22. Questione di furbuzia

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《Vi dico che non è colpa sua! Non è stato lui! L'ho voluto io, sono IO che ho deciso di scappare di casa! Murdoc è innocente!》cerco di far ragionare i poliziotti ma la loro opinione rimane inflessibile, come una lama d'acciaio che spinge sempre di più nel mio petto. Tutto questo mi fa stare male, al sol pensiero che Murdoc possa finire in prigione a causa mia, mi toglie il fiato.

Sono dentro ad una di quelle salettetutte dipinte di uno di quei colori tristi e desolati: verde scuro, squallido.

Sono seduto su di una sedia scomodissima, con le gambe che stanno sotto ad una scrivania fredda e malinconica. Davanti a me ci sono due poliziotti: uno alto e magro, avrà sì e no, una cinquantina d'anni; sul volto ha dei baffi orribili che gli coprono il labbro superiore; sulla guancia sinistra ha una cicatrice terrifficante, mentre il naso è aquilino, orribile anche quello. L'altro polizziotto è un pelo più basso dell'altro, ha degli occhiali da sole sul naso che non ha voluto togliersi nemmeno una volta entrato in centrale; non ha la barba, avrà più o meno qualche anno in più di Murdoc, ha una pelle chiarissima, capelli biondi e dita delicate che contina ad intrecciare mentre da dietro quei suoi RayBan stile anni '80, mi continua a fissare senza dire una parola.

《Signorino Pot, lei ci deve dire la verità, nient'altro che la verità. Ci confessi cos'è realmente accaduto, di nuovo.》 il poliziotto più vecchio continua a farmi la stessa domanda. 《Ve l'ho già detto, accidenti... Non è stato Murdoc a rapirmi, non è stato nessuno. Sono stato io a voler fuggire di casa!》 rispondo in modo alterato. Poi, quando i due poliziotti si mettono a fissarmi in modo inquieto, sento un nodo alla gola che quasi non mi fa più respirare. Di conseguenza, inizio a piangere e, balbettando, ribadisco la mia versione dei fatti: NON E' STATO MURDOC, LUI E' INNOCENTE!

Ad un tratto, la porta della stanza si apre. 《Steve, Clarence. Fate una pausa, il ragazzo ha visite.》 non appena il poliziotto nuovo che ha interrotto il mio pianto sfrenato, finisce di parlare, spero tanto che con "visite" intenda Murdoc.
Felice nel sapere che ho qualche minuto di pausa, mi alzo dalla sedia, aspettando quel qualcuno che ha terminato le mie sofferenze. I polizziotti che mi stavano interrogando nel mentre, sono usciti dalla saletta, mentre dalla porta sbuca la sagoma del "mio salvatore": mia madre. Non appena la donna si affaccia alla porta, sussurra incredula il mio nome. Appena la vedo, però, le lacrime riprendono a scendere lungo il mio viso. La donna, lentamente, si avvicina al sottoscritto, avvolgendo le sue braccia intorno al mio corpo. 《Oh Stuart... credevo di averti perso... per sempre.》 sussurra la donna con voce tremolente. Io continua a non dire nulla, per un certo aspetto, sarei stato più felice nel ritrovarmi Murdoc davanti, ma comunque preferisco mia madre a mio padre.
《Lui dov'è?》 chiedo con voce ferma e seria. La donna si stacca dal nostro abbraccio e, iniziandomi a guardare dall'alto verso il basso, smette di piangere anche lei. 《E' qui...》 quelle due semplici parole pronunciate da mia madre, mi fanno rabbrividire. 《Figliolo...》 ad un tratto la voce cupa di mo padre, interrompe quel silenzio che sie era creato fra me e mia madre. L'uomo inizia a cammnare per raggiungere la saletta in cui siamo, ma non appena cerca di abbracciarmi, lo fermo subito. 《Non ci pensare minimamente...》dico tenendo le soppracciglia aggrottate. Mio padre rimane a bocca spalancata, stando fermo con le braccia aperte davanti a me. 《Per colpa tua adesso Murdoc è in prigione per qualcosa che non ha nemmeno fatto! E così, io dovrei essere felice nel rivederti? Cos'è? Ti aspettavi qualche segno di affetto o per lo meno, una lacrima da parte mia? No, nemmeno per sogno. Io per te non piangerò mai, sia chiaro. Tu per me, papà, non sei più niente. Sei solamente un mostro, una serpe che si è intromessa fra di noi e col tuo modo di fare, stai rovinando questa famiglia.》 Ho il fiatone, quasi non ci posso credere che gli ho appena detto tutto questo in faccia, senza fare nemmeno una pausa per riprendere fiato. Ma è stato un istinto naturale, spontaneo, che non mi ha lasciato nemmeno il tempo di ragionare sulle possibili conseguenze.
Appena finisco di parlare, mio padre rimane in silenzio per qualche minuto poi, decide di controbattere. Ma non lo fa con le parole, bensì con le mani. In uno scatto felino, mi prende dal colletto della maglietta, alzandomi da terra. 《Senti, Stuart... io lo sto facendo per il tuo fottutissimo bene. Tutto questo rancore fra di noi, è dovuto solamente a causa del tuo comportamento irresponsabile. Devi crescere, ormai hai quasi diciassette anni, non sei più un ragazzino, o meglio, un bambino. Ma ti comporti come tale. Devo sempre rimediare ai tuoi stupidissimi errori e sia io che tua madre, facciamo di tutto per farti stare bene. Non sai il dispiacere che tua madre ha provato nel leggere quella fottutissima lettera che hai lasciato sul tavolo della cucina prima di scappare e fuggire verso un mondo disperato, libertino e senza regole. Ma ricorda Stuart, libertà non è sinonimo di benessere. Non oso immaginare cosa ti hanno fatto quei due suicidi ragazzi di periferia... puzzi come uno straccione, proprio come Murdoc-》appena mio padre pronuncia il suo nome, mi sale una rabbia dal più profondo della mia anima. 《Pronuncialo di nuovo...》dico con voce cupa, continuando a guardare mio padre con le sopracciglia aggrottate.
《Vi prego, finitela adesso!》ci supplica mia madre. Ma mio padre non sembra aver capito e continua a provocarmi. 《 Ahahah, cosa pensi di fare, Stuart? Mi vuoi picchiare? O vuoi scappare di nuovo come un perdente, eh? Vuoi che ripeta quello stupido nome, di quello stronzetto malefico? Bene, allora lo faccio... M-U-R-D-O-C》non appena mio padre finisce di parlare, io inizio ad urlare a squarciagola come se mi stessero scuoiando vivo. Mio padre mi lascia subito, facendomi tornare con i piedi per terra. Così, posso iniziare a mettere in atto il mio piano. Inizio a tirarmi pugni e schiaffi sul viso, cercando di farmi uscire il più possibile dei lividi. Entrambi i miei genitori mi iniziano a fissare increduli.
《Smettila, brutto moccioso-》ringhia mio padre, riprendendomi dal colletto della maglietta. Ma non appena l'uomo alza il pugno in direzione del sottoscritto, i poliziotti che mi stavano interrogando prima, ci raggiungono. Vedendo la mia faccia piena di lividi e mezza sanguinante, saltano a dosso a mio padre, amanettandolo all'istante.
Così, il mio piano ha funzionato.

-Angolo autrice-
Buonsalve a tutti/e!
Mi scuso per il ritardo ma ho a breve la maturità e sono sommersa dai libri di biologia e chimica... send help!🏳
Detto ciò, ritorno a """"studiare"""" fra una distrazione e un'altra 😅
Buona giornata!

Call Me By Your Name ~Studoc Fanfiction// GorillazDove le storie prendono vita. Scoprilo ora