9 - Tallulah

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Pareva che Simon non se ne rendesse conto, ma il suo atteggiamento folle era molto più simile a quello di un bambino capriccioso che a quello di un amico fedele; o perlomeno così si disse Randy quando, tornato a Casa Graham, si chiuse la porta alle spalle.

L'odore d'involtini primavera, che proveniva dallo studio di Gabriel, gli riempì subito le narici e gli fece capire di essere rientrato appena in tempo per l'ora di cena, proprio al momento in cui non avrebbe dovuto. Ma non si preoccupò di come poter mantenere il punto, né dell'eventualità di fare brutta figura, certo che Darrell fosse a lavoro di fronte al computer.

Così, passando accanto al salone, si accorse dell'immancabile presenza di Judy, della televisione accesa e di Logan, il quale saltellava sul posto e guardava i cartoni animati tra un boccone e l'altro.

Passò oltre, con le buste ben strette e le chiavi di riserva che ancora tintinnavano tra le sue dita, virando verso le scale. Poi si sentì chiamare con un:

«Vuoi mangiare qualcosa, Rondinella?».

S'immobilizzò, volando con la mente fino al Royal Victoria Hospital, e ricordò di nuovo ciò che era successo tra lui e Gabriel. Rosso come un pomodoro maturo, si sforzo a restare di spalle e scosse appena la testa, disse: «No, grazie». Non aveva nemmeno il coraggio di guardarlo in viso.

«Hai già cenato?» indagò Darrell, posando una spalla sul montante della porta e infilando le bacchette nel contenitore di carta con gli spaghetti alla piastra.

Randy sentì lo stomaco aggrovigliarsi e, per un attimo, provò l'impulso di dire la verità; tuttavia mentì con un debole: «Sì».

Un mugolio poco convinto, e Darrell si ritrasse. Mosse qualche passo nello studio di Gabriel, lasciò la porta aperta. Attese in silenzio di essere raggiunto, perché era certo che Randy non avrebbe resistito alla tentazione di pungolarlo ancora, di riempirlo di domande.

Eppure lui salì le scale, si chiuse in camera, posò le buste in terra e si lasciò andare a un lungo sospiro d'esasperazione. Si chiese se Darrell sapesse di Lucia, delle macchinazioni di Simon, e poi giunse alla conclusione che fosse impossibile, perché mai, in quel caso, avrebbe accettato una sua qualsiasi proposta lavorativa.

Serrò i denti, prese a camminare nervosamente ai piedi del letto. Le dita che si tormentavano a vicenda, i nervi scossi, decise di tornare indietro e sputare tutto, di vuotare il sacco.

Veloce come una saetta, scese di nuovo le scale e, quando si fermò sull'uscio dello studio, lo vide seduto sul divano. Corrugò appena la fronte, cercò di farsi coraggio, si sentì subito chiedere:

«Devi dirmi qualcosa?». Darrell ingoiò un boccone, poi lo guardò curioso. «Oppure vuoi solo continuare a fare domande su quell'asterisco che hai visto in cucina?» sputò, mettendosi sulla difensiva. Si avvicinò il bicchiere d'acqua alle labbra, sorseggiò e, senza staccargli gli occhi di dosso, si sentì dire:

«Devo parlarti di una cosa importante».

Allora batté le palpebre e posò il bicchiere mezzo vuoto sul tavolino che aveva di fronte, tra i resti della sua cena, e colpì il divano con un palmo teso, invitandolo a farsi avanti.

Randy tentennò. Ancora una volta, non seppe se restare in piedi o sedersi; eppure, con un debole grugnito, lo raggiunse e posò la schiena contro i cuscini che erano stati ammassati sulla destra. «Riguarda Simon, ma riguarda anche te» iniziò piano, venendo subito interrotto da uno sbuffo frustrato.

«Il libro?» chiese Darrell. Neppure lo guardò, riprese semplicemente il contenitore con gli spaghetti e, sollevate le bacchette, iniziò a mangiucchiare. «Non essere noioso, sai già come la penso. Stare da Gabriel ti ha fatto tornare i sensi di colpa?»

Invisibile (salvation)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora