ingranò la marcia e se ne andò.
Mi voltai verso la scuola, il giardino che aveva non era male ma cominciavo già a detestarla per la sua anormalità. Tolsi le cuffie dalle orecchie prima che finisse Bohemian rhapsody dei Queen, e mi avviai verso le "porte dell'Inferno".

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