Se per caso un giorno mi fossi guardata indietro e avrei ricordato la notte in cui ho fatto un'effrazione, non mi sarei mai pentita di quello che avevo fatto. Perché la mia azione, quella notte, aveva avuto uno scopo.
Raggiunsi il luogo ritrovo (aka la piazza vicino alla scuola) alle nove precise, ci avevo messo più di mezz'ora per arrivare lì. Per fortuna Bellamy aveva portato la macchina, in questo modo non avrei destato dei sospetti a mia madre che già non sopportava Barcellona per via dei brutti ricordi che aveva della città.
Un minuto dopo arrivarono anche Bellamy e Rick, con tanto di zaino sulle spalle.
"Siamo tutti?", chiesi agli altri.
"Sì, Betty non può venire. Immagino che, conoscendo i miei zii, non la faranno uscire fino al suo ventunesimo compleanno."
Betty. In questi ultimi giorni avevo pensato molto a lei, venivamo a casa sua io e Connor e, insieme a lei e a suo cugino, facevamo le prove per scrivere le prossime canzoni che- se le avevamo finite- le caricavamo sul canale YouTube della band creato da me. Nel corso di questo mese eravamo arrivati alla terza canzone e, da quando avevamo cominciato, le nostre canzoni avevano avuto tutte commenti positivi. Ovviamente indossavamo delle parrucche finte (verdi per i maschi, blu per le ragazze), ci mettevano sul viso chili di trucco e indossavamo orecchini finti per non farci riconoscere da nessuno soprattutto i nostri genitori. Ma se dovessero sapere che facevamo questa cosa per un qualcosa di più grande che ci avrebbe messo nei guai, allora ci sarebbe toccato lo stesso destino di Betty.
"E tu invece?", mi chiese Bellamy, mentre ci avvicinavamo alla porta d'ingresso.
"Connor ha una febbre da cavallo, resterà a casa per altri tre giorni."
"Non vive in un appartamento?", domandò Rick.
"Sì, perché?"
"Per chiedere, non ha- che ne so- dei parenti?"
"No. Il padre non lo ha mai conosciuto, sua madre se n'era andata quando era piccolo. Lo ha cresciuto il nonno, e ora che neanche lui c'è più si è trasferito qui. Non ne ho mai parlato con nessuno se non voi due.", dissi rivolta a Rick.
"Sul serio? Non lo sapevo."
"Ci credo."
"Davvero?!", disse sorpreso.
"Oh, be'. Da come gli lanci delle frecciatine per tutto il tempo si vede."
Mente cercava qualcosa da dire si bloccò prima di poter pronunciare qualsiasi parola, aveva aperto la bocca ma non ne usciva una parola.
"CCC... Questo non è affatto vero!"
Mi fermai di colpo. Non è vero! Col cazzo che non era vero. Non me lo ero immaginato, si vedeva lontano un miglio che odiava Connor. Mmmm! Quanto mi fa incazzare!
"Ah, davvero! Perché io penso che tu non mi stia dicendo qualcosa, e non provare a negarlo perché lo hanno visto tutti. Non so perché odi Connor ma stanne certo che lo scoprirò! E se per caso la prossima volta dirai una cosa del genere, io..."
Ma non riuscii mai a dirgli che cosa gli avrei fatto, e forse andava meglio perché altrimenti mi sarei pentito di quello che gli avrei potuto dire, perché Bellamy ci disse:
"Ragazzi. Vi farei continuare questo vostro litigio da vecchia coppia sposata se non fosse che stiamo per commettere un crimine, quindi vi chiedo la cortesia di stare zitti. O per caso volete far sapere alla polizia della nostra presenza che stiamo per irrompere in un edificio ad un orario non consentito dalle regole?"
A quella frase non parlammo più, Bellamy tirò fuori un computer e collegò una serie di cavi dal dispositivo ad un pannello.
"Che stai facendo?"
Non mi rispose. Picchiò sui tasti così velocemente che non mi accorsi che aveva finito.
"Allarme morto."
"Cacchio.", disse Rick.
"Wow."
Ritirò tutto quanto e aprì la porta.
"Ma dove hai imparato a fare quelle cose?"
"Prendevo sempre il massimo di informatica e 'per caso' sono venuto a sapere di un modo per togliere l'allarme usando il computer."
"Ok, ho capito. E quando dici per caso intendi..."
"Mio padre."
Per poco non urlai, ma è possibile che deve sempre parlare senza essere interpellato?
"Sai sarebbe anche piacevole stare qui dentro, di notte, senza farmi saltare dalla paura.", sbottai.
"D'accordo, Signorina Non Devo Essere Toccata."
"Ancora con questa storia?"
"Sì, per me sei ancora la solita figlia di papà ricca e viziata. E sai una cosa, ho accettato di prendere parte alla band solo perché voglio fare vedere a quell idiota omofobo del preside che ha commesso l'errore più grande di tutti espellendo mia cugina."
A quel punto non mi importo' più di niente, se non di rispondergli per le rime. Le sue parole mi avevano fatto più male di quanto pensasse, ma non volevo dargliela vinta.
"Ah, sì? Be' ti sbagli, e questo dimostra che non mi conosci affatto. Mia madre mi ha insegnato che cosa significa il dolore, l'umiltà, la sconfitta, ma soprattutto l'amore. Perché lei non ha mai avuto un'eredità, né una madre (l'aveva lasciate alla prima difficoltà da genitore). Anzi, sin dalla nascita, suo padre aveva speso fino all'ultimo centesimo in alcool e droga. Non si faceva affatto problemi a picchiare lei e mia zia anche per cose stupide. Sì erano persino trovate un lavoro per poter avere altri e mandare avanti una famiglia già distrutta in partenza A scuola la prendevano in giro per colpa della reputazione di suo padre, e appena ne ha avuto l'occasione se n'è andata via da qui."
"Che significa che se n'è andata? E tua...", disse un attimo, confuso.
"Mia zia è morta. Qualcosa era andato storto e la sua macchina è precipitata nell'autostrada. Un momento dopo è esplosa. Dissero che probabilmente era morta sul colpo, ma non ritrovarono mai il corpo."
Conclusi la storia di mia madre andando avanti senza voltarmi indietro. Mi accorsi più tardi che avevo pianto.
Di solito me ne accorgevo, ma stavolta stranamente non me ne importava. Ah, stupido Richard Cordero! Brutto idiota, coglione, strapezzente e cafone! Ma perché ho deciso di prenderlo nella band? Be', non posso negare che non sia un ragazzo niente male...ah, ma che vai a pensare Kylie Sparkle! Quello ti odia, e odia anche Connor.
Accesi la torcia che avevo portato da casa. In un attimo trovai Bellamy che armeggiava con degli arnesi sulla serratura di una porta, solo dopo compresi che era quella della presidenza. La serratura scattò ed entrammo nello studio.
"Sei un genio d'informatica, sai scassinare le porte. Mi dici una cosa che non sai?", chiesi a Bellamy con sarcasmo.
"Sapessi quanto poco so dell'amore."
Fui talmente triste per la rivelazione di Bellamy che decisi di non parlagli per non sopraffare su quel minimo di autocontrollo che solo lui era riuscito a mantenere filo ad ora.
"Allora, che cosa cerchiamo di preciso?", domandò Rick.
"Qualsiasi cosa che non sia normale."
"E perché?", feci io.
"Wanda Young si preoccupava così tanto della reputazione della scuola tanto che aveva trascurato sua figlia. Se Pablo Hernandez frequentava questa scuola, allora avrà fatto in modo che non si trovasse alcuna prova."
"E cosa ti fa pensare che sia ancora qui il fascicolo?"
"Mallory una volta aveva spifferato che sua madre non buttava mai niente. Neanche le cose vecchie che riguardavano lei e la sua famiglia."
Chissà perché non muoio dalla voglia di vedere casa sua.
"Ok, cominciamo.", dissi infine.
Mentre mi avvisi verso la mia parte dell'ufficio da guardare, andai indietro nel tempo e ricordai il giorno in cui tutto era andato storto per la mia vita e quella di tutti. Tutto quel sangue, il pugnale impiantato nella pancia. Ora che ero tornata indietro, mi ero presa il tempo di guardare con molta attenzione i dettagli. Il pugnale era stato infilato nella carne con tanta brutalità da fare paura. Dopo tutto questo tempo, mi ero sbagliata a mettere Rick nella (mia) lista dei sospetti- nella quale, tra l'altro, c'era solo lui. Non era smilzo, ma non era così robusto da poter uccidere una donna sui trentacinque anni, più alta di lui. E poi, dalla brutalità, si capiva che era un delitto passionale. In conclusione, chi aveva ucciso Wanda Young la conosceva molto bene e il suo movente non era altro se non la vendetta (o qualcosa di più oscuro). Inciampai in qualcosa che prima non avevo notato, era un tappetino. Sbattei il ginocchio per terra.
"Ahia, cazzo!"
"Tutto apposto?", mi chiese Rick con cautela. Immagino che dopo la mia sfuriata ci ha pensato due volte prima di rivolgermi la parola.
"Sì, non era niente." Ma io mi chiedo, perché la gente mette i tappeti sotto la scrivania?
Non persi tempo a rispondere alla mia stessa domanda che, non appena ripresi la torcia, puntai quest'ultima verso un cassetto in particolare. Era molto sottile rispetto a quelli della scrivania, ma la cosa più curiosa era che c'era una serratura.
"Interessante.", mormorai. "Ehi, ragazzi. Secondo voi, se dovessi nascondere una chiave dove la metterei?"
Fu solo un'ipotesi, ma decisi lo stesso di provare. Tastai il tappeto in un punto molto preciso e ne ebbi la conferma.
"Sinceramente? Non lo so.", disse Bellamy.
"Io se dovessi, la metterei in un posto vicino ma che non fosse il primo posto dove andare a cercare."
E poi sorrisi.
"Oppure far pensare agli altri che sia così e lasciarli fare, tralasciando l'ipotesi prima di pensarci su."
Tra le mie mani una piccola chiave d'argento splendeva grazie al riflesso della luna.
Rick imprecò tra sé. Quello che disse Bellamy non lo compresi e forse era meglio così.
"Ma tralasciare alcuna ipotesi."
Infilai la chiave nella serratura, la feci scattare. Comparve...un fascicolo! Un fascicolo?! Vabbè. Qualunque cosa per scoprire qualcosa su Pablo. Lessi la copertina: famiglia Hernandez. Top Secret.
Ma che vuol dire?
"Questa scuola non è cambiata per niente? Il sistema di sicurezza è sempre stato una merda qui.", disse una voce femminile.
Cazzo! C'era qualcuno qui!
"Nascondiamoci, presto.", sussurrò con gran foga Bellamy.
Non c'erano molti posti per poterci nascondere, ma i ragazzi e io lo trovammo subito. Loro di nascosero in unarmadio dove erano riposti un sacco di documenti, io invece rimasi sotto la scrivania- che per fortuna aveva un intero pezzo di legno che mi copriva da una parte- così nessuno mi avrebbe visto.
"Sì, cose hai ragione dopotutto."
"Ricordati, Pablo, che non sono venuta per fare la rimpatriata del liceo che ti sarebbe tanto piaciuta. Sono qui per parlare della questione Wanda."
Cercai di respirare piano perché non mi potessero sentire. Avevo troppa paura per essere beccata di nuovo dall'uomo che aveva cercato di spararmi. La donna (sì, ero sicura che era una donna) che aveva parlato di sedette sulla sedia, a pochi centimetri dai suoi piedi c'ero io.
"Sì, lo so. E io voglio quello che mi avevi promesso. Mio figlio. Hai detto che è qui, e anche se non l'ho mai incontrato lo amo già e farei di tutto per lui così come farei tutto per Bloom."
Rimasi scioccata dalle sue parole. Pablo Hernandez, lo spacciatore temuto da tutti in Spagna, aveva un figlio? Ma Bloom...Oh, no. Ero così spaventata dalla risposta che non ce la facevo ad accettarla.
"Sì, ma io ti avevo detto di portarla da me non di ucciderla. In questo caso, l'accordo è infranto e quindi non posso rispettare."
Fu così arrabbiato che sbatté un pugno sulla scrivania.
"Tu come ti sentiresti se ti trovassi di fronte a te la persona che a fatto del male all'amore della tua vita?", urlò ai quattro venti.
"Forse mi sarei trattenuta per darle una punizione peggiore della morte. E capisco perché lo hai fatto."
La conversazione non andò avanti per un po', finché Pablo non riprese a parlare.
"Cosa posso fare per poterlo vedere?"
"Ah, adesso mi piaci."
"Ti ricordo solo che tutto quello che ho fatto da quando è morto mio fratello lo faccio per poter arrivare a uccidere i miei demoni e quelli come te che hanno avvelenato Barcellona in tutti questi anni. Tu non sei migliore degli altri. Potrei non avere prove per dimostrare quello che hai fatto, e la mia reputazione parla da sola, ma sta sicura che prima o poi ti meriterai la tua punizione. Non so quando non so come, ma sta certa che succederà."
In seguito, non capii quello si stavano dicendo perché quella donna- che avevo già bollato come Malefica in persona- gli disse che cosa doveva fare in un orecchio. Se ne andarono dalla stanza, quasi subito ricominciai a respirare davvero.
Convinsi i ragazzi che era meglio andare fuori dalla struttura prima che arrivasse altra gente. Ovviamente richiusi il cassettino e rimisi la chiave al suo posto. Uscimmo dalla finestra vicino che si affacciava sul prato.
"Ok, ora possiamo guardare.", esordii.
Aprii il fascicolo alla prima pagina, era una normale pagina con i dati di Pablo:data di nascita, il sesso, il numero di matricola ecc., ma le cose più scioccanti arrivarono dopo il fascicolo di suo fratello Juan, più grande di un anno e morto all'età di diciotto anni. La scheda di Wanda, la nostra preside assassinata, che prima faceva di nome Hernandez, e poi una lettera, anzi no, un foglio, una specie di contratto- firmato con gocce di sangue alla fine dei nomi.Noi, i Giustizieri delle Ombre, giuriamo solennemente di fare la cosa giusta per le persone che non ce la fanno da sole ad affrontare i loro demoni, interiori ed esteriori, perché per troppo tempo il più forte ha mangiato il più debole e adesso non è più accettabile restare a guardare mentre il mondo si logora da solo.
Io, Juan Hernandez, lo giuro.
Io, Wanda Hernandez, lo giuro.
Io, Pablo Hernandez, lo giuro.
Io, Pedro Cordero, lo giuro.
Io, Castle Cordero, lo giuro.
Io, Bloom Gomez, lo giuro.
Io, Mercedes Gomez, lo giuro.
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Renaissance. La voce di tutti
General FictionTrasferitasi da poco nella nuova scuola, Kylie ancora non riesce a comprendere perché gli insegnanti odino tanto i gli omosessuali. Lei non è lesbica, ma dentro di sé sa che questo non è giusto. Così decide di formare una band che suoni ancora una...