Effrazione 2. Stavolta all'esterno

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Credevo che l'essere entrata a scuola di nascosto mi avrebbe resa una criminale, ma ora ero convinta al cento per cento di essere solamente pazza. Chi tornerebbe nello stesso luogo a rubare di nuovo? Solo io.
Per tornare alla scuola mi ero fatta tutto il tragitto a piedi, accompagnata dalla sensazione di non essere da sola. E non credevo che centrasse l'effetto che facevano le strade sterrate. Quando mi trovavo lì, armata di Google Maps, mi ero fatta coraggio per poter andare avanti. Anche perché, quando ti trovi ad un certo punto della tua vita in cui faresti qualsiasi cosa pur di riuscire nel tuo intento, non importa quello che ti spaventa o meno, ma gli ostacoli che ti ritrovi nel tuo percorso. Così, anche se la sensazione di essere seguita da qualcuno, persino la donna che mi aveva sparato la notte in cui Pablo aveva rinunciato ad uccidere Rick, non era intenzionata ad abbandonarmi.
L'atmosfera quella notte era calma, il vento soffiava piano ma sembrava che avesse un'aria minacciosa. Forse anche lui intuiva il pericolo che si celava in quella notte. Sentivo un brezza leggera che mi sfiorava la guancia morbida. Misi la mano all'altezza del fegato, nel punto in cui mi avevano sparato. La cicatrice mi ricordava ciò che avevo passato e la paura che in quel momento provavo. Poi, però, più avanti vidi qualcosa. All'inizio pareva un'ombra ma poi, andando più in avanti, compresi che era qualcosa di concreto: era un pacco dalle dimensioni medie.
E poi sentii un rumore, come un mugolio, come un pianto di un neonato. Mi avvicinai al pacco. Era come un intreccio di bianco e di un marroncino color cioccolato al latte.
E non sarebbe stato strano se quell'intreccio non si fosse mosso.
Erano due cuccioli di cocker spaniel ancora attaccati alle mammelle della madre che, a giudicare dalla temperatura del corpo, era morta da poco. Mi girai intorno per vedere se c'era un posto sicuro dove lasciarli (senza il necessario non sarebbero potuti sopravvivere) ,ma non vidi niente. Così presi il pacco e cercai il veterinario più vicino da qui.
E poi...un kilometro e mezzo, ce la potevo fare.

Quando giunsi alla clinica veterinaria, senza fare del male ai cuccioli, girai un sospiro di sollievo. Li lasciai all'ingresso, bussai alla porta e me la diedi a gambe prima di essere vista.
Se fossi stata crudele non li avrei aiutati, anzi sarei passata davanti a loro come se fossero invisibili.
Sono gli ostacoli della vita, mi dico. Ti mettono alla prova per vedere che tipo di persona sei, mia madre ne sapeva qualcosa.
Qualche kilometro più tardi, arrivai alla scuola. Stamattina mi ripetevo che stavolta sarebbe stato facile perché dovevo rubare qualcosa da fuori e non da dentro. Così mi diressi verso il punto in cui si ergeva una specie di lapide con l'iscrizione "capsula della scuola: anno 1999". Di norma si sarebbe dovuta aprire lo stesso giorno di venti anni prima in cui era stata sepolta, ma siccome lì dentro c'erano le prove per risolvere un omicidio "freddo" e fermare una serial killer a piede libero allora era arrivato il momento di rischiare l'espulsione e la fedina penale pulita per un futuro più prossimo.
Ed ecco lì: ero molto vicina a sfiorare il prato bagnato dalla pioggia di stamattina, l'odore di umidità che ti entrava nel naso come un veleno fortissimo.
Finché una mano non mi si mise davanti alla bocca. Io cercai di liberarmi da quella stretta, ma poi...
"Rick?" Rilassai le spalle per il sollievo di non essere finita nelle grinfie della persona che mi aveva sparato.
"Ma cosa...", feci confusa. E lui mi indicò verso il giardino.
C'era qualcosa che di muoveva laggiù. A giudicare dalla corporatura, anche se era buio riuscii a capire che era una donna, la stessa che era con Pablo la notte della nostra prima effrazione! Forse era un bene che Rick mi avesse fermata prima del secondo round, era molto probabile che sarebbe finita con la mia eclatante sconfitta.
La donna portava una maschera nera ed era vestita di un completo rosso come il sangue, forse voleva dire che le piaceva reclamare il sangue delle persone con la sua malvagità. Estrasse dalla tasca un grimaldello per scassinare la capsula e prese la pala che aveva nascosto in un angolo dell'edificio scolastico. Ci mise un buon quarto d'ora per poter dissotterrare la capsula piena di ruggine.
Rick mi fissò e contò con le dita. Tre... due... uno... Per poco non sobbalzai dalla sorpresa: un allarme era scattato all'interno dell'edificio. La donna si allontanò subito, lasciandosi scappare dei termini poco signorili, diretta verso il punto in cui era scattato quell'allarme.
"E quello che cos'era Rick?", gli chiesi mentre ci dirigevamo verso la capsula.
"Prendo tempo.", e mi mostrò un monitor che teneva sotto controllo alcune aree della scuola. Doveva essere opera di quel genio dei computer di Bellamy.
"Mio cugino ha creato un sistema di allarme che su poteva arrivare da distanza, non abbiamo molto tempo se calcoliamo i tempi di andata e ritorno della donna, se corre."
"Quanto tempo?", domandai.
"Due minuti. Fai presto."
Non mi fermai un attimo. Presi subito la chiave che avevo scovato nel vecchio covo del team, e la usai per aprire la capsula. C'erano parecchie cianfrusaglie lì dentro, ma dovevo trovare ciò che i nostri genitori ci avevano nascosto così iniziai a rovistare tra di esse, cercando qualcosa che fosse insolito da mettere in una capsula.
"La donna ha già distrutto l'allarme. Sbrigati!"
Sobbalzai e feci il più in fretta possibile, dal monitor vidi che lei stava attraversando il corridoio con grandi falcate. L'ansia era alle stelle. Il mio cuore batteva talmente forte e il fatto che il vento, prima lieve ora meno, si era alzato non aiutava per niente. Finché non scovai delle pagine gialle legate con un nastro di seta nero, ma quel che mi fece sorridere fu che erano scritti nello stesso modo in cui il proprietario del diario, che avevamo trovato nel vecchio covo, scriveva su di esso. Erano le pagine mancanti del diario di Wanda!
"Trovate!", esclamai.
"Bene, ora andiamo.", fece Rick.
Chiusi la capsula e ritirai la chiave. Poi scappai via, insieme a Rick, veloce come il vento.

Il mio cuore aveva smesso di battere come un treno almeno mezz'ora fa. Nella macchina di Rick si stava bene, era più accogliente di quanto mi aspettassi.
"Bella macchina.", dissi per spiccare almeno una parola.
La situazione era più imbarazzante del previsto, nonostante mi avesse salvata dalla mia quasi morte non ero ancora pronta per perdonarlo. Mi aveva mentito su una persona che stavamo cercando di incastrare, e non era una cosa da poco.
"Allora hai intenzione di stare zitta per tutto il tempo, o vuoi parlare del fatto che, nonostante tutto il male che Pablo ha fatto alla mia famiglia, non hai intenzione di rivolgermi la parola?", disse Rick.
Mi girai verso di lui, infuriata.
"Ma allora non ti sei reso conto che quello che hai fatto è molto grave?", più che una domanda la mia era una sfuriata.
"Sì, lo so. Me lo dicevo ogni giorno, ed ero pronto a pagarne le conseguenze."
"A quindi, lo sapevi. Ma che bravo, sei proprio un senza cuore.", feci sarcastica.
"No, non sono un senza cuore. Sei tu quella senza cuore."
Infuriata gli girai uno schiaffo e in fretta e furia dalla macchina, diretta verso il palazzo.
"E no, adesso hai veramente esagerato. Non sono venuto a salvarti il culo per ricevere un trattamento del genere."
"Io avrei esagerato?", dissi. "Tu lavori per un drogato di merda."
"Primo, lavoravo per un drogato di merda; secondo, tu stai esagerando. Lo so che ti ho mentito e che ti ho fatto soffrire, ma in una situazione normale le persone si perdonano. Perché tu no?", disse Rick.
Pigiami il pulsante per l'ascensore, che arrivò subito. Ci salii su, ma purtroppo lo fece anche Rick.
"Cos'è? Mi inseguirsi finché io non ti perdonerò?"
"Perché tu non mi vuoi perdonare?"
Mi misi e le mani tra i capelli e urlai.
"Perché tu mi hai spezzato il cuore!"
Ci di silenzio da entrambi.
"Be'? È questo che volevi, no?", dissi.
Fu come se un terremoto avesse iniziato a fare delle vittime, solo che questa volta il suo raggio d'azione si era ridotto a colpire l'ascensore con una scossa molto forte e non molto piacevole.
"Ma che cosa?", disse Rick.
"Oh, no. No, no, no, no, no, no, no, no, no. Perché proprio a me?", domandai disperata.
Quando la mia vita era diventata una specie di serie televisiva, non avevo chiesto di avere anche i cliché da telenovela! Perché si da il caso che adesso mi sia capitato il classico cliché dove due persone in tensione tra loro rimangano bloccate in ascensore, e io non ero affatto preparata. Perché Lui mi vuole tanto male?

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