18. Sighişoara

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Dopo quasi quattordici ore di macchina arrivammo a destinazione. Ci fermammo di fronte ad una torre non tanto alta. Era buio, ma guardandomi intorno riuscivo a capire che quella piccola cittadina era variopinta. Le case erano tutte colorate, le stradine pittoresche. Spostai il mio sguardo sulla piazza della torre affascinata. Una donna uscì fuori da quello che sembrava un negozio in chiusura. Agitava le braccia per attirare la nostra attenzione.

Vladimir spense la macchina, e una volta scesi, mi cinse con un braccio attirandomi a se. Mi mancò il respiro. Lui se ne accorse e sorrise. Il suo sorriso ebbe il potere di togliermi il fiato e allo stesso tempo di farmi sentire sicura. Mi strinsi a lui, non mi importava più se Anna ci avrebbe visti, in ogni caso Vladimir l'aveva comunque soggigata.

«Stai giù con la testa, non voglio che qualcuno ti veda.»

Mi sfiorò il viso con la sua mano, facendo in modo che abbassassi lo sguardo. Era così grave la situazione? Potevo essere diventata una ricercata a livello mondiale?

Vladimir andava così veloce che quasi faticavo a stargli dietro. Ancora un po' e nemmeno sarei riuscita a poggiare i piedi a terra.

Anna ci seguiva, come un cagnolino.

La donna che aveva sventolato le braccia, si affrettò a farci entrare e richiuse la porta subito dietro di noi, chiudendo la tendina.

Disse qualcosa in russo, a bassa voce, e Vladimir rispose. Doveva essere una parrucchiera e noi eravamo nel suo salone. Era piccolo, ma ben tenuto.

«Siediti lì.»

Mi disse la donna, con un accento rumeno ma in un buon italiano, mentre mi indicava la poltrona di fronte a noi. Con un po' di esitazione mi avvicinai, buttando uno sguardo a Vladimir. Lui rimase subito dietro di me, accanto alla donna che giocherellava con i miei capelli indisciplinati, che a forza di stare sotto il cappello erano peggiorati. Poi, dopo avermi sorriso guardandomi dallo specchio, si rivolse direttamente a Vladimir.

«Mi spieghi come ha fatto questa ragazza a far infuriare tanto Marcus?»

«È una storia lunga. Il suo sangue uccide i vampiri.»

Guardai Vladimir attraverso lo specchio, e lui ricambiò il mio sguardo. Il mio cervello analizzava, ero troppo stanca per chiedere e troppo sotto shock per tutto quello che era accaduto in quella lunga giornata. Però, se lui aveva pronunciato la parola vampiri, poteva significare che la donna in piedi dietro di me era come lui. Oppure che sapesse della loro esistenza, ma mi pareva più probabile la prima.

E inoltre, se le aveva appena svelato il segreto del mio sangue, doveva fidarsi di lei come di se stesso.

La donna mi guardò, quasi ritraendo le mani dai miei capelli.

Il Richiamo Del SangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora