26. Sigrid

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Mi risvegliai il mattino seguente, il fuoco era ancora acceso, Vladimir stava seduto poco distante da me, intento a preparare qualcosa nella sua strana pentola di pietra

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Mi risvegliai il mattino seguente, il fuoco era ancora acceso, Vladimir stava seduto poco distante da me, intento a preparare qualcosa nella sua strana pentola di pietra. Non mi ricordavo di come mi fossi addormentata, sapevo solo che tutto era stato splendido, stupendo, magnifico, e alla fine eravamo rimasti abbracciati. Dovevo essermi addormentata in quel momento, con la mia testa sul suo petto.

Mi doveva aver messa lui sdraiata, avvolta nelle coperte con il mio giaccone sotto la testa. Ero ancora nuda sotto le coperte.

«Buongiorno.»

La sua voce era soave e calma, si era accorto che mi ero svegliata senza guardarmi.

«La tormenta sta per finire, dobbiamo tenerci pronti per ripartire appena si placa.»

«Mi dispiacerà lasciare questo posto.»

Dissi mentre mi tiravo su.

«Anche a me. Ma in qualsiasi posto ci troveremo, non cambieranno le cose. Ci apparteniamo, questa è una cosa che nessuno potrà mai cambiare.»

Sentii una lacrima solcarmi il viso, non per la tristezza ma per la gioia.

«Dove sono finiti i miei vestiti?»

«Sono qui, erano umidi e li ho messi accanto al fuoco ad asciugarsi.»

Erano dal lato opposto di dove mi trovavo, e lui mi sorrise malizioso. Certo, ero completamente nuda e dovevo prendermeli da sola. Ma ricambiai il sorriso. Mi alzai, lasciando che la coperta scivolasse via, cadendo a terra. Volutamente passai di fronte a lui, e proprio in quel momento, Vladimir balzò in piedi di scatto. Il mio cuore prese a martellare nel petto, ero convinta che mi avrebbe stretta a se. Ma il suo sguardo non era diretto a me, bensì verso l'entrata della grotta che ci ospitava.

«Vestiti. Sta arrivando qualcuno.»

Con velocità sovraumana andò fuori, sparendo dalla mia vista. Col fiato corto raccolsi gli abiti e cercai di vestirmi più in fretta che potevo. Mi guardai intorno, non sapevo cosa avrei dovuto fare. Preparare tutto per poter andare via? Ma andare dove? La tempesta non era ancora cessata, e non potevamo procedere con tutta quella neve. Almeno non io.

Sapevo che Vladimir era andato a controllare, ma ero estremamente preoccupata. Non sapevo chi ci fosse nei paraggi, poteva essere uno dei vampiri di Marcus, o qualcuno dei seguaci dell'Ordo. E quei folli lo avevano quasi ucciso l'ultima volta che le nostre strade si erano incrociate.

Ma non potevo fare altro se non vestirmi, sedermi davanti al fuoco e attendere.

E fu un'attesa davvero snervante, non facevo altro che far ballare la mia gamba e mordermi quel che rimaneva delle mie unghie non curate. Se mia sorella fosse stata con me in quel momento, mi avrebbe assestato un ceffone sulla mano per farmela togliere dalla bocca, lei si che ci teneva. Le portava sempre fatte, non mancava un solo appuntamento dalla sua onicotecnica, cascasse il mondo. Solo dopo mi resi conto che avevo pensato a lei. Aurora avrebbe trovato senza dubbio un modo per ridere su della situazione, per risollevarmi il morale, ma lei non c'era, e inevitabilmente ricominciai a pensare al grande rischio che avevo fatto correre alla mia famiglia. Anche se avevo toccato la felicità che per giorni avevo anelato, la realtà era tornata a bussare alla mia porta, più prepotente che mai. E ovviamente anche il dolore arrivò. E non riuscii a fermarlo, nemmeno le lacrime che ne seguirono. Chiusi la mia testa tra le mani, le mie mani passarono tra i capelli arruffati cercando invano di mandare via quei pensieri, ma era impossibile.

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