2.5 Campeggio

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Guardai la tenda che Vladimir aveva appena montato, non sapevo come sentirmi a riguardo

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Guardai la tenda che Vladimir aveva appena montato, non sapevo come sentirmi a riguardo. Una sola tenda, un unico materassino di quelli matrimoniali. Era come se avesse organizzato tutto alle mie spalle, senza dirmi niente, ancora prima di andare a fare la denuncia quella mattina. Doveva essere per forza così, aveva portato una tenda, delle coperte, del cibo, e uno di quei piccoli barbecue portatili.

La carne sfrigolava sulla brace, e lui era abile ad occuparsene.

Avevamo guardato il tramonto insieme, cosa che sarebbe stata estremamente romantica se lui fosse stato il mio ragazzo. Non riuscivo a capire se mi stava corteggiando o se faceva tutto quello solo per tirarmi su, ma in quel caso, cosa poteva importargliene ad una persona che conoscevo solo da qualche giorno?

Le stelle erano ormai nitide nel cielo, e l'aria era più fresca di quanto non era in città. Il suono delle onde del mare ci faceva compagnia, mentre entrambi stavamo in silenzio.

Mi alzai dalla coperta su cui avevamo brindato prima, e mi avvicinai a lui, praticamente non mi stava facendo fare niente.

«Non sarà troppo sperduto questo posto per starcene da soli?»

Lui sorrise, poi si voltò verso di me.

«Hai paura?»

Lo disse con un tono sarcastico, come se mi stesse prendendo in giro. Io mi finsi imbronciata, fingendo che la cosa mi infastidisse e avesse detto una sciocchezza, ma la realtà era esattamente quella. Ci trovavamo in una radura, intorno avevamo il bosco e di fronte a noi una scogliera a strapiombo sul mare. Potevano esserci animali, o malintenzionati.

«Magari tu!»

Mi guardò seriamente, poi scoppiò a ridere come se avessi detto la cosa più assurda del mondo.

«Saresti sorpresa, ragazzina.»

«Non chiamarmi così...»

Continuò a sorridere. Ragazzina, a chi? Però detto da lui era stranamente piacevole. Mi ricordava qualcosa, ma non riuscivo a capire cosa. Scossi la testa. Non era la prima volta che mi capitava di avere l'impressione che dovessi ricordarmi qualcosa, e quando accadeva, iniziava sempre a farmi male la testa. Per fortuna avevo sempre con me gli antidolorifici, come sempre da un po' di tempo ormai.

Mi voltai, la mia borsa era in macchina. Aprii lo sportello, e tirai fuori dalla mia borsetta di pelle grigia, impreziosita da Swarovski e frange, il blister di pasticche e la bottiglietta d'acqua. La presi, cercando di non farmi vedere. Mi dava fastidio mostrare agli altri i miei momenti di debolezza. E non volevo che si preoccupassero per me, soprattutto in quel caso, dal momento che Vladimir si era dato tanto da fare per organizzare una cosa del genere, se avesse saputo che stavo male mi avrebbe riportata a casa.

Ma quell'uomo doveva avere occhi ovunque, cercare di nasconderlo non era servito a niente.

«Hai di nuovo mal di testa?»

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